La recessione sì, la crisi no

Ogni tanto un update sulla situazione economica ci sta bene. Cominciamo con due domande e due risposte secche:

  1. La recessione è finita? Sì, il PIL dei maggiori Paesi del mondo è ritornato positivo ormai da mesi (anche se in massima parte fittiziamente, grazie alla questione scorte);
  2. La crisi è finita? No.

La spiegazione è più articolata. Ho già detto in altri post che una crisi finisce quando la disoccupazione ritorna verso il suo livello naturale (quindi risale dopo una crisi), e questo non sta succedendo. Date un’occhiata a questo grafico: esso mostra l’andamento della disoccupazione rispetto al suo picco precedente a partire dal 1948.

Intanto notiamo quanto è grave questa crisi: in nessun altro caso (fra quelli considerati) la disoccupazione è stata tanto forte. In secondo luogo, e questa è la cosa più importante, è che nonostante tutto la nostra linea continua ad andare verso il basso.

Quando dicevano che la crisi è finita si riferivano al fatto che la curva, pur continuando a scendere, lo fa più lentamente. A dimostrazione del fatto che siamo ancora in sofferenza c’è il dato di oggi sui nuovi occupati: pur essendo migliore delle attese esso è ancora negativo, il che significa che ancora dopo 26 mesi l’economia statunitense continua a distruggere posti di lavoro. E se c’è ancora gente che perde il lavoro questo non può significare che la crisi sia finita. Il ritorno ai livelli precedenti alla crisi, per quel che mi riguarda, non avverrà prima della seconda metà del 2011 o giù di lì (la crisi finirà prima, ovviamente).

Vanno poi considerate altre variabili per poter dire che il peggio è passato: gli Stati riusciranno a resistere ancora un annetto a questa sofferenza? In Europa tiene banco il caso Grecia. La crisi di questo Paese non è tanto dovuta alla sua debolezza, quanto al fatto che, dopo avere falsificato i conti, esso non gode di grande credibilità, dunque gli investitori percepiscono un più elevato rischio di fallimento e pertanto chiedono maggiori rendimenti sui titoli del debito. Di conseguenza la Grecia è costretta a pagare di più per rimanere a galla.

Ma non basta: allungando l’orizzonte temporale, si nota subito che pagare tanto sul debito diventa una cosa insostenibile, dunque il Paese deve ridurre il suo debito. Come? Una volta si svalutava la moneta, ma la moneta greca (l’Euro) è fuori dalla competenze del governo greco (l’ipotesi di uscita dalla moneta unica è irrealistica, in quanto cura peggiore del male). Bisogna svalutare in altro modo, ovvero aumentando le tasse e tagliando le spese, in particolare gli stipendi pubblici e in generale la spesa previdenziale. Ed è ciò che la Grecia sta facendo. L’esperienza (anche recente, vedi l’Irlanda) insegna che questa è una manovra dolorosa, ma che può dare i suoi frutti. Al contrario sarebbe il fallimento. Dunque tutto dipenderà da quanto forte sarà l’opposizione in Grecia e quanto le manovre del governo verranno annacquate dopo le normali contrattazioni. Ma per ora la direzione è giusta e questo sta dando fiducia ai mercati.

Ma non solo Grecia: altri Paesi ancora la vedono nera. Uno è la Spagna, dove il governo di Zapatero deve ancora ritrovare il modo di far ripartire il motore. Un altro (non l’avreste mai detto) è la Gran Bretagna, dove per ora pesa la possibilità che dopo le elezioni di giugno esca fuori un Parlamento bloccato e quindi con un governo inefficace.

Infine c’è l’Italia. Le differenze rispetto ai Paesi elencati in precedenza sono evidenti e ne ho già parlato tanto. In primo luogo il debito, semplicemente enorme; poi il fatto che la crescita sia debolissima da un decennio (non da pochi mesi come negli altri Paesi); ancora, un governo che non sa dove andare a parare e ha fatto dell’immobilismo la propria filosofia anticrisi. In Italia, va ricordato, il consumo interno è debolissimo (gli italiani, in media, sono poveri, mettiamoci l’anima in pace, siamo dei pezzenti), e infatti il nostro Paese è un esportatore. Le economie verso cui ci rivolgevamo per piazzare i nostri prodotti, però, impiegheranno tempo per tornare a richiederli (anche perché sono prodotti per così dire “di lusso”). Altri Paesi ripartiranno in fretta, e anch’essi sono Paesi esportatori che saranno pronti ad approfittare dei mercati che noi lasceremo sguarniti, e anzi potrebbero approfittare della debolezza delle imprese nostrane per entrare nel nostro mercato (cosa complicata, gli italiani non mangerebbero mai una pizza con finta mozzarella, giustamente).

