Vediamo girare un documento che afferma che l’Italia spende 700 miliardi di euro l’anno ma ne incassa appena 400, acciderbolina abbiamo un buco di 300 miliardi ogni anno. Seguono attacchi agli sprechi (giusti) e si arriva a dire che ogni anno l’Italia deve emettere 300 miliardi di nuovo debito, e questo è falso (se fosse vero, avremmo già visto la Commissione Europea in giro per Roma a prendere a calci Voltremont fino a Bruxelles). Spiego meglio: si afferma che ogni anno l’Italia emette nuovo debito per 300 miliardi, nel senso che si aggiunge 300 alla già astronomica cifra dell’anno precedente. E questo non è vero.
Voi direte: mi entrano 400, ne spendo 700, 400 meno 700 fanno -300, e devo per forza fare debiti per 300 se voglio pagare. Purtroppo chi ha fatto questa somma ha reso la matematica un’opinione. Giocare con i numeri è molto semplice, e se non vi siete fatti abbindolare da Berlusconi, dal suo commercialista ministro dell’Economia o da quel coso che risponde al nome di Sacconi, dovreste saperlo (e se non lo sapete, in calce all’articolo vi propongo un giochino che vi dimostra come è facile giocare con i numeri).
Fra i 700, infatti, rientrano anche le spese che il bilancio dello Stato assegna al debito pubblico. Se però fai entrare il debito pubblico nelle spese, devi farlo entrare pure nelle entrate, perché sì, il debito pubblico è un’entrata (pensate al mutuo per la casa: è un debito, voi dovete pagare le rate, ma all’inizio i soldi ve li hanno dati o no? La casa ve l’hanno pagata o ci vivete abusivamente? Se ci andrete a vivere dopo aver pagato il mutuo vi hanno fregato, sapevatelo…).
Insomma, il documento sottrae alle entrate, per così dire, normali (tasse, imposte e cose varie) sia le spese sia il debito, e questo non è corretto. O sottrai le entrate alle spese (e allora avrai l’avanzo primario se le prime sono maggiori, viceversa il disavanzo) o sottrai a [entrate + debito emesso], [spese + debito rimborsato + interessi]. Altrimenti stai solo dando i numeri. Funziona così anche per il mutuo: normalmente nella rata che pagate è compresa una quota di rimborso del capitale e una quota di interessi.
Il documento allega un’infografica che dice che lo Stato spende 300 miliardi per il debito. Ohibò, è un caso che la cifra mancante alle entrate sia (grossomodo) uguale a quella della spesa per il debito? Certo che no!
Quei 300 miliardi vanno suddivisi in due parti (se i signori che hanno scritto il documento avessero letto il bilancio dello Stato, avrebbero notato le ultime due righe della tabella riassuntiva, la missione 34 intitolata Debito pubblico): spesa per interessi e rimborsi. Quest’ultima parte (200 miliardi) non va proprio considerata nelle spese, perché il Tesoro non fa altro che emettere 200 miliardi di debito et voilà, i soldi mancanti scendono da 300 a 100 miliardi.
Grossa parte di quei 100 miliardi (90, se non ricordo male) sono gli interessi sul debito, e quelli li puoi pagare in due modi: con l’avanzo primario se le entrate superano le spese (tolto il debito, sia i rimborsi – che non andrebbero proprio considerati – che gli interessi); con altro debito altrimenti. Ne avevamo già parlato.
Possibile obiezione: «ma alla fine non cambia niente. In ogni caso lo Stato emette sempre debiti per 300». È vero, ma trascurando quanto ho appena detto (la suddivisione fra rimborsi e interessi) si lascia credere o si dice esplicitamente che il “buco” nel bilancio dello Stato sia di 300 miliardi, mentre invece è di “soli” 100. Lasciar credere o dire falsità è semplicemente cattiva informazione, e io non l’accetto nemmeno contro Tremonti, perché altrimenti mi metterei sul suo stesso piano.
Quindi quel documento ha ragione su tante cose: sì, le imposte superano le spese per servizi; sì, spendiamo un sacco di soldi per pagare il debito (ma gli interessi, non il capitale, quello, entro certi limiti, è irrilevante); sì, sprechiamo un sacco di soldi per pura idiozia; sì, Tremonti è un incapace e via discorrendo.
Ma sono cose che si possono dire anche senza affermare stron*ate.
Quindi, il mio consiglio a chi ha redatto tale documento è di andare ad acquistare un aggeggio tecnologico uscito da poco sul mercato.
Si chiama “abaco“.
Giochino: tre amici vanno al ristorante, mangiano e pagano 20 euro l’uno per un totale di 60. Il direttore del ristorante fa uno sconto di 6 euro, quindi restituisce 2 euro ad ogni amico. Si decide di lasciare la mancia al cameriere per 4 euro. Ricapitolando: ognuno paga 20 euro, ma riceve uno sconto di 2, quindi alla fine ha pagato 20-2=18 euro, che moltiplicato per 3 fa 54. Aggiungiamo 4 euro per il cameriere e arriviamo a 58. Ma se ognuno aveva dato 20, dove sono finiti i 2 euro che mancano?
Domani la soluzione. 😀
Photo credits | 100-bit-machine
Se l’articolo ti è piaciuto, puoi incoraggiarmi a scrivere ancora con una donazione, anche piccolissima. Grazie mille in ogni caso per essere arrivato fin quaggiù! Dona con Paypal oppure con Bitcoin (3HwQa8da3UAkidJJsLRfWNTDSncvMHbZt9).
Basta ragionare sui totali: 60 – 6 + 4 = 58. I 2 euro che mancano sono dovuti allo sconto, no?
Eh, ma dove sono? Chi ce li ha? 🙂
“Si decide di lasciare la mancia al cameriere per 4 euro” — dovresti dividere la mancia di 4 euro in 3 parti uguali, ma 4 non è divisibile per 3, dunque devi approssimare, e uno dei tre amici dovrà dare 1 cent in più degli altri.
I 2 euro dovrebbero essere distribuiti in parti uguali tra i tre amici, ma vale lo stesso discorso di prima.
Non ci siamo ancora, ognuno ha dato 18 euro precisi precisi. E aggiungo: sono tutti e tre tirchissimi e pronti a scannarsi pure per un centesimo, eppure sono usciti dal ristorante senza prendersi a sberle. 😀
La soluzione è programmata per le 17:30. 😉