Ultimissime: Silvio Berlusconi afferma che Walter Veltroni ha copiato il suo programma. E, accidenti!, ha ragione. Veltroni ha davvero copiato il suo programma. Così come lui lo ha copiato da Craxi, così come Prodi lo aveva copiato da Aldo Moro, e così come tutti lo avevano copiato dal caro imperatore romano Commodo, e così via dalla notte dei tempi
Insomma, questa gente si ammazza fra di loro per rivendicare la paternità di idee nate qualche decina di secoli fa, fanno a gara per dimostrare chi riesce a fare sembrare più nuove frasi che riecheggiano da secoli. Certo, cambia la forma di queste frasi, ma non la sostanza: il già citato Commodo si conquistava il popolo con pane e giochi gladiatorii, oggi si offrono salari più alti e spettacoli televisivi.
Ma quel che mi fa (seriamente, stavolta) sbellicare dalle risate, è Berlusconi che si riferisce al suo programma definendolo neoliberista. Per quanto detto sopra, anche il programma di Veltroni è dunque neoliberista. Abbiamo quindi due programmi neoliberisti.
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Però, scusate, io ne vedo zero di programmi neoliberisti: Berlusconi, alla faccia del libero mercato, continua a possedere tre televisioni, continua a telefonare ai direttori della Rai per raccomandare veline e scrivere il palinsesto della tv pubblica come se fosse sua. Per non parlare del resto. E il Partito Democratico, in questi due anni, non ha fatto nulla per risolverlo, perché ha avuto una ca**o di paura. Se questo è neoliberismo, io sono il figlio di Margaret Thatcher e Ronald Reagan: questi due sono stati i principali esponenti di questa corrente, che però, maledizione!, ha ormai vent’anni, ed è già sorpassata, vecchia e stravecchia e dai risultati discutibili. E Berlusconi e Veltroni, tanto per svecchiare, parlano di neoliberismo. E neppure lo applicano: figurarsi che c’è voluto un governo di centrosinistra (quello di Prodi) per fare delle liberalizzazioni che il centrodestra (che dovrebbe essere formato da liberali) non ha fatto. E comunque, tali liberalizzazioni sono state comunque troppo timide. Neoliberismo all’italiana, insomma. Un nonneoliberismo, praticamente. L’importante è dire qualcosa, fa nulla se non si sa che cos’è il neoliberismo. Fa effetto, fa spettacolo, l’ho letto da qualche parte, va benissimo.
L’unica ventata di novità è stato il programma di Antonio Di Pietro in materia di televisione: ogni editore, RAI compresa, dovrebbe avere al massimo una televisione. Finalmente si avrebbe un po’ di pluralismo in più, e non sei canali (omogeneamente schifosi) controllati da Fininvest. Senza contare che finalmente si risolverebbe la questione Europa 7, televisione che da dieci anni è autorizzata a trasmettere, ma che non può farlo perché Rete 4 occupa le sue frequenze, in barba a sentenze contrarie di tutti gli organi di giudizio fino alla Corte di Giustizia Europea, che ha frantumato anche la legge Gasparri e il decreto salva-Rete4, varati dal difensore del libero mercato, nonché proprietario della Tv, cavaliere Silvio Berlusconi.
Ma il programma di Di Pietro è un’utopia: Marco Follini (PD) già lo ha stoppato, ricordandogli che in materia il Partito Democratico si basa su un (patetico) disegno di legge arenatosi in Parlamento. E intanto Fabrizio Cicchitto (Forza Italia) parla di Di Pietro come il braccio armato di Veltroni; bisogna capire il caro Cicchitto: gli rode ancora il c**o che la Magistratura gli abbia sciolto la sua P2, la loggia sovversiva di cui faceva parte insieme (tra gli altri) agli amici Berlusconi ed Emilio Fede, e che Di Pietro stesso, da PM, abbia smascherato la mostruosità di Tangentopoli quando lui stava con Craxi (il quale disse, in un celebre discorso in Parlamento, che le tangenti le prendevano tutti i politici). Insomma, Di Pietro ha rovinato i piani della pensione di Cicchitto.
E insomma, mentre questi qui litigano per contendersi programmi già vecchi ai tempi di Carlo Magno e ormai obsoleti per i nostri tempi e comunque bugiardi, perché non li metteranno mai in atto come è sempre stato, in quanto lo scopo è mantenere lo status quo in vigore dall’Assemblea Costituente;
mentre tutti affermano di essere giovani e di essere il cambiamento, nonostante Berlusconi vada verso i settant’anni e sia in politica da più di vent’anni (compreso il periodo in cui era dentro per mezzo di Craxi e P2) e nonostante Veltroni vada per i sessanta e sia in politica da 29 anni (per non parlare degli altri);
mentre il Diritto e la legalità vengono costantemente e allegramente calpestati;
i rifiuti continuano a inondare Napoli e la Campania, senza riuscire a vedere uno spiraglio di soluzione,
i ceti medio e basso non hanno di che sfamarsi, mentre i salari, nonostante le promesse da campagna elettorale, non possono essere alzati perché questo spingerebbe l’inflazione alle stelle (ancora più di adesso),
la situazione del debito pubblico si fa sempre più critica, anche per via degli impliciti annunci della BCE sui rialzi ai tassi d’interesse,
lo sviluppo diventa sempre meno sostenibile,
la criminalità dilaga perché fra indulti, condoni e buona condotta tanto non si va in galera neanche se violenti tre bambine, mentre Olindo e Rosa se la ridono dietro le sbarre, fregandosene di essere accusati di avere sgozzato un bimbo come un coniglio,
Vorrei continuare, ma fra un po’ vomito. Questa minestra riscaldata che in questa ennesima campagna elettorale ci stanno propinando, mi sta proprio sullo stomaco: è scaduta dai tempi del giovane Fanfani, e ormai gli ortaggi del brodo hanno preso vita. Cari bugiardi presunti neoliberisti, continuate a non fare un ca**o, avrete tempo per litigare sul serio quando tutto questo non sarà più sostenibile. Litigare certo non per trovare soluzioni, ma per convincere che la colpa è sempre dell’altro.
Ah, lo stanno già facendo adesso?