Da appassionato di Storia e in particolare di Italia, guardo con assoluto disgusto chi si azzarda a definire quanto è avvenuto in politica dagli anni Novanta ad oggi come “Seconda Repubblica”. Combatterò fino alla morte questo assurdo modo di ritenere che ci sia stato un qualche segno di discontinuità in politica fra la stagione precedente Tangentopoli e quella successiva: tutto è continuato in maniera assolutamente analoga. I partiti sono più o meno gli stessi, ruberie e inettitudini comprese, con la sola differenza che la Democrazia Cristiana, invece di essere mille correnti (leggi: partiti) unite in nome dell’anticomunismo e null’altro, oggi sono mille partiti un po’ qua, un po’ là, un po’ per fatti loro. Non c’è più Craxi, ma c’è Berlusconi, sono spariti i vecchi leader (ultime notizie: la gente prima o poi muore), ma restano i loro delfini. Dulcis in fundo, come all’inizio degli anni Novanta, l’Italia si trova nel più profondo dissesto finanziario, con una democrazia sospesa grazie al Presidente della Repubblica e con un governo tecnico, aspettando una patrimoniale notturna o qualcosa di simile. Cosa è cambiato da allora? La legge elettorale? Suvvia, non fatemi ridere: la legge elettorale ha cambiato tutto per non cambiare niente, un vero bipolarismo non è mai nato, ma ci siamo ritrovati due accozzaglie di partiti tenuti assieme con lo scotch, mentre prima ce n’era solo una, chiamata di volta in volta tripartito, quadripartito o tetrapartito, pentapartito.
Insomma, una Seconda Repubblica non è mai nata, semmai possiamo parlare Prima Repubblica e Mezza, ma di più non potrò concedere senza morire di dissenteria.
Per cui immaginate il mio disgusto quando leggo (fra le molte stron*ate presenti nell’articolo) che si vuole definire il governo Monti “la Terza Repubblica” e ciò che verrà dopo addirittura “Quarta Repubblica”, così, sulla fiducia o su consiglio di santa Cocaina arcangelo. Massì, facciamo che ogni nuovo governo che nasce dà il vita a una nuova Repubblica, facciamo come il ciclo di rilascio di Firefox, che ogni mese rilascia una nuova versione praticamente identica alla precedente, ma fa tanto figo.
Roba da calci in bocca da qui all’eternità.
La “moda” di definire le nostre Repubbliche con un numerino è un fatto puramente giornalistico indice della povertà intellettuale tipica di noi italiani (non è una cosa di adesso, ce la portiamo dietro da secoli), come a volerci paragonare al resto del mondo e in particolare alla Francia, che di Repubbliche ne ha avute ben cinque, e si vede quanto noi al confronto siamo delle mezze seghe, se notiamo come sono nate tali Repubbliche.
La Prima Repubblica è quella che segue la Rivoluzione Francese del 1789, seguita dal Primo Impero di Napoleone e dalla Restaurazione; poi avviene la Rivoluzione Francese del 1848, e di nuovo la Repubblica, la Seconda; quindi nasce il Secondo Impero, che dura fino al 1870 con la cattura di Napoleone III e la restaurazione della Repubblica, la Terza. Dopo la Seconda Guerra Mondiale nasce la Quarta e infine, nel 1958, con la riscrittura della Costituzione francese, nasce la Quinta, quella che conosciamo oggi.
Come si nota immediatamente fra una Repubblica francese e l’altra ci sono enormi punti di discontinuità: una rivoluzione, Napoleone I, un’altra rivoluzione, Napoleone III, una Guerra Mondiale, fino a una Costituzione nuova di pacca (la dodicesima, o giù di lì).
Cosa abbiamo invece noi a dimostrare la discontinuità fra la prima e la cosiddetta seconda Repubblica? Una legge elettorale Mattarellum che, tra l’altro, ha conservato in parte il proporzionale che c’era prima e che poi ci ha portato al Porcellum (legge proporzionale farcita di attentati all’intelligenza)? È cambiata la Costituzione o c’è stata una rivoluzione e non sono stato informato?
E a tutt’oggi qual è il definitivo punto di rottura fra la presunta seconda e la terza, posto che tutti i protagonisti della seconda (che poi sono grossomodo gli stessi della prima) sono ancora lì a manovrare l’Italia, Berlusconi compreso sia pure non da premier? E infine in base a cosa quella che nascerà dopo Monti, fra qualche mese o fra un anno e mezzo, potrebbe definirsi addirittura quarta? Definiamola Quarantaduesima, a questo punto.
Non dubito che fra qualche decennio, quando le polveri di questo periodo così vergognoso si saranno posate, gli storici noteranno che la definizione “Seconda Repubblica”, di derivazione squisitamente giornalistica, è tanto fighetta quanto storicamente scorretta.
Ma nel frattempo dovrò godermi la dabbenaggine di scribacchini ignoranti che usano le parole solo perché vanno di moda, senza badare al loro significato.
