L’eterna Oktoberfest della Germania sulla Grecia

Scrivevo ieri su Twitter

Oktoberfest woman

È il caso di espandere un attimo il ragionamento oltre i 140 caratteri. La Grecia sta sopportando il dolorosissimo riaggiustamento della sua economia dopo anni di bengodi a credito, basati su conti pubblici truccati e corruttela genetica. La cicala e la formica, niente di più, niente di meno.

La questione più grossa era che la Grecia era ed è in un’area economica integrata, in un’area valutaria subottimale e in un’area politica frammentata. In altre parole, il crollo della Grecia, in assenza di rimedi “monetari” convenzionali (svalutazione – che non è una cura, ma un placebo) e di supporto europeo, avrebbe comportato (comporterà) gravi danni al resto dell’area economica.

Il problema era oggettivamente minuscolo nel 2010, e risolvibile in poco tempo e con poca spesa, ma fu, è stato ed è gestito in modo ridicolo dai partner europei, in primo luogo tedeschi e assimilabili (non dall’UE, che è meramente l’esecutore tecnico dei governi nazionali), sicché la situazione è degenerata continuamente e la Grecia continua a mancare i target di aggiustamento dei conti pubblici: la Grecia sta facendo il suo dovere, ed è già fallita mezza volta (sul debito pubblico in mano ai privati), ciononostante il PIL resta in caduta libera e il debito pubblico sia ormai oltre il 190% del PIL. Non è accaduto nulla che il più cretino degli economisti non potesse prevedere, ma a quanto pare a Berlino, oltre ad essere cretini, gli economisti sono anche impegnati in un’eterna Oktoberfest.

Ora appare evidente che la Grecia non potrà mai e poi mai raggiungere il target del 120% di debito/PIL entro il 2020, ma alla Germania non interessa nulla, e continua a dire di no ad ogni soluzione più coerente con la realtà. A tentare di riportare la Merkel e i suoi cinque magnifici idioti (di cui abbiamo una diapositiva relativa a un loro tipico meeting) su questo pianeta ci sta provando il FMI, che ha sottolineato che, essendo il debito greco non sostenibile, esso smetterà di erogare aiuti (comprereste il biglietto per una crociera sul Costa Concordia? Il FMI no).

Eppure qui i casi sono due. Fermo restando che la Grecia deve continuare a cedere una sovranità che non merita ancora (ovvero deve restare sottoposta a controlli internazionali per manifesta incapacità di controllarsi da sola – incapacità che condivide con altri Paesi fra cui l’Italia, per carità), o gli altri Paesi accettano di perdere parte del debito pubblico greco che detengono o aspettano il momento (inevitabile) in cui l’economia greca collasserà, e non solo la perdita su quel debito sarà totale, ma si scatenerà anche l’effetto domino che porterà l’economia europea al collasso.

E fidatevi, per capire questo concetto non servono sette PhD in economia per centimetro cubico di materia grigia: basta non essere un sasso.

O ubriachi.

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4 Comments

  1. A mio parere la prima misura da prendere è smettere di porre obiettivi in termini di rapporto debito/Pil quando questo rapporto è superiore a 1 e quando tra gli obiettivi strumento c’è la riduzione della spesa pubblica.

    Per come è calcolato il Pil, se parto da una situazione in cui debito 120 e pil 100 ho un rapporto del 120%. Se decido per quest’anno di tagliare di 20 la spesa pubblica ed usare i soldi per ripagare il debito (supponendo di trascurare risparmio su interessi e leverage negativo sul settore non pubblico in quanto bilanciantisi) mi trovo con debito 100 e pil 80, quindi con un rapporto peggiorato al 125%.

    Questo mi sembra decisamente peggio del paradosso di Zenone.

    1. Infatti l’entità del debito è irrilevante, l’importante dovrebbe essere la sola capacità di ripagarlo, per questo appare incomprensibile l’insistenza della Germania a volere come unica soluzione alla crisi il bombardamento fiscale, che distrugge il PIL, ovvero la capacità di pagare debito e qualunque cosa.

      1. Hai ragione, questo mi sembra evidente nel caso degli Stati Uniti, ad esempio.
        Ma la misura del tasso di interesse sul debito dovrebbe essere, come in genere è, inversamente proporzionale alla capacità percepita di pagare il debito. Ma perché questo abbia senso economico deve verificarsi la possibilità di un’effettiva perdita del capitale. Il premio al rischio senza rischio non ha senso economico. E’ come per i bulletti di periferia, prima di atteggiarsi devono assicurarsi che si sappia in giro che almeno una persona l’hanno pestata a sangue. Altrimenti le botte le prendono loro.
        L’Europa, lasciando creare alti tassi di interesse in particolari aree dell’eurozona, con l’idea che comunque non ci sarebbe stato un default perché la moneta unica sarebbe comunque stata difesa, si è creata da sola un gigantesco moral hazard.
        Purtroppo il moral hazard sembra sia come l’iva, lo paga sempre l’ultimo anello della catena.
        Dopotutto la finanza internazionale non è forse saltata proprio quando si è cercato di spezzare la correlazione diretta tra rendimento e rischio tramite l’ingegneria finanziaria esasperata?
        Perché non impariamo mai dai nostri errori?

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