Ieri Giorgio Napolitano ha promulgato il pacchetto sicurezza, con tutto il reato di immigrazione clandestina, di ronde e lotta alla criminalità organizzata. Nel promulgarla, però, ha allegato, contro ogni prassi costituzionale, una lettera in cui spiega che alcune delle norme scatenano in lui perplessità e preoccupazione, in altre parole sono in odore di incostituzionalità.
Il Capo dello Stato non può promulgare leggi incostituzionali. Secondo il ministro della Giustizia Angelino Alfano, sono prevalse le ragioni del promulgazione sulle perplessità. Questo è un concetto pesantemente pericoloso: questo governo ci ha abituato a leggi contenenti norme piuttosto eterogenee, alcune condivisibili (come quelle sul contrasto alla criminalità organizzata) insieme ad altre, vere e proprie porcate (ronde e clandestini).
La lettera di Napolitano (anch’essa poco costituzionale) non lo salva: se quelle norme saranno giudicate incostituzionali (e con buona probabilità lo sono) si sarà reso complice del governo. Non è difficile immaginare provvedimenti futuri che conterranno norme condivisibili insieme ad altre norme porcate, che il Capo dello Stato, diligentemente, provvederà a firmare.
La prassi da attuare era un’altra: respingere la legge e nel messaggio motivato alle Camere invitare all’emanazione di un decreto legge che attui immediatamente le norme condivise (come la lotta alla criminalità organizzata), per poi riapprovare il tutto.
Vi ricorda qualcosa? Ma sì, la vicenda del decreto salva-Rete 4: Carlo Azeglio Ciampi respinse la legge Gasparri perché aveva perplessità su alcuni punti della legge. Per tutta risposta, il governo di Silvio Berlusconi emanò un decreto (il salva-Rete 4 appunto) per salvare la sua rete, per poi provvedere a riapprovare la legge porcata di Maurizio Gasparri.
Ma si sa: salvare una rete del capo è un’urgenza, combattere la mafia non lo è.