Riprendo per un momento questa rubrica per occuparci di una strage di cui oggi ricorre il 29mo anniversario. Torno ad occuparmene perché preoccupato da questo articolo uscito qualche giorno fa su la Repubblica, in cui si legge che i giovani credono che quella strage sia stata progettata e attuata dai comunisti. Questo è falso. Anzi, quasi tutte le stragi degli anni di piombo, dalla prima in Piazza Fontana nel 1969 fino all’ultima, che è proprio quella di Bologna, furono opera dei fascisti, delle mafie, delle logge massoniche, con la complicità di parte dell’apparato della Repubblica italiana, in reazione ai “successi” che i comunisti avevano conseguito dopo il Sessantotto. Oggi si parla del ruolo che ebbero le istituzioni nelle stragi di mafia contro Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, oltre dieci anni dopo Bologna: ebbene poco è cambiato, come vedremo tra poco.
Negli anni Sessanta l’Italia aveva di fronte una grande opportunità, ma era di fronte a un bivio: da un lato l’Italia poteva maturare, poteva aprirsi al dialogo, ascoltare la società civile, diventare definitivamente una nazione civile, creare una vera economia moderna, risolvere la questione meridionale, sconfiggere la criminalità organizzata grazie al grande balzo in avanti che si era avuto con il boom economico e culturale. Dall’altro lato, l’Italia poteva reprimere quest’ondata di freschezza diminuendo le libertà civili, aumentando le capacità repressive della polizia, esasperando il confronto politico, sociale, economico, proteggere i reazionari, i conservatori, addirittura allearsi con le mafie. Quale strada fu intrapresa, secondo voi?
Cerco di soffermarmi brevemente su come mai si crede che la colpa diano dei comunisti, ovvero delle Brigate Rosse: la strage che più rimase impressa nella mente della gente dell’epoca fu quella di via Fani, in conseguenza della quale il Paese rimase con il fiato sospeso per giorni, poiché era stato rapito un uomo di primissimo livello della politica italiana. Era stato presidente del Consiglio dei ministri ed era segretario della Democrazia Cristiana: parlo di Aldo Moro, ovviamente. Questa è l’unica strage commessa dai comunisti durante gli anni di piombo, un’altra fu ad opera di un anarchico (alla Questura di Milano nel 1973), tutte le altre furono opera dei fascisti, delle mafie, della P2.
A questo si aggiunge il fatto che il 1980 fu veramente un anno di merda, senza offesa per chi in quell’anno è nato, si è sposato, ha divorziato, gli è morta la suocera, eccetera eccetera. È l’anno della stagflazione, perché in quell’anno i conti italiani diventano terribilmente incoerenti. È l’anno in cui, secondo me, si perde la guerra all’evasione fiscale (perché ci si rende conto che l’evasione fiscale fa ingrassare i capibastone dei partiti locali poiché difende interessi corporativi e quindi si rischia di perdere voti). E infatti è anche l’anno in cui comincia l’ascesa di Bottino Craxi. È l’anno della strage di Ustica. È l’anno del terremoto in Irpinia, una tragedia per molte persone, una manna dal cielo per i soliti criminali che hanno mangiato (e mangiano ancora) a spese dello Stato (a spese nostre), senza che 29 anni dopo si sia completata la ricostruzione. È l’anno di una serie di scandali bancari, industriali, addirittura del calcio, perché la corruzione è ovunque. Ed è anche l’anno della strage di Bologna.
Insomma, è una confusione totale che fa da sfondo a quel 2 agosto del 1980. E ora i fatti.
Sabato 2 agosto 1980, alle 10:25, presso la stazione di Bologna, un’esplosione spaventosa causa ottantacinque morti e oltre duecento feriti, facendo crollare un’intera ala della stazione. Potete immaginare, essendo sabato, quanta gente tornava o partiva da o verso luoghi di villeggiatura, allora come oggi. Qui potete ascoltare l’edizione straordinaria del Giornale Radio Uno che annunciava la strage. Si era parlato di caldaia esplosa, qualcuno al ministero degli Interni, con a capo Virginio Rognoni del governo di Francesco Cossiga, pensava (mentiva?) che l’esplosione era stata troppo devastante per essere causata da un atto terroristico. Invece no.
Da lì iniziò il solito valzer italiano: accuse, smentite, ritrattazioni, depistaggi… non si capisce nulla di nulla, con gli italiani sempre in tensione. È la strategia della tensione, appunto.
Nel pomeriggio l’attentato viene rivendicato sia dai Nuclei Armati Rivoluzionari (fascisti) sia dalle BR (comuniste). La giustizia, però, chiede la cattura di ventotto uomini del NAR, che verranno scarcerati l’anno successivo. Qui cominciano anche i depistaggi.
L’iter giudiziario continua, come sempre, nella migliore tradizione italiana, per oltre quindici anni (e per certi versi non è ancora finito). Ed appare ovvio il motivo: i poteri intervengono per coprire e sviare. Avete presente Cossiga, che ogni tanto se ne esce con una delle sue, che non si riesce a capire se è una cazzata dettata dall’età o una cosa seria dettata dal rimorso o dalla ricerca di visibilità? Bene, lo fece anche all’epoca e anche più tardi. Lo fa da sempre.
Il 23 novembre 1995 viene accertata una verità giudiziaria: gli autori materiali della strage di Bologna furono i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro; il capo della Loggia Massonica P2, Licio Gelli, insieme ad alcuni funzionari dei servizi segreti militari italiani furono condannati per i depistaggi. In primo grado furono condannati all’ergastolo e assolti in appello. Di Gelli, in particolare, disse il PM Franco Quadrini: «[Gelli fu] il grande burattinaio che strumentalizzava la destra eversiva, pur di condizionare gli equilibri politici in senso conservatore e di perseguire le sue trame di potere e affari… non esitando a incolpare innocenti, costruendo una fantomatica pista internazionale». Vi ricorda nulla?
Nel 2000 altre condanne per depistaggio, stavolta contro estremisti di destra ed altri funzionari dei servizi segreti. Nel 2007 un’altra condanna per un autore materiale.
Non si conoscono a tutt’oggi i mandanti di quella strage. Come di molte altre stragi italiane. Non c’è da stupirsi.
Si spera che dall’anno prossimo gli storici esercitino il diritto ad accedere ai documenti secretati dell’epoca, il cui segreto cadrà, appunto, nel 2010.