[Pillole di storia italiana] Il colera e l’austerity

Toronto ON 2003 BlackoutIl quadripartito e Rumor (di nuovo). Il governo Andreotti cadde, formalmente, per il venir meno della fiducia da parte dei repubblicani. La vera ragione, però, fu che sia la DC che il PSI erano ormai pronti per dar vita ad un nuovo centrosinistra, all’interno del quale, in prospettiva secondo il segretario del PSI Francesco de Martino, sarebbe entrato anche il PCI. Fu così varato il quarto governo guidato da Mariano Rumor, un quadripartito comprendente DC, PSI, PSDI e PRI, che può contare (almeno a parole) su una opposizione comunista più morbida.

Il blocco dei prezzi. Il momento, infatti, è molto difficile: il Paese versa ancora in una crisi economica con forte inflazione e con un debito pubblico che continua a crescere, mentre la lira viene bastonata di continuo sui mercati valutari. Ma anche il nuovo governo non pare essere all’altezza della situazione: i prezzi vengono calmierati, ovvero fissati d’imperio, per fermare il galoppo dell’inflazione, ma ciò ha come unico effetto la sparizione di molti prodotti, fra cui il pane e la benzina. I produttori, infatti, imboscano i prodotti (( Anche questa immagine rimarrà nella memoria degli italiani, e anche in diverse storie a fumetti. )), tanto che, nel giro di pochi mesi, si fermeranno molte industrie per mancanza di carburante, ma le navi che lo contengono verranno respinte perché le riserve sono piene. Si entra così nell’anno dell’austerity.

Il colera distrugge Napoli. I primi segnali dell’austerity furono una delle cause di una delle più tristi storie di degrado italiano: la mancanza di beni di prima necessità (è qui che inizia lo sciopero del pane), le scarse condizioni igienico-sanitarie e infine il caldo d’agosto fa scoppiare a Napoli un’epidemia di colera, che genererà focolai anche fuori dalla città. È il culmine di anni di soldi sprecati e/o intascati dalla criminalità organizzata, mentre la politica guarda da un’altra parte, senza preoccuparsi del fatto che dai tubi delle case (le poche che hanno i tubi) non esce acqua, bensì liquami. Da quanto ricordi, non si è ancora scoperto cosa causò quell’epidemia: una delle ipotesi fu il consumo di mitili, il cibo dei poveri, che sarebbero stati contaminati nelle acque dove venivano pescati e poi consumati crudi. Le analisi non trovarono il vibrione del colera nelle cozze: trovarono però una concentrazione di batteri E. coli, tipica delle acque inquinate, che probabilmente finiva per uccidere il vibrione stesso. I napoletani non reagirono male all’epidemia, e anzi si presentarono ordinatamente per la vaccinazione preventiva. In tre mesi l’epidemia verrà dichiarata finita. I danni, però, sarebbero stati enormi, non solo in termini economici, ma anche d’immagine: da allora Napoli verrà vista, specialmente al nord, come il simbolo del degrado. Basti pensare che ancora oggi si sentono cori da stadio in cui Napoli fa rima con colera, e certo l’emergenza rifiuti dei giorni nostri non aiuta a ristabilire l’immagine della città. Basti ricordare la recente vicenda che ha coinvolto un eurodeputato della Lega Nord, Matteo Salvini, simbolo di un altro degrado (stavolta culturale) del Nord del Paese.

La buca per gli amici. Ma anche nel resto d’Italia le cose vanno male, non c’è il colera, ma c’è ancora l’inflazione che bastona: il governo Rumor non riesce a trovare la quadratura del cerchio, e continua a tamponare la crisi economica con l’emissione di titoli del debito, creando una voragine nei conti pubblici. Quel che serve è la crescita, e il Paese continua a indebitarsi nel tentativo di far ripartire la crescita economica e con essa ripianare il buco. Ma la crescita non arriva: i soldi, spesso e volentieri, vengono utilizzati per fare favori agli amici e alle aziende degli amici.

L’austerity. A novembre il governo vara l’austerity vera e propria, l’obiettivo è far crollare l’utilizzo del petrolio. A ottobre, infatti, scoppia la guerra dello Yom Kippur, persa dalle potenze arabe contro Israele. Tali potenze, in risposta agli aiuti verso lo Stato ebraico, riusciranno a stabilire una chiusura dei rubinetti del greggio verso i Paesi filoisraeliani. Anche l’Italia è colpita, e il prezzo da pagare è salatissimo. Per questo a novembre vengono introdotte misure che resteranno, anch’esse, nella memoria di molti italiani: il blocco del traffico, la fine delle trasmissioni televisive alle 23, il divieto di insegne luminose e iniziative per il risparmio energetico. La situazione continuò a peggiorare fino alla fine dell’anno, quando i Paesi OPEC, la vigilia di Natale, decisero di aumentare ancora i prezzi del petrolio. Fu un pessimo anno, sembrava di essere tornati indietro di vent’anni o forse di un secolo, dopo avere assaggiato per una decina d’anni il benessere e il consumo.

La politica comprende che non è più tempo per i giochetti: dopo l’apertura di De Martino, infatti, arriva a settembre quella del segretario del PCI. Enrico Berlinguer lancia il compromesso storico, due parole che i suoi eredi trasformeranno presto in “inciucio”.

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