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Ad Annozero si parla di Prato, del tessile, ma il ritardo è già di quattro anni

Nel 2005 lessi un libro che era stato selezionato per il premio Strega: si tratta de “L’età dell’oro” di Edoardo Nesi.

Il libro era ambientato nel 2010 e parlava della distruzione economica di Prato dopo il crollo dell’industria sulla quale si regge, ovvero il tessile, a causa della concorrenza cinese.

Oggi, guardando le testimonianze rilasciate dai pratesi ad Annozero, mi rendo conto che quel libro era stato terribilmente profetico.

Ma lassù ai piani alti nessuno se n’era accorto (chissà quanti leggono libri, in Parlamento…).

Il libro, però, non si fermava qui: uscendo fuori dalla dimensione provinciale, Nesi descrive l’Italia intera come un Paese terribilmente in declino, dove non solo il tessile di Prato, ma le piccole imprese in tutta Italia risultano essere sopraffatte dalla concorrenza internazionale.

Lassù ai piani alti devono rendersi conto che il sistema economico italiano è totalmente da rifarsi: noi non siamo abituati alla concorrenza, ma ciò è assurdo in un mondo sempre più globalizzato.

Il problema non sono i cinesi ((Concorrenza sleale a parte.)) : siamo noi. Dobbiamo renderci conto che sacrificare lo sviluppo e l’innovazione per difendere il proprio orticello, sia a livello Telecom Italia che a livello salumeria di quartiere, non ha più senso.

Si difendono modelli ormai fuori dal tempo, la cui crisi viene aggravata (ma non causata) dai cinesi sfruttati che rivendono i loro prodotti alle aziende italiane che spacciano quei prodotti per made in Italy. I cinesi sono abilissimi a copiare, e la difesa del vantaggio competitivo (ovvero il vantaggio che genera profitto) comporta anche rendere difficile la copia. Alla fine, tuttavia, le imprese imitatrici arrivano e l’unico modo per sopravvivere è inventare qualcosa di nuovo che non possa essere copiato.

Ma se uno non innova e continua a produrre come faceva il nonno che fondò l’azienda, arrivano i cinesi che fanno come fai tu, il profitto sparisce e si affonda. Si chiama rendita schumpeteriana.

Innovare, però, richiede denaro, denaro che solo le imprese più grandi possono avere: da noi, però, le imprese si guardano con sospetto l’un l’altra, si accordano sulla linea del divide et impera, invece di aiutarsi a vicenda.

Il libro di Nesi, proprio perché profetizza un futuro ormai vicino, è consigliatissimo perché riusciamo a renderci conto della nostra miseria. Sperando, tuttavia, che le sue profezie non si avverino. ((L’unica profezia che sbaglia riguarda la fecondazione assistita: non poteva immaginare che l’anno successivo il Vaticano il governo Berlusconi l’avrebbe cancellata.))

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