La Giunta per le Autorizzazioni della Camera ha salvato dall’arresto Nicola Cosentino, casalese accusato da un manipolo di pentiti di essere il referente politico di clan camorristici (va poi detto che è sposato con la figlia di un boss).
Cosentino, va ricordato, oltre ad essere deputato della Repubblica, è anche sottosegretario all’economia e presiede il CIPE, il comitato che distribuisce soldi. Dunque la sua presenza in Parlamento e nel governo è quantomeno inopportuna.
Il Parlamento, in teoria, può respingere la richiesta di arresto in due casi: nel primo, deve trattarsi di opinioni e fatti espressi nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari, ma non mi pare il caso, a meno che fare il camorrista non sia diventato funzione parlamentare; nel secondo, ci sono chiari segni di persecuzione politica da parte dei magistrati, ma la cosa è leggermente assurda, visto che la richiesta di arresto non è campata in aria (ci sono molti indizi contro Cosentino).
Ne esce fuori che il Parlamento ha respinto, come al solito, una richiesta d’arresto per un terzo motivo, ovvero per dichiarare l’innocenza dell’imputato, ovvero entrando nel merito della questione. Peccato però che la Camera abbia un compito legislativo e non giudiziario, che non spetta ad essa giudicare dell’innocenza delle persone.
Ci ritroviamo, come al solito, all’infangamento della Costituzione. Il Parlamento che ruba la funzione giudiziaria alla magistratura. Se pensate anche che il Governo ha rubato la funzione legislativa al Parlamento, beh, capirete che qui la separazione dei poteri è leggermente inesistente.