Oggi (tra l’altro l’esatto anniversario della battaglia di Legnano) ho assistito per la prima volta al Palio di Legnano. Manifestazione molto bella, non c’è che dire, ma a mio avviso poco “ottimizzata” rispetto al più celebre Palio di Siena. Tre cose non mi sono andate giù:
1) Il mossiere non può non capire le dinamiche del Palio. Poco importa che il mossiere, in questo caso, fosse uno dei più grandi fantini della storia italiana, l’olimpionico Dino Costantini, già mossiere diverse volte a Siena (coincidenza ha voluto che il mio primo Palio di Legnano fosse gestito dallo stesso mossiere che fu chiamato per il mio Palio di Siena). Costantini si è comportato da emerito cretino. Già venerdì durante la provaccia ha commesso un errore clamoroso dando valida una mossa che palesemente non lo era. Oggi è stato addirittura surreale: nella prima batteria ha giudicato non valida una mossa validissima, per poi giudicarne valida una palesemente non valida (pensate, anche secondo i contradaioli della contrada avversaria), sicché uno dei cavalli non è neppure partito (un contradaiolo ha poi tentato di raggiungere il mossiere per cantargliene quattro, e il priore della contrada colpita, per protesta, si è spinto a compiere un gesto gravissimo: il ritiro del gonfalone della contrada dal campo). Nella seconda batteria c’è stato il giallo di una bandiera sventolata in modo non corretto, che potrebbe aver distratto uno dei fantini, il quale è caduto e si è fratturato la clavicola (il meraviglioso cavallo scosso ha poi vinto in scioltezza). Nella finale si è arrivati all’apoteosi: ancora mosse valide invalidate, e dopo diverse false partenze il mossiere ha perso il controllo della mossa, poiché i fantini avevano ormai capito che Costantini non aveva idea di che cosa stesse succedendo e si sono dati da fare per trovare la posizione migliore a prescindere dai richiami del mossiere (Costantini ha avuto paura: almeno uno dei cavalli andava espulso, ma non lo ha fatto). Ma il peggio doveva ancora arrivare: in una mossa (validissima) il fantino di una delle contrade cade e protesta. Il mossiere, incredibilmente, accoglie la protesta e, con i cavalli già avanti di mezzo giro, la annulla. Alla fine vincerà proprio quella contrada (San Magno). Il palio di Legnano è già una gara quasi priva di regole se non per la mossa, per questo un mossiere che ci capisca e che riesca a tenere le redini dei fantini è fondamentale, serve maggiore selezione (qualcosa del genere accadde nel 2006, con Palio annullato (( Voi direte: fa parte del folklore. Può essere, ma resta non bello da vedere. )) ).
2) Il canape è terribilmente pericoloso perché non cade come una pietra come avviene a Siena. Diversi cavalli sono rimasti impigliati nel corso delle numerose mosse, e nella finale uno dei cavalli è caduto paurosamente: mi frega niente del fantino, ma se il cavallo si fosse fatto male mi sarei incazzato a dovere (per la cronaca, il cavallo era già stanchissimo e il fantino, nonostante terribili frustate, ne aveva perso il controllo; la caduta ha pregiudicato il resto della gara – non che mi dispiacesse, posto che il cavallo non s’era fatto nulla, diceria vuole che quella fosse la contrada il cavallo della ‘ndrangheta (( Ebbene sì, la città della leggenda di Alberto da Giussano, idolo della Lega Nord, è uno dei covi dove la ‘ndrangheta lava i suoi soldi. )) ).
3) Le gare sono troppo lunghe: le due batterie iniziali richiedono quattro giri di stadio, la finale cinque per una gara che dura svariati minuti. Al palio di Siena, invece, vi sono tre giri di una piazza tutto sommato piccola, servono novanta secondi per concludere il palio. Questa brevità è fondamentale per lo spettacolo specie per i turisti che non sono legati alle contrade: nel momento in cui cade il canape di Siena la scarica di adrenalina non fa in tempo ad assorbirsi che il palio è finito, dunque l’emozione è pienissima; a Legnano, invece, passa troppo tempo e l’effetto della scarica cessa, per cui chi non è legnanese non riesce a sentire l’emozione. Quest’emozione è fondamentale per attirare chi non ha vincoli di contrada (ovvero i forestieri, come il sottoscritto, ma soprattutto le tv). Tre giri sono probabilmente più che sufficienti.
Probabilmente ci tornerò l’anno prossimo, il Palio di Legnano non è per nulla spiacevole, ma spero di trovarmi più affezionato alla contrada che mi ospita per divertirmi ancora di più.
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