Site icon Tooby

I sondaggi sulla fiducia confermano l’incubo a lungo termine

L’ultimo sondaggio di IPR Marketing sulla fiducia nel governo e nelle opposizioni è impietoso un po’ per tutti, ma soprattutto per Berlusconi, che scende ai minimi fino a sotto 40.

La cosa interessante, però, è vedere come sono segmentati coloro che hanno fiducia nel presidente del consiglio. Pare evidente che meno si è istruiti e più si ha fiducia nel premier (addirittura il 68%). Man mano che il livello di istruzione aumenta, invece, la fiducia cala e non poco, fino al 28% fra i laureati.

Ok, è solo un sondaggio. Ma prendendolo per buono, sta a dimostrare che Berlusconi, prima che un problema politico, è un problema culturale: Berlusconi appare essere enormemente popolare fra chi non è in grado di comprenderne i fallimenti ultradecennali. Se così fosse, uscire da questo ginepraio sarà un’impresa lunga, e non è detto che sarà coronata di successo: occorre, infatti, aumentare l’educazione delle masse, in modo da renderle partecipi dell’evidente incapacità di governare di Berlusconi, ma il governo fa ben poco (apposta?) per contenere il disastro nell’istruzione, e l’università rischia di diventare un lontano sogno per molti giovanissimi nel giro di pochi anni (condannando l’Italia a diventare un Paese povero, ma questa è un’altra storia). E la tv, ovviamente, non può aiutare.

E c’è di peggio: si può credere che questo incubo possa avere una fine almeno quando Berlusconi per propria volontà o per ragioni naturali (perché prima o poi la morte toccherà pure lui), ma non è certo neppure questo. Infatti si nota che il partito con più fiducia è ancora il PdL, ma in generale c’è un trend di debolezza per tutti i maggiori partiti. Questo riporta a galla il problema del vuoto che seguirà l’abdicazione (o la morte) del sultano: se a prendere il suo posto sarà un suo delfino (ancora da designarsi, fortunatamente) c’è il rischio che questo regno del terrore continui ancora per decenni; se invece si aprisse una lotta per il potere fra partiti (e dentro di essi) che godono di poca fiducia c’è il rischio concreto che un nuovo e peggiore soggetto politico emerga a prendere il posto nei cuori di quei poco istruiti che oggi stanno con Berlusconi. Dubito, al contrario, che possa emergere in tutta quella confusione un soggetto politico migliore, non avrebbe appeal elettorale.

Di via d’uscita ne vedo solo una, ed è la netta sconfitta elettorale di Berlusconi alle prossime politiche: avere una maggioranza stabile in Parlamento (non come per Prodi) favorirebbe il ricambio della classe dirigente della destra, magari con gente che non usi il codice penale come carta igienica (o almeno, non tutti i giorni), perché Berlusconi non potrebbe usare le sue tv per battere i fantasmi sperando che prima o poi venga meno la maggioranza come fece dal 2006. Anzi le televisioni sarebbero neppure un problema: se la sinistra riuscisse in breve tempo ad approvare una vera legge sul conflitto d’interessi come quelle che ci sono nei Paesi civili, e se imponesse finalmente la delottizzazione della RAI e la liberalizzazione del mercato televisivo (ma soprattutto di quello pubblicitario), Berlusconi sarebbe costretto o a farsi da parte o a combattere ad armi pari, e non più con il suo servile arsenale mediatico. Sarebbe una sua libera scelta tipica di un Paese democratico (avete presente il sindaco di New York?).

Poi però penso a Violante che si vantava in Parlamento di avere protetto Berlusconi, le sue tv e il suo conflitto d’interessi; penso a Violante che frignava perché Berlusconi non lo aveva ringraziato; penso a Violante che non è stato ancora rimandato a calci in Etiopia a coltivare i sassi.

Poi penso a tutti gli altri, e mi sembra che questa strada sia preclusa: a sinistra si guarda al 2013 come se non dovesse arrivare mai. La sinistra italiana non pare voler essere inglese: il partito laburista avrà un nuovo leader-candidato premier a settembre, e quindi sarà pronto a correre per il governo non appena sarà possibile, e comunque sarà solido, compatto (in quanto unico) nel fare opposizione. In Italia, invece, abbiamo solo leader di partito inesistenti (il PD sono mesi che non è pervenuto, Bersani è andato negli USA e manco me ne sono accorto) o in conflitto incomprensibile (a mero titolo d’esempio, Di Pietro attacca Vendola solo perché si candida come candidato premier… mah). Nel momento più delicato per un governo debole… loro si ammazzano a vicenda come dei capponi.

Che si aspetta per dare alla sinistra un leader che possa preparare un programma condiviso dalle opposizioni (non UDC, chiaramente) ed essere pronto ad ogni evenienza? L’Italia non è l’America: non è mica detto che la legislatura duri cinque anni. Anzi, se Berlusconi decide di far saltare il tavolo in primavera perché si è rotto di fini, bisognerà eleggere un leader e formare un programma condiviso in tempi strettissimi e nella confusione totale. E perderebbe tranquillamente, perché con il tavolo, per Berlusconi, salterebbero pure le regole, poiché le prossime elezioni saranno tutto o niente, il potere assoluto o la disfatta totale, una posta in gioco troppo alta per un tipo che le regole non le ha mai rispettate neanche al Monopoli.

La cosa peggiore del vivere in un incubo è non sapere quando e neppure se ti sveglierai.

Exit mobile version