Il nostro Paese ha bisogno di innovazione, perché non si può basare l’economia su vino e mozzarelle all’infinito. Tuttavia per aversi innovazione occorre innanzitutto competizione e concorrenza, ma ciò si scontra con la tradizione corporativista dell’economia italiana (in soldoni: il problema sono le caste che vogliono mantenere privilegi insensati); e serve un governo che investa nei mercati di domani (e qui, se permettete, voglio ricordare la vicenda NokiaSiemensNetwork, perché io in questa chiusura ci vedo la resa dell’Italia di domani e del governo di oggi). Invece, al massimo, si investe in ponti sullo stretto e obbrobri e speculazioni edilizie (vuoi perché il premier è un palazzinaro, vuoi perché ha amici palazzinari, non importa). Ma soprattutto all’economia servono regole certe: la Rivoluzione francese e tutto ciò che è annesso e connesso è nata proprio dalla richiesta della borghesia di avere delle accidenti di leggi che non cambiassero in base all’umore del sovrano. Tutto il contrario di quanto succede in Italia (dove abbiamo leggi ad personam, ad aziendam o ad aziendas, fra poco ne avremo una pure ad listas, quindi figuriamoci). Ecco, servirebbe una classe politica che ci tiri fuori dall’età moderna (se non dal Medioevo): in fondo sono passati solo due secoli, mica tanto, con comodo, mi raccomando, progresso non è solo mica andare in auto invece che a cavallo…

Invece ci si azzuffa su leggi elettorali che non vengono rispettate, su leggi per salvare il capo dal carcere e iperuraniche grandi riforme, fatti salvi annunci trionfali poi rivelatisi bufale (qualcuno ha detto scudo fiscale?). Tremonti da quante settimane non si fa vedere in giro? Non che sia una gran perdita, per carità, qualche cassata in meno per noi, ma in fondo è pur sempre ministro di un’economia che non va più (più o meno da quando c’è lui, sarà una coincidenza o porta semplicemente sfiga?). Prima prendiamo coscienza del fatto che no, non va niente bene, prima potremo finalmente rialzarci.

Occhio quindi che se la parte distruttiva della crisi sta per finire, la fase della ricostruzione deve ancora arrivare. In Italia, in fondo, l’aspettiamo da solo dieci anni…

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2 Comments

  1. Ma quest’Europa che si basa solo sull’Euro e la burocrazia, Too, secondo te quanta strada può fare? Io c’ero quando si parlava con entusiasmo della costruzione dell’Europa dopo tutte le tribolazioni, il Muro e così via. E quindi? L’Europa è governata dalle persone? O piuttosto dalle banche, dalle lobby (vedi anche gli OGM) e dalle caste di burocrati costosissimi e inefficienti?

    Anno dopo anno, finita la Guerra fredda, paradossalmente, l’Europa è tramontata. Le guerre del Golfo, l’esplosione della Cina ‘turbocapitalista’ e la ‘lotta al terrorismo’. L’Europa è rimasta sempre ad inseguire e adeguarsi. Le multinazionali e le banche comandano e l’economia è solo un’estensione della finanza, non più il motore dello sviluppo. In queste condizioni dove si va? Tutti in Cina o in Romania? Ma che sovranità hanno oramai gli Stati di fronte ad un concetto solo economico e burocratico della vita democratica? Questo sembra Orwell all’ennesima potenza, altro che ‘nuova era’. Ma chi ridiscuterà mai questi poteri iper-forti? Chi si metterebbe di traverso al Vaticano e alle sue banche?.

    ‘(gli italiani, in media, sono poveri, mettiamoci l’anima in pace, siamo dei pezzenti),’

    Beh no. Siamo il Paese più ricco d’Europa. Abbiamo tanti poveri (sai che novità), ma i nostri ‘pezzenti’ comprano 200.000 auto di lusso e 70.000 barche all’anno, che poi abbiamo solo 100.000 ricchi ufficiali è un’altra storia.. ma altrimenti avremmo lo Scudo fiscale se le cose non stessero così?

    ‘ma ciò si scontra con la tradizione corporativista dell’economia italiana’

    Certo che se Berty-party doveva dare un segnale siamo tornati al Medio Evo con Ghino di Tacco..

    ‘Tremonti da quante settimane non si fa vedere in giro?’

    Ma no, proprio ora che voleva tornare a A.0 e a Ballerò, glieli hanno chiusi, ‘sti cattivacci!

    ‘Occhio quindi che se la parte distruttiva della crisi sta per finire, la fase della ricostruzione deve ancora arrivare’

    Qui per risollevare l’Italia ci vorrebbe un 8,8 Richter, sai che rigoglio di Anemoni tutt’attorno!

  2. L'Europa fa poca strada se non continua a cementare l'unità politica oltre quella economica, lo ha detto pure Prodi.

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