In un editoriale di ieri Mario Monti mette in luce un problema piuttosto grave che però i governi del mondo non sembrano essere tanto propensi ad affrontare.
In questi mesi si parla tanto delle nuove regole che il G8/G20 vogliono imporre alla finanza internazionale perché non si ripeta quanto stiamo vivendo in questi mesi.
Il problema che però in questi tempi di vacche magre sta venendo alla luce è quello delle disuguaglianze fra gli Stati e all’interno degli Stati, ovvero la vecchia storia dei più ricchi che diventano sempre più ricchi e dei poveri che diventano sempre più poveri.
Questa situazione è particolarmente pericolosa, perché la pressione delle più ampie fasce della popolazione, quelle povere, può portare i governi in cerca di consenso ad attuare forme di protezionismo (come sta facendo Nicolas Sarkozy, con tasse tagliate alle imprese che restano in Francia) o addirittura a scadere in modelli non democratici, come avvenne nel primo dopoguerra, quando sorsero i governi fascisti in Europa.
Ora, per quanto riguarda le differenze fra gli Stati, i governi stanno provando a rendere meno grave il problema, poiché questo favorisce il commercio internazionale. Insomma, ci stanno provando.
All’interno degli Stati, però, il problema è di più difficile soluzione. Chi possiede il capitale ha la possibilità di spostarli velocemente dove ci sono le condizioni più favorevoli (si chiama David Mills, lui crea società alle isole Cayman e si spostano i denari da quelle parti, per esempio). In altre parole, i soldi vanno dove si pagano meno tasse.
Questo significa, innanzitutto, che i governi, per “convincere il capitale” a rimanere all’interno del Paese, e magari a farne entrare altro dall’estero, devono assicurargli meno tasse rispetto a quante ne pagherebbero in altri Paesi. Ad esempio in Italia le rendite finanziarie sono tassate pochissimo, a dispetto di una pressione fiscale complessiva altissima.
In questo modo, però, i governi, per coprire i buchi, sono costretti a tassare sempre più ciò che non può spostarsi facilmente, ovvero tassano il lavoro. È un fatto che in Italia i lavoratori dipendenti paghino la maggior parte delle tasse, mentre altre categorie sono allegramente agevolate (quando non evadono). In questo modo, però, si esaspera la condizione di chi non può sfruttare la globalizzazione per avere condizioni migliori: l’industriale può spostare la produzione in Cina e guadagnare sul minore costo del lavoro; ma l’operaio cosa dovrebbe fare? Andare in Cina, dove c’è sì lavoro, ma sottopagato e senza diritti?
Per evitare una simile situazione i governi finiscono inevitabilmente per diventare protezionisti: faranno pagare meno le tasse alle imprese, ma per tappare il buco dovranno tassare ciò che non può spostarsi (il lavoratore, ad esempio).
Si innesca una gara fra Stati a chi fa pagare meno tasse, che accentua le disuguaglianze, che colpisce i più deboli, che dovranno subire quei tagli con conseguenze sociali e politiche che nessuno vuole (ovvero protezionismo e fine della democrazia).
Qualche conclusione: per evitare di innescare questa gara assurda, dice Monti, una delle priorità del G8/G20, oltre alle regole per la finanza, dovrebbe essere armonizzare le fiscalità fra gli Stati, far venire meno l’incentivo a spostare il capitale in giro per il mondo, per rifornire risorse ai bilanci degli Stati per mettere in atto delle vere politiche redistributive per sostenere le fasce più deboli della popolazione, non degli interventi inutili ed effimeri, come la social card, che ha arricchito solo Mastercard. In altre parole, rifornire gli Stati di armi per combattere tendenze catastrofiche.
Infine non può mancare la polemica interna. Il buffone prescritto di Arcore tutto questo non vuole capirlo: lui vuole che il G8/G20 regolamenti internet. Dopotutto lui ha maree di rendite finanziarie, sulle quali continua a pagare tasse irrisorie; lui ha fatto la sua fortuna spostando denari fra le sue holding in Svizzera; lui favorisce assurdamente i ricchi, categoria di cui fa parte, non ultimo il piano casa, che permetterà a chi ha già tanto (una grande casa) di espandersi del 20%, mentre non favorirà chi vive in case più piccole, che al massimo ricaveranno uno sgabuzzino sul balcone, ma soprattutto chi una casa non se la può permettere (il 20% di zero è zero, no?).
Panem et circenses, social card e televisioni. E il popolo sarà contento. E se cominceremo a sfociare (di nuovo) nel fascismo, beh, tanto meglio. Per lui.