Settimana di recupero per le principali piazze azionarie: gli investitori, dopo aver preso beneficio nella settimana passata, sono ritornati a comprare nel tentativo di strappare nuovi guadagni al rialzo. Il carburante per l’accelerazione, specie in chiusura d’ottava, sono state le buone notizie dal mercato del lavoro USA, che ha visto il tasso di disoccupazione crollare ai minimi dal gennaio 2009 al 7,8%.
La speranza, per gli operatori, è che i dati macroeconomici abbiano toccato il fondo e si apprestino a migliorare. Più che il tasso di disoccupazione USA, resta da osservare quello di occupazione che, per quanto ancora schiacciato sui minimi, è sembrato dare qualche segnale di vita nell’ultima rilevazione, quella di venerdì, appunto.
La strada perché il mercato del lavoro USA si riprenda è però ancora lunga, e vi passa un’elezione presidenziale ormai alle porte. Ottobre è l’ultimo mese di campagna elettorale, e nonostante Obama sembri avere decisamente più probabilità di vittoria del proprio sfidante Romney (grazie a diversi inciampi di quest’ultimo), i giochi non sono ancora chiusi, come si è visto nel primo dibattito fra i candidati, in cui Obama è apparso decisamente sotto tono.
La consultazione elettorale richiederà agli statunitensi di decidere se dare una nuova opportunità ad Obama, che è riuscito, almeno, a reggere il timone di una barca che ancora raccoglie acqua dai buchi creati nell’era Bush, pur tra indecisioni e forti contrapposizioni con l’agguerrita maggioranza repubblicana alla Camera bassa del Congresso che ne hanno annacquato le ambizioni di cambiamento; oppure i votanti potrebbero richiedere un cambiamento di tipo diverso, e mandare alla Casa Bianca un nuovo inquilino, Mitt Romney, le cui politiche economiche, tuttavia, restano decisamente disegnate in aria, a cominciare dalla questione delle tasse di cui beneficeranno, ancora una volta, i più ricchi del Paese (che hanno goduto di una crescita patrimoniale sotto la precedente presidenza Dubya come raramente nella storia recente), oppure il sistema di voucher che rischia di rendere la sanità americana ancora più costosa per chi meno se la può permettere.
Resta infine aperta la questione del fiscal cliff, da risolversi entro fine anno. Si tratta di un problema che vale ben 600 miliardi di dollari (il 4% del PIL USA) sia dal lato delle entrate (400 miliardi) che delle uscite (200 miliardi): in altre parole, a fine anno verranno meno agevolazioni fiscali perlopiù relative all’era Bush (oltre 200 miliardi) e verranno introdotti tagli al welfare. In altre parole, sarà l’austerity a stelle e strisce. Il governo e il Parlamento statunitense dovranno perciò trovare un accordo che permetta di evitare che questo scoglio riporti l’economia USA in recessione almeno nel primo semestre del 2013, come è ovvio aspettarsi nei casi di stretta fiscale.
Passiamo quindi all’agenda macroeconomica relativa alla prossima settimana. Lunedì la produzione industriale tedesca dovrebbe segnare una frenata su base mensile pari a -0,8% (l’ultima rilevazione vedeva una crescita dell’1,3%), mentre gli USA saranno maggiormente calmi per via del Columbus Day. Martedì sarà l’ora del PIL italiano, atteso a -2,5% annuale e -0,7% trimestrale.
Mercoledì l’Italia renderà nota la propria produzione industriale (ancora qualche decimale sotto lo zero) e metterà all’asta BOT a 12 e a 3 mesi. Negli USA verrà pubblicato il Beige Book, rapporto sulle condizioni economiche dei dodici distretti geografici in cui è (idealmente) suddivisa l’economia statunitense, e che servono da guida ai membri del FOMC per stabilire la politica monetaria della Federal Reserve.
Giovedì verranno resi noti gli indici dei prezzi al consumo di vari Paesi europei, fra cui Spagna, Francia e soprattutto Germania, che dovrebbe vedere il proprio tasso di inflazione ancora una volta fermo. L’Italia metterà all’asta BTP a 3 anni. Gli USA renderanno noti i soliti jobless claims (attesi stabili sui 370mila) e inoltre il dato sulla bilancia commerciale, per la quale si prevede un peggioramento del deficit.
Venerdì conosceremo la produzione industriale dell’UE, che dovrebbe passare in territorio lievemente negativo. Dagli USA si attendono il dato sui prezzi alla produzione, previsti stabili nella componente “core” (esclusi dunque alimentari ed energia, più volatili), e il consumer sentiment elaborato dall’Università del Michigan, atteso in lieve calo, ma comunque sui massimi da diversi anni.