Mercati in preda a forti scossoni nel corso della settimana scorsa: dopo un inizio di ottava che lasciava presagire il peggio possibile, l’intervento di Mario Draghi che ha assicurato il ricorso a ogni misura per sostenere la moneta unica ha riportato gli spread a livelli relativamente bassi dopo i picchi toccati nei giorni precedenti. Draghi ha infatti fatto intuire che la BCE è pronta a intervenire con le sue risorse illimitate per salvare l’euro, scatenando le ricoperture di chi aveva venduto titoli di Stato come BTP e Bonos spagnoli provocando la fiammata dello spread, giunto per l’Italia ben oltre quota 500 contro i titoli tedeschi.
La “minaccia” del governatore è quella di utilizzare il denaro “stampato” dalla banca centrale per acquistare titoli di Stato al fine di sostenerne i prezzi, a qualunque costo: si tratterebbe di una mossa che spegnerebbe sul nascere la fiammata degli spread, visto che nessun venditore di titoli di Stato potrebbe mai affrontare una simile potenza di fuoco. Tuttavia ben poco è veramente risolto, e i punti oscuri della crisi europea sono ancora tanti.
In primo luogo non è ancora chiaro come reagirà Berlino alle parole di Draghi: la Germania non ha mai voluto che politica monetaria e fiscale si mescolassero, visto il pericolo di azzardo morale insito nel denaro gratis spacciato da una banca centrale fuori controllo, e con qualche ragione e qualche torto. Bisogna considerare che legare le mani alla BCE significa che la crisi europea potrebbe precipitare da un momento all’altro, come visto nei giorni scorsi, ma d’altro canto lasciarle troppo libere significa che i governi spendaccioni e pigri come i PIIGS non avranno più l'”incentivo” del rischio collasso per porre in cantiere le riforme necessarie per uscire da questa crisi.
Il secondo punto oscuro è infatti che il bazooka della BCE, anche se ben puntato sui mercati e pronto a sparare, non risolverà la radice della crisi: l’Europa ha ancora troppi squilibri sia a livello politico che finanziario, e la speculazione fa leva su questi problemi reali. Se gli spread salgono non è per colpa di una turba di banchieri cattivi che vogliono conquistare il mondo, bensì di investitori ben consci del fatto che se la situazione europea continua su questa strada, la destinazione finale è un collasso di dimensioni ciclopiche.
Ben venga dunque il bazooka, ma nel medio-lungo periodo servono riforme serie, altrimenti la falla nell’Unione Europea continuerà a far entrare acqua sulla barca più pericolosa del pianeta.
Quanto alla prossima settimana, lunedì l’appuntamento più importante è quello dell’asta dei BTP a 10 anni, il titolo usato per costruire lo spread. Il rendimento segnato nel corso della scorsa asta è stato 5,82%, e visti gli scossoni degli ultimi giorni è facile attendersi un rialzo.
Martedì sarà mattinata di tassi di disoccupazione, fra cui vanno segnalati quello tedesco (che dovrebbe attestarsi sul bassissimo livello del 6,8%), quello italiano (atteso in rialzo al 10,2%) e quello europeo (che dovrebbe rimanere sopra l’11%). L’Italia rilascerà anche la stima preliminare dell’indice dei prezzi al consumo, che dovrebbe segnalare un rallentamento dell’inflazione.
Mercoledì gli occhi saranno puntati in primo luogo oltre Atlantico: gli USA rilasceranno il dato ISM manifatturiero, che dovrebbe segnalare che la spina dorsale del sistema economico statunitense dovrebbe quanto meno fermare la sua contrazione. Ma è soprattutto un altro il dato che verrà seguito dagli investitori nel corso della serata, ovvero l’annuncio della decisione sui tassi di interesse da parte della Federal Reserve. Sebbene non si aspettino novità circa il tasso, sarà importantissimo cercare di capire se la Fed deciderà di ritornare sul mercato con mezzi non convenzionali (leggi: inondando il mercato di denaro fresco di stampa) al fine di sostenere la flebile crescita USA. Giovedì toccherà alla BCE e sarà interessante capire quanto seguito verrà dato alle parole di Draghi.
Sempre giovedì da segnalare il solito dato sui nuovi sussidi di disoccupazione richiesti: gli analisti si attendono un rialzo delle domande sopra quota 370mila. Venerdì uscirà l’attesissimo report sulla situazione occupazionale americana, che fotograferà come ogni mese se il mercato del lavoro USA si sta riprendendo. Gli analisti sono ancora scettici, seppure considerino probabile un lieve miglioramento.
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