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Non c’è giustizia

Leggo da Lavoce.info due articoli assai interessanti. Il primo, argomento un po’ minore, ma comunque importante, riguarda un provvedimento del Governo italiano, che propone che a pagare le spese di una causa civile sia la parte che ha vinto se questa ha rifiutato una proposta di conciliazione “giusta”. Del secondo parlerò prossimamente.

Le spese processuali sono le spese di cancelleria, del tribunale, dei documenti e soprattutto gli onorari degli avvocati. Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, a pagare è chi perde, ovvero chi ha infranto la legge. Chi rompe paga e i cocci sono suoi.

Adesso il Governo propone che a pagare sia chi vince. L’intento è abbastanza chiaro: favorire la conciliazione fra le parti. Intento giusto. Ma come al solito, il provvedimento è stato scritto coi piedi.

Giusto un esempio, anche questo un po’ coi piedi, ma comunque valido: io ho un terreno dove coltivo felicemente pomodori. Di fianco a me c’è un’impresa da 100 dipendenti che coltiva pomodori in modo industriale. L’impresa decide di costruire un deposito degli attrezzi sul confine, ma sbaglia i calcoli e costruisce sul mio terreno. La legge, in teoria, mi dà ragione, e dice che i casi sono due: o demolisci tutto o mi paghi il terreno caro e amaro. L’impresa è convinta di essere nel giusto e andiamo in tribunale.

Caso 1: l’impresa si accorge subito dell’errore e mi fa una proposta di X euro, diciamo inferiore del 10% a quanto potrei avere per legge. Con la legge attualmente in vigore, mi conviene andare fino alla fine per avere tutti i soldi che mi spettano, tanto pagheranno loro tutte le spese. Oddio, potrei anche accettare la conciliazione, se penso che il ribasso non sia eccessivo. Con la nuova legge non più: se rifiuto e vado fino alla fine, anche se vinco, poi rischio seriamente di pagare le spese processuali (e magari l’impresa assume un esercito di avvocati), quindi se sono fortunato il “guadagno” del risarcimento va in fumo. Quindi con la nuova legge sono tentato a decidere di non avere giustizia.

Caso 2: l’impresa ha dei bravi avvocati. Nessuna proposta di conciliazione per molti anni. Un processo, in media, dura cinque anni, durante i quali, ovviamente, le spese si accumulano. Poi l’impresa capisce che perderà la causa. E mi fa la stessa proposta di cui sopra. Con la legge attualmente in vigore, il minimo che si beccano è l’ombrello: io avrò tutti i miei soldi e tu dovrai pagare tutte le spese processuali, così la prossima volta imparerai a rispettare la legge. Ma con la legge proposta sono praticamente costretto ad accettare la proposta (mi ricorda la frase del padrino: «Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare»): anche se vinco, poi dovrò pagare cinque anni di processo sia per me che per loro. Per un processo che io non ho voluto, visto che io non ho costruito sul terreno altrui, visto che io sono la parte danneggiata.

Non ho parlato di casi multimilionari alla Erin Brockovich, ma mi pare ovvio che più è grande la persona/impresa che commette il sopruso, maggiori saranno le spese legali e maggiore sarà la tendenza ad accettare forzatamente la conciliazione.

Insomma, sarò costretto a rifiutare di avere giustizia. Così va l’Italia, baby.

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