Mercati finanziari ancora euforici dopo aver incassato tutte le buone notizie previste in settimana. L’indice italiano FTSE MIB supera i 16500 punti e si avvia a toccare i massimi del marzo scorso sopra i 17000, mentre il DAX tedesco si appresta a dare l’assalto ai massimi del 2011, che sono anche il punto più alto toccato dal 2008 e che segnerebbero il riallineamento agli indici americani, che li hanno già superati da qualche tempo.
I motivi di tanta euforia spaziano da ambo i lati dell’Atlantico: in Europa la Corte Costituzionale tedesca ha dato il suo ok al fondo salva-Stati ESM, aggiungendo condizionalità che risultano in fondo piuttosto blande. Il fondo ESM, che sarà attivo da ottobre, non potrà essere finanziato dalla Germania per un importo superiore a quanto già stanziato (190 miliardi) a meno che non vi sia esplicita approvazione del Parlamento, a ricordare che la sovranità appartiene pur sempre al popolo. La condizione imposta non è di per sé gravosa, a meno che non scatti la richiesta di aiuto di Stati troppo grossi, come Spagna e Italia. In quel caso i due Paesi dovrebbero ritirare la propria quota dall’ESM, e i soldi mancanti dovrebbero essere versati dagli Stati rimasti nell’ESM. Le conseguenze fra la popolazione di tali Paesi sono facilmente immaginabili, considerato che non passa settimana senza che qualche ministro dei Paesi primi della classe non lamenti mal di pancia causato dai PIIGS.
In ogni caso, la notizia ha portato a un deciso restringimento degli spread, ma, va sempre ricordato, si tratta ancora di aspettative: si attendono ancora azioni decise e vere da parte dei governi. L’ESM è una rete di sicurezza che bisogna tentare di lasciare intatta: difficilmente, infatti, essa reggerà alla caduta della terza o della quarta economia della UE.
Il secondo motivo di euforia proviene dagli USA: la Federal Reserve ha approvato all’unanimità meno uno il terzo piano di alleggerimento quantitativo (o QE). Questa volta Ben Bernanke e gli altri membri del FOMC hanno deciso di gettare dagli elicotteri denaro nell’ordine di 40 miliardi al mese, che, aggiungendo i piani di reinvestimento già in atto, si tradurrà in acquisti per ben 65 miliardi mensili. La Fed, in questo round, acquisterà titoli ipotecari, compresi i famigerati MBS (quelli della crisi subprime, per intenderci), a tempo indeterminato, ovvero fin quando il mercato del lavoro americano non darà forti segnali di ripresa.
Ci sono dubbi circa l’efficacia di questo piano: finora la Fed ha seguito una linea decisamente accomodante, che però è riuscita soltanto a contribuire a una crescita economica bassissima. L’ondata di denaro fresco di stampa, infatti, è riuscito a malapena a contrastare l’effetto del deleveraging, ovvero dalle manovre (ovviamente recessive) che pubblico e privato stanno attuando per liberarsi dei debiti accumulati negli anni passati. Bernanke ha dunque deciso di spingersi ancora più oltre, facendo porre ad analisti e investitori una domanda fondamentale: la Fed ha deciso di accettare una più alta inflazione pur di creare nuova occupazione? Gli indici che misurano le aspettative di inflazione rispondono in modo positivo. C’è solo da aspettare e sperare che funzioni: d’altro canto, una più alta inflazione ridurrebbe il costo reale del debito, aiutando il deleveraging e quindi innescando nuovi investimenti quando il rientro dal debito sarà concluso. Il lato oscuro della medaglia è, però, che l’inflazione è pur sempre una tassa sulla povertà. La crisi è evidentemente ancora dominante nel nostro panorama.
Passando agli appuntamenti macroeconomici previsti per la settimana, lunedì segnaliamo il dato della bilancia commerciale italiana, prevista in calo, ma comunque positiva. Un peggioramento è comunque atteso se si considera che il rafforzamento dell’euro colpirà le esportazioni. Martedì conosceremo l’indice ZEW che misura il sentiment economico tedesco: il dato sarà migliore del precedente, almeno secondo gli analisti, ma ancora in territorio negativo, a segnalare che il futuro è dipinto ancora a tinte fosche.
Mercoledì sarà la giornata dell’edilizia statunitense, poiché usciranno i numeri relativi a nuovi permessi di costruire, nuovi cantieri residenziali aperti e le vendite di case esistenti, che dovrebbero segnalare un mercato ancora stagnante. Giovedì è atteso il dato preliminare dell’indice dei direttori degli acquisti (PMI) tedesco previsto lievemente in recupero, ma comunque al di sotto dei 50 punti che lascerebbero presagire un ritorno alla crescita economica. Discorso simile per il PMI europeo. Sempre giovedì, negli USA, oltre ai tradizionali jobless claims attesi tutto sommato stabili, si segnala l’indice che misura l’attività economica nel distretto di Filadelfia, atteso in miglioramento ma ancora in territorio negativo.