I risultati delle elezioni. Il 7 maggio 1972 si tengono le prime elezioni anticipate della storia repubblicana. Si tratta di elezioni abbastanza particolari: la DC guadagna poco meno di mezzo milione di voti, ma neppure un seggio alla Camera rispetto al 1968 (restano 266); il PCI del nuovo segretario Enrico Berlinguer ne guadagna poco più in termini di voti, e aggiunge due seggi ai 177 precedenti; PSI e PSDI, che nel 1968 erano uniti, questa volta sommano un seggio in meno; il PRI ne guadagna 6, mentre il PLI ne perde 11. Per l’area di governo nulla cambia. Disastro, invece, per il PSIUP (la sinistra socialista), tagliato fuori dal Parlamento. Si liberano, insomma, una ventina di seggi alla Camera che vanno a finire al MSI, che raccoglie un milione e mezzo di voti e 23 seggi in più.
Il secondo governo Andreotti: verso un nuovo centrosinistra. Leone chiamò Giulio Andreotti per formare il suo secondo governo: entrarono a palazzo Chigi, oltre alla DC, anche PSDI e PLI, mentre il PRI appoggiava esternamente, ma risultava fondamentale, in quanto i tre partiti di governo non raggiungevano per un seggio la maggioranza alla Camera (e similmente al Senato). Si trattava dunque di un governo decisamente centrista, che rimarrà in piedi per circa un anno. Il PSI torna all’opposizione poiché due delle tre ali del partito hanno idee diverse circa le alleanze (la terza è quella di Craxi, che sta affilando le unghie). Il governo Andreotti tenta di lavorare: c’è da pensare a temi delicati, come l’economia (siamo ancora in crisi), ma la maggioranza risicata non consente facili trattative fra i partiti. All’interno della DC le cose non sono serene: le correnti ancora litigano sull’autonomismo rispetto ad altri partiti e sull’alleanza con il PSI e quindi del ritorno al centrosinistra, cui a novembre, a seguito del congresso, il PSI si dichiarerà favorevole.
Altri esempi di lontananza fra Palazzo e Paese reale. A giugno la Corte Costituzionale approva il referendum sul divorzio e inizia la campagna referendaria: la DC, con Fanfani in testa, è convinta di vincere, e così pure il PCI (nel senso che è convinto che vincerà la DC), che in sostanza abbassa le armi. Nessuno dei due ha capito nulla della società italiana e, soprattutto le donne, riserveranno loro una gran bella sorpresa nel 1974. Ma si può dire che vi siano molti a non capirci nulla di nulla, dimostrando una classe di governo inadeguata che giustifica le instabilità del decennio (continuano, infatti, gli attentati da destra e da sinistra): esempio quasi sciocco, parliamo di televisione, che sarà la causa della caduta del governo Andreotti. Ugo La Malfa (PRI) minaccia di uscire dal governo se il Governo non avesse fermato la diffusione delle tv a colori (all’epoca si stava sperimentando e si pensò di far partire il tutto in occasione delle Olimpiadi di Monaco): il motivo, secondo il repubblicano, era che per comprare il tv color gli italiani si sarebbero indebitati. La Malfa, insomma, voleva fare la balia del popolo italiano, che evidentemente non sapeva gestire i propri soldi (sta di fatto che non erano fatti di La Malfa). Ma purtroppo ebbe la meglio: i colori sarebbero arrivati solo nel 1977 (credo buon ultima in Europa) e le aziende di televisori italiane persero cinque anni rispetto ai concorrenti, che invaderanno il mercato con una maggiore forza spazzando via le fondamenta dell’industria elettronica-televisiva italiana (l’unica azienda italiana che mi viene in mente è la Mivar, voi ne ricordate altre?). Si tratta di una situazione simile a quella dei detersivi degli anni Sessanta e quella dei computer degli anni Ottanta: la storia tragicamente si ripete, e c’è un motivo se il made in Italy è fatto di scarpe e mozzarelle, e non di iPhone e auto a idrogeno. Insomma, con questo voglio dire che ai piani alti stavano su un altro pianeta, e perdono un treno dopo l’altro per lo sviluppo economico, sociale, culturale e tecnologico per sviluppare il Paese.
L’Italia, l’ultimo dei Paesi europei. Il nuovo anno comincia malissimo: il 12 febbraio viene chiuso il mercato dei cambi poiché il dollaro viene svalutato dell’11%. Le valute europee sono accodate al serpente monetario, un meccanismo che permetteva la fluttuazione fra le monete comunitarie (nove, all’epoca, cui si aggiunse la Norvegia) solo all’interno di un certo margine, e di conseguenza fra queste e il dollaro. In questo modo si voleva tenere a freno l’ondata speculativa dovuta alla debolezza del dollaro. Un mese dopo, però, ci si accorge che non tutti i Paesi vogliono o riescono a tenere il passo: l’Italia, troppo debole per affrontare la svalutazione del dollaro, è costretta a uscire dal serpente monetario. Questo si traduce in una svalutazione della lira del 9% (contro il 2% degli altri Paesi): in sostanza ci guadagnano gli esportatori, mentre il prezzo delle merci decolla. A fine anno l’inflazione sarà intorno al 20%, un’enormità che brucerà i risparmi di milioni di persone.
Andreotti inciampa in un cavo. Intanto il governo Andreotti, bloccato da risse interne mentre di avvicina una nuova esperienza di centrosinistra, inciampa su un cavo televisivo: il monopolio RAI è finito a fine anno, è vero, ma la tv non è ancora libera, e soprattutto i partiti, che vogliono avere il monopolio sull’informazione, non vogliono liberalizzarla (favorendo in questo modo uno scontro con la Consulta e una liberalizzazione improvvisa e incontrollata che sarà terreno fertile per creare la giungla in cui siamo oggi). Nasce uno scontro su Telebiella, tv via cavo che dunque non ha nulla a che spartire con la RAI che viaggiava nell’etere: la tv viene chiusa dal ministro Gioia, con due importantissime conseguenze. La prima, più immediata, è l’uscita dei repubblicani dall’area di governo: La Malfa è risentito un po’ per l'”attentato” alla libertà d’informazione (questa è la facciata), un po’ perché nessuno gli ha detto nulla. Cade dunque il governo Andreotti.
Governo debole, economia debole, società incompresa… qualcuno inizia a comprendere che c’è bisogno di qualcosa di nuovo e allo stesso tempo di vecchio per risollevare il Paese. Ci arriveremo.
La seconda conseguenza dell’affare Telebiella è che la battaglia legale intrapresa dall’emittente televisiva arriverà alla Corte Costituzionale: il mondo della televisione entra in un caos da cui uscirà, qualche anno dopo, con un grande vincitore. Indovinate chi è?
Non è che sto andando veloce, è che all’inizio degli anni Settanta non avvengono cose troppo interessanti (in Italia, all’estero le cose si fanno molto divertenti)… diciamo che si stanno preparando per il botto della seconda metà del decennio.
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