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Wikipedia, Wikimedia Italia e la causa da venti milioni

Se qualcuno se l’è presa per gli articoli scritti da la Repubblica e da l’Unità, ha preferito volare basso chiedendo solo un paio di milioni.

Giampaolo e Antonio Angelucci (recentemente coinvolti nella Sanitopoli abruzzese e vari altri scandali, Angelucci figlio è finito anche agli arresti domiciliari, revocati poco tempo dopo) han fatto causa (ovviamente civile, perché farla penale e perderla significa suicidarsi, mentre una causa civile, alla meglio, può impiegare decenni per giungere a sentenza) a Wikimedia Italia per venti (20, due zero) milioni di euro per qualcosa che è stato scritto su Wikipedia. Qualcosa che, detto fra noi, non è neanche offensivo, ma vabbé, magari sono io un insensibile. Evidentemente qualcuno ha i nervi a fior di pelle (o non vuole pagare gli avvocati per non fare nulla, chissà).

Fatto sta che Wikimedia Italia non c’entra niente con Wikipedia, si limita a promuovere il marchio e basta: è come se un giorno comprassi della Nutella avariata e invece di fare causa alla Ferrero facessi causa a Mediaset che ne ha trasmesso la pubblicità.

Se proprio gli Angelucci volevano far causa a qualche pezzo grosso, dovevano farla a Wikimedia Foundation, che gestisce materialmente Wikipedia (e gli altri progetti). Ma non l’hanno fatto, perché WMF (e quindi il foro competente, San Francisco) ha sede in Paese leggermente più civile di noi (e, a parte la temerarietà della causa, WMF ci mette solo i server, l’elettricità, qualche tecnico che ogni tanto avvita qualche bullone, ma che non scrive sull’enciclopedia in quanto tale).

Oppure (in realtà l’unica via sensata) potevano far causa alla persona che materialmente ha inserito le informazioni ritenute offensive (in questo caso una denuncia contro ignoti, richiesta dei log a WMF, abbinamento dell’indirizzo IP alla persona fisica e infine individuare, eventualmente, la persona che all’interno del nucleo familiare ha modificato la voce in oggetto).  Ma anche in questo caso, probabilmente, si sarebbe finito in un nulla di fatto, senza dimenticare che un accanimento contro un singolo sarebbe stato controproducente.

Quindi gli Angelucci hanno ben deciso di tirare in ballo un’associazione (in particolare il suo presidente, non avendo WMI personalità giuridica), in un’azione che definire temeraria, a mio avviso, è dire poco: in questo modo da un lato risolvi il problema della giurisdizione (perché solo in Italia fra i Paesi occidentali si può provare una cosa del genere), dall’altro il problema dell’immagine (perché non te la prendi con un povero tapino, ma con un’associazione, poi magari sarà l’associazione a fare la parte del cattivo e a tirare in ballo il poveraccio di cui sopra).

Nel mezzo c’è una questione culturale: non si è capito come funziona Wikipedia e il web in particolare (e quindi si spera che il giudice chiamato sia in grado di comprendere la differenza fra Mediaset e Ferrero, fra quelli che fanno pubblicità e quelli che producono il prodotto avariato, fra WMI e WMF/utente). Ma soprattutto il motivo per il quale l’Italia è 73ma nella classifica della libertà di stampa insieme alle isole Tonga, unico Paese dell’Europa unita ad essere parzialmente libero, in particolare proprio per cause come questa, con cifre stratosferiche in gioco per ridurre a più miti consigli chi osa scrivere qualcosa di sgradito (anche se vero, provato e riprovato). Perché lo sappiamo tutti: anche vincendo la causa, gli Angelucci difficilmente vedranno i venti milioni di euro richiesti.

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