[I blog del Fatto Quotidiano sono in larga parte il covo degli scribacchini ignoranti di sinistra (li riconoscete perché di solito parlano di cose di cui non sono esperti manco di striscio, tipo un astrofisico che parla di economia – a casaccio, ovviamente); dall’altra parte ci sono Ferrara, Sallusti, Feltri, Belpietro, Minzolini e cosi vari]
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Il mio tentativo di farti morire di dissenteria: 🙂
– innazitutto, lo sparpagliamento della Dc non è cosa da poco. Si è passati da partito “condannato” a governare per sempre, visto che di là c’era il PCI e attorno la guerra fredda, a mandrie di cattolici separati in vari partiti, e questo ha dato il vita a quel fenomeno quasi decennale che è il ruinismo, e a quelle distinzioni – queste sì, giornalistiche – tra vari teocon, teodem, atei devoti, cattolici adulti e così via. Quando s’è trattato di votare su tematiche sensibili alla Cei, questo ha pesato, mentre prima tale fenomeno non c’era (o meglio, c’era la Dc, ma era partito cristiano per definizione);
– poi c’è stato l’ingresso al governo dei comunisti (se escludiamo il dopoguerra e la brevissima parentesi – giorni – nel governo Ciampi) e soprattutto dei fascisti e dei leghisti (e con questi ultimi la relativa “questione settentrionale”);
– Berlusconi non è Craxi. Craxi è finito per motivi giudiziari, Berlusconi no (sempre che sia finito, io non credo). Berlusconi è al comando di un impero-economico editoriale, Craxi no – cosa che ha fatto venire a galla il problema, berlusconiano e non, del conflitto di interessi;
– fine delle ideologie, come si suol dire, ma anche delle semplici e generali tradizioni politiche: ci dividiamo in berlusconiani, democratici (che – come disse D’Alema anni fa – lo siamo tutti), moderati, ecc. o genericamente centro, destra, sinistra. Socialisti, democrastiani, liberali come nelle altre democrazie europee? No, aggettivi scomparsi.
E mi fermo qui per ora. Se la Seconda Repubblica è finita (e non lo è, secondo me) è perché certi assetti cambiano, e perché tutti i problemi e le questioni sollevate alla sua nascita e successivamente, in particolare quelle legate alle riforme costituzionali, vanno gambe all’aria. Ecco, direi che se la prima Repubblica nasce dall’antifascismo, prosegue nella ricostruzione e nel boom economico, e finisce nella crisi dei partiti, nella fine della guerra fredda e in Tangentopoli e nel dissesto finanziario, la Seconda Repubblica nasce dalle ceneri della prima e si distingue per l’alternanza di poli eterogenei e per il continuo aborto di qualsiasi tentativo di riforma, sfociato nella crisi finanziaria odierna, che è anche europea, ma non nell’arresto/decapitazione delle classi dirigenti come avvenne allora.
> innazitutto, lo sparpagliamento della Dc non è cosa da poco. Si è passati da partito “condannato” a governare per sempre, visto che di là c’era il PCI e attorno la guerra fredda, a mandrie di cattolici separati in vari partiti, e questo ha dato il vita a quel fenomeno quasi decennale che è il ruinismo, e a quelle distinzioni – queste sì, giornalistiche – tra vari teocon, teodem, atei devoti, cattolici adulti e così via. Quando s’è trattato di votare su tematiche sensibili alla Cei, questo ha pesato, mentre prima tale fenomeno non c’era (o meglio, c’era la Dc, ma era partito cristiano per definizione);
Come detto, le mandrie della DC già dalla fine di De Gasperi agivano come se fossero tanti partiti diversi (si pensi a Fanfani nel 1958). Lo scioglimento della DC ha sancito formalmente l’esistente creando l’illusione del bipolarismo, ma in realtà sono sempre i centristi a decidere se andrà al governo il centrosinistra o il centrodestra, confermando categorie di cui abbiamo sentito parlare già dagli anni Sessanta. Il sistema, come ogni sistema, si è evoluto, ma non è cambiato nei suoi tratti fondamentali.
> poi c’è stato l’ingresso al governo dei comunisti
Più che comunisti, li chiamerei ex-comunisti entrati nella sinistra democristiana. Se poi ti riferisci a RC, ok, ma ritorniamo alla questione dello scotch e delle due mezze DC invece che di una DC grossa.
>soprattutto dei fascisti
Come sopra al contrario.
>e dei leghisti (e con questi ultimi la relativa “questione settentrionale”);
Questo è un elemento di novità, ma anche qui parlerei più di evoluzione che di rivoluzione.
> Berlusconi non è Craxi. Craxi è finito per motivi giudiziari, Berlusconi no (sempre che sia finito, io non credo). Berlusconi è al comando di un impero-economico editoriale, Craxi no – cosa che ha fatto venire a galla il problema, berlusconiano e non, del conflitto di interessi;
Non è quello che intendevo, né è rilevante: intendevo che il Berlusconismo è un’evoluzione del Craxismo.
> fine delle ideologie, come si suol dire, ma anche delle semplici e generali tradizioni politiche: ci dividiamo in berlusconiani, democratici (che – come disse D’Alema anni fa – lo siamo tutti), moderati, ecc. o genericamente centro, destra, sinistra. Socialisti, democrastiani, liberali come nelle altre democrazie europee? No, aggettivi scomparsi.
Ma nei fatti, oltre le definizioni, quei partiti non lo erano, si trattava di definizioni più da marketing che da politica. E il fatto che oggi ci definiamo a casaccio, senza neppure la (scarsa) connotazione ideologica tipica di altri sistemi politici, io la vedo più come stato patologico della politica italiana, senza più nessuna ideologia e senza neppure più un’idea, che è la cosa peggiore.
Insomma, quanto tu mi dici rafforza in me la convinzione che ci troviamo in uno stato evolutivo della Prima Repubblica, i cui tratti fondamentali sono ancora piuttosto evidenti, e che combatte ancora una volta con le sue patologie decennali, e ancora una volta è costretta a sospendersi per non far fallire lo Stato. Evoluzioni, non rivoluzioni: sarebbe come dire che le cinque Costituzioni della Rivoluzione Francese del 1789 hanno fondato sei Repubbliche diverse, mentre invece erano normali evoluzioni di un sistema traballante che aspettava solo di essere abbattuto, e lo sarà dalla sesta.
L’arma del delitto, l’elemento che ucciso la Prima Repubblica, è ancora mancante. Niente dissenteria 😉