La decrescita è già qui: all’Italia serve un totale cambio di rotta

Per International Business Times

Vito Crimi, capogruppo al Senato del Movimento 5 Stelle, ha affermato che una delle prime priorità del prossimo governo dovrebbe essere il tema della decrescita. A giudicare dall’andamento del PIL italiano nel corso degli ultimi anni, tuttavia, si direbbe che il programma del MoVimento nasca abbondantemente vecchio.

La banca dati di Eurostat, infatti, certifica che, in termini reali, l’Italia sia in decrescita da oltre un decennio, come si vede dal grafico in fondo a questo articolo. Il PIL reale italiano del 2012 (volumi concatenati, anno base il 2005) è stato pari a 1 389 948 milioni di euro: si tratta del valore più basso dal 2000, quando l’anno si concluse con un PIL reale a quota 1 367 800,9 milioni. Il massimo, nel medesimo arco temporale, è stato toccato nel 2007, con 1 492 671,1 milioni di euro. Nel 2013 si prevede che il PIL scenderà ancora a 1 375 704,2 milioni.

Va ancora peggio se, invece di considerare la produzione del Paese nella sua interezza, consideriamo il reddito medio di ogni singolo italiano. Al 2012 il PIL reale pro capite era pari a 22 800: l’ultima volta che si era trovato sotto questa soglia fu nel 1997, quando toccò quota 22 500, mentre il massimo fu raggiunto nel solito 2007, con un 25 100.

Si direbbe quindi che la decrescita sia la priorità di tutti i governi italiani dal 1997 a questa parte, tuttavia, almeno nell’esperienza dell’italiano medio, non si direbbe che questa decrescita sia stata felice, anzi, tutt’altro.

Decrescita, infatti, numeri alla mano, significa crisi economica, e non basta certo aggiungere un “felice” per far dimenticare che un PIL in contrazione porta con sé povertà e disoccupazione: l’evidenza è qui, nella vita di tutti i giorni, nel confronto fra le condizioni di vita dell’italiano medio di oggi con quello di dieci, cinquanta, cinquecento anni fa. Il PIL, infatti, va immaginato come una grande torta: se la rimpiccioliamo la quota che spetta ad ognuno di noi diventa più piccola, e finisce che abbiamo più fame.

La vera priorità di un governo che volesse migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini dovrebbe essere quella di aumentare le dimensioni di questa torta in modo, però, ecologicamente sostenibile. Dovrebbe dunque mettere la crescita economica al primo posto, ancora meglio coniugandola con la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente. Per quanto certi catastrofisti dicano il contrario, la natura è in grado di sostenere la crescita per tempi molto probabilmente più lunghi rispetto alla vita dell’umanità: il problema è che il pianeta viene sfruttato in maniera veramente poco assennata.

Basti, ad esempio, ricordare che già oggi si produce abbastanza cibo da sfamare abbondantemente ogni singolo essere umano su questo pianeta, però tale ricchezza di cibo viene distribuita malissimo, fra persone superobese e persone ridotte alla fame più nera, senza contare i milioni di tonnellate di cibo che ogni anno i Paesi industrializzati buttano via, e che basterebbero a sfamare l’Africa.

Il prossimo governo, quindi, dovrebbe avere priorità diverse e rigettare certe teorie che vanno di moda pur non avendo né capo né coda, puntando invece a creare occupazione (ovvero ricchezza ovvero crescita) rispettando l’ambiente e i suoi limiti, limitando gli sprechi e favorendo la sostenibilità, oltre a farsi promotore, nel mondo, di un modello di sviluppo che eviti gli eccessi.

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5 Comments

  1. “Il PIL, infatti, va immaginato come una grande torta: se la rimpiccioliamo la quota che spetta ad ognuno di noi diventa più piccola, e finisce che abbiamo più fame.”
    Questa in linea teorica, in pratica al rimpicciolirsi della torta alcuni mantengono la stessa fetta di prima, altri addirittura se la ritagliano piú grossa.
    C’è un chiaro esempio anche nel mercato immobiliare, i prezzi degli immobili (e il loro valore) quando crescono, lo fanno per tutti, ma quando calano e c’è crisi quelli che possono permettersi di continuare ad investire sono quelli che comprano a prezzo ribassato e nel lungo periodo guadagnano piú degli altri.

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