Oggi e nei giorni scorsi abbiamo visto le solite polemiche sul 25 aprile, con dichiarazioni da parte di molti leader politici. Ma in molte di quelle dichiarazioni, a parte quelle di Giorgio Napolitano (lui c’era), è sempre mancato qualcosa: il richiamo all’antifascismo quale valore fondante della Repubblica italiana, nata proprio dalla demolizione di quel regime.
Fino a ieri, stando alle cose che abbiamo sentito in televisione, il 25 aprile era una festa comunista, dunque a destra i cosiddetti (falsi) “liberali” non partecipavano alle celebrazioni per non fare un favore al comunismo, ad anni di distanza dalla caduta del muro di Berlino. I destrorsi hanno sempre tentato di polarizzare questa festa, dimenticando volutamente i partigiani cattolici, liberali, repubblicani e tutti i non comunisti che parteciparono alla liberazione dal fascismo, all’insurrezione che il 25 aprile 1945 liberò Milano e Torino dai nazifascisti. Revisionando la storia hanno impoverito questa ricorrenza, le hanno tolto il significato, il motivo che richiamava all’unione di tutti gli italiani. È una festa comunista, lasciatela perdere. E così ha fatto Silvio Berlusconi (ci sono le prove provate).
Oggi qualcosa è cambiato. In peggio. L’opera di polarizzazione del 25 aprile attuata negli ultimi quindici anni è conclusa: oggi non serve più dire la parola “comunismo”, i comunisti sono, per la prima volta nella storia, fuori dal Parlamento italiano. I reazionari oggi hanno l’opportunità di riscrivere il significato del 25 aprile, perché molti italiani, dopo aver capito che il 25 aprile è una festa comunista dunque da non ricordare, vogliono sapere perché continua ad esserci quel giorno, sul finire di aprile, in cui non si va a lavorare.
Molti nel centrodestra hanno parlato del 25 aprile come “giorno di unità per tutto il Paese“, e basta: l’antifascismo bisogna cercarlo con la lente d’ingrandimento. Può sembrare una cosa da nulla, ma è tutto, perché, declassandola a mera festa nazionale, si toglie l’anima stessa al 25 aprile, tanto che oggi i soliti imbecilli, fra cui rammentiamo Silvio Berlusconi per ovvi motivi, escono fuori parlando di equiparare repubblichini (fascisti) e partigiani. Dimenticando che chi combatteva per la libertà tanto amata dal buffone prescritto di Arcore erano i partigiani (comunisti e non), non certo i repubblichini, che volevano e instaurarono un nord Italia quale succursale della Germania nazista, che certo liberale non era.
Ecco dunque che, a poco a poco, la festa del 25 aprile è diventata una festicciuola tanto per fare passerella in tv, un generico richiamo all’unità, ma l’unità intorno a che cosa, non viene detto. Ecco che il 25 aprile ha cessato di essere il giorno in cui si celebra la liberazione da un regime corrotto, violento (nelle parole e nei fatti), razzista, irrazionale, votato al culto di una sola persona.
Non so voi, ma a me ricorda qualcosa.
Nel lungo periodo possiamo dire che Palmiro Togliatti (comunista) sbagliò di brutto con quell’amnistia: all’Italia serviva un processo di Norimberga.
Il 25 aprile 1945 ci siamo liberati dal fascismo. Ma a sessantaquattro anni di distanza non ci siamo ancora liberati dai fascisti. Non dobbiamo dimenticarlo.