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Italia, Internet e Ignoranza – parte II

Questo articolo è la continuazione di quest’altro.

Arriviamo infine all’ultimo livello, il più delicato. Qui bisogna fare due distinzioni: si può essere fuori dalla Legge sia quando si commette un reato che quando non lo si commette, almeno secondo buonsenso. Può sembrare paradossale, ma la Legge lo prevede.

Iniziamo dal reato di opinione (qui un esempio): se tu insulti qualcuno o dici che quel qualcuno ha fatto qualcosa che in realtà non ha fatto, allora sei punibile. Giusto e sacrosanto. Il problema ha però un rovescio: nel momento in cui l’offeso querela l’offensore, la magistratura può decidere il famigerato sequestro preventivo del sito. In pratica, il sito internet viene chiuso fino a quando non si è fatta chiarezza sulla faccenda. In realtà, però, la chiusura del sito è una punizione inflitta a qualcuno che è da presumersi innocente fino a condanna. La chiusura del sito crea tutta una serie di problemi che, dopo l’assoluzione, l’ex-offensore difficilmente potrà risolvere. Giusto per dirne uno, potrebbe aver perso i suoi lettori. Questo non riguarda semplicemente la pagina oggetto dell’ipotetico reato, ma il sito nella sua interezza. E questo non ha senso: se scrivo male di una persona, perché sequestrarmi tutto, invece di farmi cancellare solo la pagina oggetto del crimine? Tanto più che se persisto e scrivo un altro articolo dello stesso tenore del precedente, la cosa si ritorcerà contro di me. Insomma questa misura cautelare, applicata a internet perché prevista dalla vetusta legge sulla stampa, è una cagata pazzesca (cit.) e in un Paese moderno, civile e liberale (a parole, solo a parole!) è assurdo.

Passiamo infine alla situazione peggiore: quando si commette un reato anche quando, in verità e per buonsenso, non lo si commette. Avete mai letto questa pagina di info del mio blog? Avete letto la nota legale? Dovete sapere che un sito internet viene considerato alla pari di un normale giornale cartaceo. Sono entrambi “prodotti editoriali” e sono (sarebbero) pertanto entrambi soggetti alla legge sulla stampa. Questo vuol dire che sia i siti internet che i giornali devono (dovrebbero) essere registrati presso un tribunale, e questo vuol dire che devono (dovrebbero) essere diretti da un giornalista (iscritto all’albo dei giornalisti).

La definizione di prodotto editoriale è piuttosto incerta (il condizionale nelle frasi precedenti non l’ho mica messo per caso 🙂 ): una cosa abbastanza sicura è (era, sarebbe, fosse, non saprebbisci) il fatto che un prodotto editoriale dovesse avere una periodicità regolare (quotidiano, settimanale, mensile, eccetera). Per questo motivo, ma anche per pigrizia genetica (^_^), non pubblico articoli tutti i giorni, e neppure con regolarità. Sono decisamente casuale, come potete notare dal calendario sopra. In questo modo si dovrebbe aggirare l’ostacolo.

Se non che, di recente, un sito web che faceva informazione civile (antimafia, guarda caso) è stato chiuso anche se non aveva periodicità regolare. Avete letto bene! Come scrive Mantellini, in sostanza, dato che la definizione di prodotto editoriale è praticamente lasciata al giudice, qualunque sito, blog e compagnia bella rischia seriamente di essere chiuso per stampa clandestina. La possibilità di essere o meno condannato per questo reato (assurdo, secondo me) dipende più che da criteri oggettivi e validi per tutti, dipende dal potere che la persona “infastidita” da quanto scriviamo sia o meno potente (purtroppo di Erin Brockovich ce ne sono una al decennio per tutto il pianeta, in Italia, poi…).

Alla fine di tutto questo discorso, facciamo qualche conclusione. L’Italia soffre di una forte carenza per quanto riguarda le tecnologie. Una carenza che riguarda sia il piano fisico (non tutti hanno internet veloce, cosa che in un Paese che si definisce occidentale, è di per sé pazzesca), sia il piano legislativo, dove abbiamo visto che si applica una normativa che definire preistorica è dire poco, e che, per quel poco che vale, è scritta in modo da poter essere maneggiata e rimaneggiata come la si vuole a seconda del caso e del malcapitato che si vuole decapitare.

Ci sono probabilmente due spiegazioni sul perché l’Italia si trovi in una simile, paradossale situazione. Da un lato, i “complottisti” (in senso buono, perché potrebbero avere ragione) pensano che, siccome internet è troppo libero, tutti possono informare e essere liberamente informati senza passare da giornali e televisioni, che possono (e spesso sono) controllati dai pochi che possono permettersi di stampare e trasmettere (tutte cose costose). Quindi, non potendo punire chi legge, si cerca di punire chi pubblica.

Dall’altro lato ci sono i buonisti, i quali suppongono che le norme in vigore non sono state scritte in mala fede, ma semplicemente nell’ignoranza. Diciamoci la verità, in Parlamento ci sono sempre le stesse persone, l’età media si aggira sui centoventi anni e il decano dei parlamentari Giulio Andreotti ha praticamente conosciuto Giulio Cesare.

In ogni caso, non è una situazione di cui vantarsi. Sia che si sia in mala fede, sia che si sia in buona fede, queste pieghe nascoste della Legge sono un gravissimo pericolo sia per lo sviluppo tecnologico (di per sé fondamentale, come abbiamo detto qualche tempo fa) sia per la libertà fondamentale di poter esprimere la propria opinione. In sostanza è questo che differenzia i Paesi democratici dai Paesi dittatoriali: la libertà e la tutela del dissenso. Ma se la Legge che si occupa giustamente di determinate situazioni da punire può essere usata per piegare la libertà di esprimersi fino ad annullarla o quantomeno a minacciarla come la spada con Damocle, di cui parlavamo ieri, allora quel Paese cessa di essere una democrazia, per diventare via via un Paese liberticida.

Questa è l’Italia oggi.

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