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Stop and go pure a sinistra: la comunicazione berlusconiana secondo D’Alema (repost)

Scusate il repost, ma per un problema tecnico l’articolo si fermava dopo due paragrafi.

Le parole del lìder ombra del Partito Democratico, Minimo D’Alema, che spiega a noi comuni mortali la bellezza dell’inciucio (alias compromesso) e la successiva smentita del Baffetto nazionale, mettono in ombra una strategia comunicativa già nota, perché usata, con successo, nel centrodestra (in particolare da Silvio Berlusconi).

È la tecnica dello stop and go: tu la spari grande, ma proprio grande e valuti come reagisce l’opinione pubblica (specialmente quella informata). Se reagisce male (e lo farà) tu smentisci e aggiusti il tiro in base alle obiezioni che ti vengono fatte. Alla fine il pastrocchio esce fuori ugualmente, magari con altri mezzi, ma il fine è sempre lo stesso.

L’esempio principe è il lodo Alfano: sparata colossale: “blocchiamo centomila processi” → fine: “salvare il presidente del consiglio dal processo Mills” → reazioni indignate → blocchiamo solo quelli del premier con il lodo Alfano. Tutte le possibili obiezioni che puoi fare vengono sepolte dal fatto che l’alternativa è bloccare centomila processi. E infatti ancora oggi una gran massa di imbecilli continua a dire che era meglio il lodo Alfano. E allora perché non tornare alla legge della giungla?

L’intento neanche troppo velato di D’Alema è un nuovo patto della crostata. Come se il primo non fosse bastato (senza contare che c’era il patto numero 0, sapevatelo). Vi rinfresco la memoria: D’Alema va da un Berlusconi politicamente finito, gli chiede appoggio, promette che fermerà le leggi sulle frequenze radiotelevisive (perché Mediaset doveva quotarsi in borsa), lo nomina leader dell’opposizione e parla di grandi riforme costituzionali. Nasce la Bicamerale, si comincia a lavorare e Berlusconi già comincia a rompere: vuole la riforma della giustizia, non programmata. La riforma si fa (uno dei fautori è Giuseppe Frigo, lo ricorderete, quello che poi Berlusconi ha mandato alla Corte Costituzionale), ma poi Berlusconi fa saltare il tavolo e la Bicamerale si rivela un boomerang clamoroso per la sinistra: oltre ad essere un fallimento politico, facilmente sfruttabile dalle televisioni del capo, riporta definitivamente a galla Berlusconi, del quale, oltre dieci anni dopo, non ci siamo ancora liberati.

D’Alema fa scendere in campo addirittura Palmiro Togliatti, ricordando che anche lui faceva inciuci, a cominciare da quello sui rapporti fra Stato e Chiesa. Questa è una bestemmia, e se esiste un comunista nei pressi di D’Alema dovrebbe davvero cominciare a pestarlo con una mazza chiodata fin quando non decide di ritirarsi a fare l’eremita (no, non fatelo, non ne vale la pena, era solo per dire).

Togliatti ha vissuto la sconfitta del fascismo, e il conseguente terrore di un suo ritorno insieme a tante altre persone sicuramente antifasciste. Lo spirito della Costituente nasceva proprio da questo: i disaccordi erano tanti, se le davano di santa ragione nei comizi, ma sullo sfondo c’era sempre il buonsenso dovuto al ricordo del fascismo, e alla fine uscì una buona Costituzione, certo imperfetta, ma votata a larghissima maggioranza dalle forze antifasciste.

Che abbiamo oggi? Oggi abbiamo un manipolo di fascisti al governo, abbiamo piduisti sovversivi che pretendono di dare lezioni a noi, abbiamo razzisti che vogliono schedare le persone diverse, e il capo di questa feccia è un tizio che ha passato gli ultimi anni della sua vita da latitante dorato, sempre lì a cercare scappatoie per evitare i processi, come se tali processi lo preoccupassero perché potrebbero condannarlo.

Davvero vogliamo una nuova Costituzione scritta con questa gente che ha sempre avuto altri interessi privati, personali, castali invece dell’interesse supremo dello Stato, e che quella Costituzione ha già svuotato nei fatti? Davvero vogliamo stravolgere la Costituzione scritta con il sangue dei partigiani in cambio di una Costituzione scritta con la mer*a di sovversivi fascisti (Berlusconi, tessera P2 1816, Cicchitto, tessera P2 2232 e via discorrendo)? Davvero vogliamo farlo con della gente miserabile che da quindici anni insulta, inneggia alla guerra, al golpe, che non si fa scrupolo di soffocare persino l’opposizione interna (vedasi il duello Feltri-Fini), che indica i propri nemici politici come mandanti morali di un’aggressione firmata da un pazzoide squilibrato e che poi, facce di bronzo, parlano di amore e di dialogo come se niente fosse?

Il Popolo della Libertà Condizionata sta invitando il Partito Democratico nella tana del lupo, e D’Alema vuole entrarci allegramente.

Richiamare in questo clima lo spirito antifascista dei Padri Costituenti non può essere meno che una bestemmia. Semmai, in questo clima, l’opposizione, politica e pacifica, dev’essere serrata, dovremmo essere partigiani, non armati di fucili, ma di idee e di amore per la Patria e la Costituzione, e differenziarci così dai golpisti del partito azienda.

D’Alema, al contrario, non fa altro che dimostrare di essere il più grande fallimento della storia della sinistra. E il bello è che c’è ancora gente che lo considera uno statista e lo osanna. Prevalentemente i capibastone dei DS oggi nel PD e, ovviamente, i colleghi berlusconiani.

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