Settimana iniziata male e finita in allegria sui mercati finanziari: gli investitori avevano accolto con pessimismo il ribasso delle attese verso il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno, salvo poi far ripartire coperture poderose in seguito al raggiungimento di un accordo che, se non è definito e dettagliato, almeno sembra andare nella direzione giusta.
Le conclusioni del vertice sono ancora molto in linea di principio, a cominciare dal fatto che sembra essere avviato, lentamente, il processo verso la creazione degli Stati Uniti d’Europa, passaggio obbligato per un’area economica fortemente integrata come l’UE in un mondo destinato ad essere dominato da “Superstati” come USA, Cina, India e Brasile, a prescindere dall’esistenza di una moneta unica. Interessanti, però, sono anche le conclusioni più “pratiche” a cui sono giunti in quel di Bruxelles.
Si comincia dalla creazione di un embrione di autorità bancaria europea, necessaria vista la dimensione transnazionale di molti istituti di credito: il compito verrà assegnato entro l’anno alla BCE. Sempre dal punto di vista del settore bancario, il fondo salva-Stati EFSF (e poi il ESM) potrà correre in soccorso delle banche europee in difficoltà, ricapitalizzandole: si tratta, in altre parole, di un meccanismo di salvataggio del sistema del credito già implementato anni addietro negli USA, quando il TARP entrò nelle banche ripulendole dai titoli tossici. Punto molto importante, a riguardo, è però la fine del privilegio accordato a EFSF/ESM: finora i prestiti erogati dal fondo europeo avevano priorità di rimborso rispetto agli altri crediti, fatto che spingeva molti investitori “declassati” a liberarsene, aumentando le tensioni verso l’istituto di credito e gli Stati che chiedevano soccorso al fondo europeo, e rendendoli, in ultima analisi, dipendenti da EFSF/ESM, e dunque costretti ad accettare ogni diktat della Troika pur di sopravvivere. Questa mossa, dunque, dovrebbe contribuire ad allentare le tensioni di spread. Il problema è che il fondo salva-Stati, visti i compiti aggiuntivi assegnatigli, risulta enormemente sottocapitalizzato.
Fra gli altri piani approvati (ma, come gli altri, non ancora esecutivi) anche la ricapitalizzazione della Banca Europea degli Investimenti e lo sblocco di 120 miliardi di euro per gli investimenti. Previsti anche degli allentamenti nel processo di rientro dal debito, per evitare che una stretta fiscale attuata in contemporanea da tutti (o gran parte de) i Paesi europei strozzi l’intera economia UE. Va ricordato, comunque, che la soluzione della crisi non è ancora in mezzo a noi: l’accordo europeo è stato già abbondantemente criticato nelle patrie dei Paesi con rating AAA, a cominciare dalla Germania, e dato che il diavolo è nei dettagli, c’è da attendersi un tentativo di correggere (in senso peggiorativo, ovvio) i risultati del vertice europeo quando si tratterà di mettere in pratica i principi appena approvati. I rialzi degli ultimi giorni e forse delle prossime settimane andranno visti come semplici “rimbalzi”, in attesa che arrivino buone notizie dall’economia reale.
Passando alle notizie attese la prossima settimana, lunedì saranno da osservare i dati relativi all’indice dei direttori degli acquisti di vari Paesi europei, importante indicatore dell’attività economica dei prossimi mesi: il dato dovrebbe risultare inferiore ai 50 punti (ovvero indica una prossima contrazione dell’economia) per i maggiori Paesi europei, Germania compresa, oltre che per l’Europa nel suo complesso. Italia e UE renderanno noti anche i livelli del tasso di disoccupazione: per lo Stivale il tasso dovrebbe risultare in salita oltre il 10%, contro l’11% della media europea. Nel pomeriggio l’indice ISM misurerà il livello dell’attività economica del settore manifatturiero USA: anche questo dato è previsto in peggioramento sia pure ancora sopra i 50 punti, a indicare espansione. Mercoledì da segnalare le vendite al dettaglio e il PIL dell’Eurozona: il primo dato dovrebbe essere in lieve miglioramento, mentre il secondo dovrebbe confermare la crescita ferma. I mercati saranno invece chiusi negli USA per celebrare la festa dell’Indipendenza.
Giovedì fortissima attesa per la decisione della BCE circa i tassi di interesse: fermi all’1% da diversi mesi, comincia a farsi largo l’ipotesi di un taglio di almeno un quarto di punto. Un allentamento della politica monetaria potrebbe essere utile per far ripartire la crescita in Europa, anche se non sarà sufficiente in assenza di riforme davvero incisive, specie nei Paesi come l’Italia che hanno perso molto tempo negli ultimi dieci anni. Negli USA invece c’è attesa per il dato sulle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione: il dato dovrebbe confermarsi un paio di decine di migliaia sotto la soglia di 400 mila unità.
Venerdì la produzione industriale tedesca dovrebbe tornare lievemente positiva dopo la forte contrazione del 2,2% registrata nell’ultima rilevazione. Ma sarà il report sull’occupazione USA a dominare l’attenzione: il tasso di disoccupazione dovrebbe confermarsi all’8,2%, insieme a una creazione di circa 100mila posti di lavoro in settori non agricoli. Sarà però importante incrociare questi dati con quello del tasso di occupazione: negli ultimi mesi, infatti, la contrazione del tasso di disoccupazione è sembrata collegata al fatto che molti disoccupati sono troppo scoraggiati per cercare lavoro, uscendo così dalle statistiche. Nonostante il calo del tasso, dunque, la situazione del mercato del lavoro statunitense resta piuttosto drammatica, e non può esserci ripresa fin quando i posti di lavoro dissolti negli ultimi anni non cominceranno a essere riassorbiti.
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