La scorsa settimana abbiamo trattato un solo anno, il 1964. Questa volta parleremo del triennio 1965-1967, ovvero la vigilia della contestazione del 1968.
Le nazionalizzazioni come antidoto alla crisi (e come causa dei mostri). La crisi economica, nel 1965, continua a farsi sentire, ma l’Italia, dopotutto, non è ancora messa male: le nazionalizzazioni avviate dal governo di Aldo Moro hanno infatti permesso di evitare il tracollo totale, e gli analisti hanno ancora fiducia nel Paese, soprattutto grazie alla lira, che si rivela una delle monete più stabili dell’epoca (il che significa che non c’è crisi di liquidità, ovvero i soldi non mancano). Moro, quindi, continua il suo programma di aiuti alle aziende (che però finiscono soprattutto per aiutare le grandi imprese, che si trasformano in piccole per l’occasione). Tuttavia, nel lungo periodo, questi aiuti avranno conseguenze dolorose che scontiamo ancora oggi: le aziende (pubbliche o a capitale misto o comunque dipendenti dallo Stato) diventeranno dei tasselli all’interno della lotta per le poltrone, ovvero quella spartizione degli incarichi cui è stato dato il nome di lottizzazione. Altra conseguenza sarà anche l’istituzione di quella tassa chiamata “tangente”, che i partiti politici cominciano a richiedere, visto che, con la crisi, anche i loro bilanci sono in sofferenza, poiché occorrerà ancora un decennio prima che venga “inventato” il finanziamento pubblico ai partiti.
Ancora crisi nella maggioranza: il governo Moro III. Nel 1966 iniziano le prime turbolenze per il governo Moro II. Un provvedimento per istituire delle scuole materne pubbliche (fino ad allora i bambini erano affidati alle scuole private cattoliche) viene bocciato alla Camera durante una votazione a scrutinio segreto. La spaccatura all’interno della DC è netta, e Moro decide di rassegnare le dimissioni. Il problema è che non c’è alcuna alternativa a Moro, cui viene nuovamente assegnato l’incarico per formare il suo terzo governo.
La voglia di un’Italia moderna e laica... Ma l’Italia sta cambiando, soprattutto i giovani, e nel 1966 iniziano le prime contestazioni studentesche (cui lo Stato, tuttavia, risponde con metodi piuttosto “medievali” ad opera dei cosiddetti “scelbini”). In politica, tuttavia, non mancano segnali che assecondino questa voglia di modernizzazione e di laicizzazione, anche se ancora piuttosto timidi (si eliminano, in sostanza, alcune “leggi” in vigore dalla caduta dell’Impero Romano ((Non sono sarcastico, è la verità 🙂 )) ). L’Italia rimane un Paese di contraddizioni (basti pensare che il 98% degli italiani, nel censimento, si era dichiarato cattolico, mentre un terzo degli italiani votava comunista, ovvero era scomunicato – e, per la cronaca, la scomunica è a tutt’oggi valida ((Non so se ridere o piangere.)) ). Ma non mancano i gesti clamorosi: Franca Viola, una donna siciliana, rifiuta il matrimonio riparatore con l’uomo che l’aveva rapita e violentata, matrimonio che era, nell’ordinamento giuridico dell’epoca, una misura alternativa al carcere, ma per la donna rifiutare un matrimonio riparatore significava esporre se stessa e la propria famiglia a un forte disprezzo sociale, e quindi accettare la proposta era sostanzialmente un obbligo. Viola, invece, accettò la sua condizione di disonorata, e verrà ricevuta addirittura dal Presidente della Repubblica e dal Papa Paolo VI ((Il suo aguzzino, invece, dopo aver scontato una decina di anni di carcere, verrà ucciso a colpi di lupara)) , anche se questa norma medievale non verrà abrogata che nel 1981.
…che non arriva mai. Ma chi è più in alto non ce la fa a modernizzare l’Italia: un po’ per mancanza di lungimiranza, un po’ per pressioni cattoliche, si vuole lasciare il Paese nella sua arretratezza sociale. Sempre nel 1966 manovre di palazzo bloccano una prima discussione sull’introduzione del divorzio. Si sta preparando il terreno per la contestazione, anche se il Sessantotto non sarà un Sessantasei per vari motivi: il Vietnam è ancora relativamente lontano, l’opinione pubblica è distratta da eventi come l’alluvione di Firenze, dove si vedono i giovani impegnati nel salvataggio delle innumerevoli opere d’arte presenti nella città. Infine, forse, manca ancora la miccia che faccia scattare la contestazione.
La scoperta dei poteri occulti. Si passa al 1967, che inizia con la scoperta dei fascicoli del SIFAR. Ricordate il Piano Solo, di cui abbiamo parlato la volta scorsa? Varie riviste tolgono il coperchio e scoprono che da molti anni i servizi segreti tengono sotto controllo senza alcuna ragione (che non sia politica) migliaia di cittadini, fra i quali moltissimi politici, magistrati e imprenditori. Sul caso Moro farà calare il velo del segreto di Stato, ma processi e inchieste varie portarono alla luce quell’azione che, alla vigilia del governo Moro II, avrebbe dovuto portare alla deportazione degli esponenti dell’opposizione in Sardegna e alla scalata al potere dei militari. Insomma, l’Italia scopre che, oltre ai poteri visibili, ne esistono altri che agiscono nell’ombra.
Le proteste studentesche: il dissenso contagia tutto. L’anno è convulso: continuano le proteste degli universitari, cui si aggiungono quelle degli studenti delle superiori, visto che in Parlamento si discute della riforma dell’università (in verità, si discute da anni). Qualcuno crede che queste manifestazioni siano delle cose “tipiche dei giovani”, come erano state sempre fatte, ma non tiene in debito conto il fatto che questa generazione di giovani è mediamente più istruita di quelle precedenti. Inizia a pensare con la propria testa, grazie ai media viene a conoscenza di cosa succede nel mondo là fuori, del Vietnam, delle proteste, dell’obiezione di coscienza, che in Italia è ancora reato, delle lotte contro la povertà di massa di Che Guevara, che verrà ucciso il 9 ottobre del 1967. Addirittura scoppia il dissenso anche in casa DC
Questa situazione caotica esploderà nel 1968, l’anno della contestazione.
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