Dopo l’intervento di Marco Travaglio (che ripropongo nel video sopra perché è davvero spettacolare), Maurizio Lupi lo ha attaccato, facendo intendere che lui (Travaglio) non fosse abilitato a parlare di politici corrotti e di giustizia perché pure lui era stato condannato.
Ci sono un paio di problemi di non poco conto, in questa teoria.
Marco Travaglio ha subito tanti processi. Il reato contestato a Travaglio è sempre diffamazione a mezzo stampa (un reato tipico per i giornalisti d’inchiesta – e a mio parere anacronistico); i reati contestati a molti politici criminali comprendono tre quarti del codice penale (mancherà il genocidio, ma ci stiamo lavorando); Travaglio è stato condannato una volta perché scrisse che Cesare Previti sarebbe stato futuro cliente di procure e tribunali (azzeccando la previsione). Per il resto, Travaglio poi è stato sempre assolto, a differenza degli altri che sono scesi in campo e si sono fatti le leggi ad personam, gli indulti, qualcuno si è sottratto alla legge con una legge, ma tutti sono andati in Parlamento per usufruire del comodo scudo spaziale in dotazione. A carico di Travaglio ci sono ancora tre processi in corso per diffamazione, ma Travaglio non si è rifugiato in Parlamento, non ha attaccato i giudici che ce l’hanno con lui e cose così.
In secondo luogo, Travaglio è un giornalista privato. Non maneggia soldi pubblici. È pagato da un editore, non dai cittadini italiani (Annozero si mantiene con la pubblicità, per la cronaca). Quindi, se proprio ruba a qualcuno, ruba al suo editore quando questi paga per i suoi errori. E sono fatti loro, fatti privati.
Quando invece un politico corrompe o si fa corrompere, cambia le leggi per salvarsi dalla galera (salvando altri criminali comuni, che ad esempio approfittano della prescrizione abbreviata o dell’indulto), si associa con mafiosi, eccetera, quel politico ruba e danneggia tutti i cittadini italiani. Quindi sono fatti miei, tuoi (qualunque sia il tuo colore politico), di Travaglio, e lo sarebbero pure di Lupi, se non fosse troppo occupato a difendere a oltranza i parlamentari corrotti, spesso e volentieri suoi colleghi di partito.