Riflessioni sul finanziamento ai giornali

Riporto un commento lasciato sul blog di Tommaso relativo a qualche idea su come si potrebbe riformare il finanziamento pubblico ai giornali evitando le storture del meccanismo corrente senza però fare affondare troppe testate (ciò non toglie che nel medio periodo il fondo vada abolito). Mi piacerebbe discuterne anche da queste parti: vi aspetto nei commenti. 😉

Se finanziamenti devono esserci, io credo debbano essere decisi dal mercato, non dagli editori stessi (in base alle copie stampate e neppure in base alle copie distribuite gratuitamente – fatte salve, forse, quelle distribuite nelle scuole, comunque entro certi limiti, una tantum, magari, come hai detto tu), né dalla politica (in base a quel meccanismo in base al quale ti toccano quattrini se il tuo giornale è appoggiato da un paio di parlamentari). E credo che questo sia il primo e sacrosanto taglio.

Detto questo, si ritorna al problema del come far decidere al mercato in che modo distribuire questi finanziamenti, in sostanza: deve essere deciso in base alla quantità o alla qualità dei giornali?

È un problema complesso, ma in generale credo che i finanziamenti debbano essere erogati in base alla qualità che esprime il mercato attraverso la quantità, ovvero chi più vende (nelle edicole e con gli abbonamenti) più avrà. Detto altrimenti, se non vieni letto, devi chiudere o rimanere in piedi con le tue sole forze.

Tu mi dirai: così favorisci i grandi gruppi editoriali, i soliti noti, Corriere, Repubblica e compagnia bella. Ma questo è facilmente aggirabile fissando dei paletti: puoi decidere di fare una specie di cinque per mille per i giornali, laddove i finanziamenti vengono distribuiti a chi non opera per scopo di lucro; puoi decidere di finanziari solo i giornali che vendono ma che sono in sofferenza, perché è assurdo che un Corriere della Sera riceva finanziamenti e poi li distribuisca sotto forma di dividendi (la cosa è un po’ complicata, ma con un po’ di buona volontà si potrebbe fare – magari stabilendo che i contributi debbano essere temporanei) e forse altro ancora (ad esempio finanziare i giornali finanziariamente, eticamente, socialmente virtuosi). Fatto questo, credo che il fabbisogno del fondo sia già calato ben al di sotto del miliardo corrente.

Quanto alla quantità del finanziamento, si può pensare ad una percentuale del prezzo per copia: ti finanzio con un x% del prezzo del giornale per ogni copia che vendi. In questo modo tu incentivi (o dovresti incentivare, la cosa andrebbe studiata meglio e sto facendo solo brainstorming in pratica) i giornali a fissare un prezzo che ti permetta di sopravvivere, ma che comunque non puoi spostare troppo in alto perché altrimenti vendi meno copie e prendi meno finanziamenti. La percentuale, poi, potrebbe essere legata ad una soglia massima di cui il fondo per l’editoria può disporre (ancora, auspicabilmente inferiore al miliardo), ma qui le cose si complicano ancora di più e non vado oltre.

Come detto, sono solo delle idee che andrebbero approfondite, ma il tempo mi manca. Ciò che però è vero è che noi paghiamo parlamentari e amministratori e burocrati perché approfondiscano queste idee: ciò che manca, probabilmente, è la volontà di farlo, perché spesso chi eroga i fondi (Berlusconi, Ciarrapico, Angelucci, il PD, la Lega) sono gli stessi che poi li riceveranno (il Giornale, Libero, l’Unità, la Padania).

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3 Comments

  1. da non dimenticare la revisione (anzi, l'installazioen) del il tetto di pubblicità concesso alla TV, che di fatto affama i giornali e li costringe a questuare per le sovvenzioni di stato: di fatto con una mano Berlusconi si piglia i soldi della pubblicità per le sue reti (60+% del mercato), dall'altra ricatta i giornali e costringe il Manifesto a iniziative assurde come il numero a 50(sic) euro. In pratica, ottiene soldi per sé, controllo sui giornali ,e anche l'aria di uno che tratta con degli scrocconi (lui..), RAI inclusa (che avendo solo il 30% del mercato, non potrebbe certo vivere con la sola pubblicità, e ne avrebbe di più senza se solo Berlusca non escludesse le televendite dalla 'fetta', se non ricordo male).

  2. Quella è sicuramente una stortura: anche se non è detto che tutti i denari riversati sulla tv possano finire su altri media, sicuramente una parte lo farebbe. In un'ottica di sistema che va oltre la semplice riforma del fondo per l'editoria, è sicuramente una parte da riformare.

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