Voi tutti avrete sentito dire che a Milano si terrà l’esposizione universale (Expo) fra qualche anno. E sapete pure che c’è una bella banda di palazzinari (Impregilo in testa) che si frega le mani pensando agli edifici che dovranno essere costruiti in centro Milano (e secondo me inutili), fra i quali il bellissimo grattacielo-banana (si nota il sarcasmo?). Ora ascoltate questa meravigliosa storia, per farvi capire come sia fangoso il dietro le quinte della politica e dell’economia italiana, visto che in tv non lo raccontano, mentre i quotidiani, come la Repubblica, lo ficcano in pagine che il lettore medio non legge mai.
Dunque ci sono questi palazzinari che, ovviamente, prima di costruire i grattacieli, li vogliono vendere. Sono andati quindi alla ricerca di acquirenti, come banche e assicurazioni; ad esempio Unicredit, che doveva addirittura trasferirsi armi e bagagli nei nuovi edifici e nel grattacielo banana. Poi è arrivata lo scoppio della bolla delle case, la crisi finanziaria e quella economica. E queste banche e assicurazioni si sono tirate indietro. Terrore fra i palazzinari: e ora che si fa? Non possono certo investire rischiando, non sono mica imprenditori! E kaboom, rischia di saltare un grande affare per i palazzinari (grattacieli in centro Milano), oltre che l’Expo, pedina del grandioso disegno di rilancio del governo Berlusconi (se, come no).
Qui entra in gioco una banca, la Banca Popolare di Milano, un istituto tutto sommato piccolo rispetto ai colossi, ma dalle grandi potenzialità, che non riesce ad accasarsi (da qualche anno, infatti, le banche italiane si stanno fondendo in grandi gruppi, tuttavia BPM è rimasta sola). La banca, grazie alla gestione dell’attuale presidente, Roberto Mazzotta, è riuscita a costruire un buon patrimonio, che verrà rafforzato con i Tremonti Bond. Un bocconcino succulento, considerando che sta vivendo un periodo difficile a causa di problemi di politica interna: già nel 2007 la Banca d’Italia è intervenuta perché la governance della banca faceva acqua.
Intanto Mazzotta aveva tentato qualcosa che non era ben visto dall’ambiente: la fusione con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, fusione che avrebbe scombinato gli equilibri di potere interno. In altre parole, infatti, i sindacati hanno boicottato l’operazione, perché avrebbe comportato un ridimensionamento del loro potere.
All’interno di BPM, infatti, i quattromila (o seimila) dipendenti hanno un grande peso (BPM è una cooperativa), e dunque i sindacati chiedono sempre maggiori poteri. All’assemblea che si terrà sabato i sindacati hanno presentato un loro uomo, Massimo Ponzellini, quale candidato presidente contro Mazzotta. È una battaglia senza esclusione di colpi, che i due stanno combattendo anche sul web.
Come si è arrivati a scegliere Ponzellini? Qui entra in gioco Cesare Geronzi, attuale presidente di Mediobanca e condannato e indagato per bancarotta e frode, uomo che, in forza di questo grande curriculum, gioca un ruolo eccezionale nella finanza italiana. All’interno di Mediobanca, però, non comanda solo lui: c’è anche gran parte dell’imprenditoria italiana, fra i quali i palazzinari dell’Expo, e ovviamente Impregilo.
Ma perché sottolineo il ruolo di Impregilo? Eccoci arrivati al punto: Ponzellini è presidente di Impregilo e non sogna neanche di dimettersi da quel ruolo, pur essendo palese il conflitto di interessi che nascerebbe nel caso diventasse presidente di BPM.
Il piano è dunque chiaro: Geronzi vuole la succosa banca definitivamente nella sua orbita, i palazzinari vogliono una banca che prenda il posto di Unicredit e delle altre che hanno dato forfait nell’affare Expo. Parliamo di dieci miliardi di euro che la banca travaserebbe nei cestini della merenda dei palazzinari senza nulla in cambio, se non, ovviamente, concessioni ai sindacati. Grazie alla sua solidità finanziaria, infatti, BPM rischirebbe al massimo perdite per 2 miliardi, dunque è un pezzo sacrificabile.
Problema: la Consob, su pressione di Bankitalia, si è ovviamente incazzata, perché in BPM non si capisce una mazza. Da come si muovono alcuni centri d’interesse sembra che vi sia un patto di sindacato non dichiarato, e, se questo dovesse essere accertato, si arriverebbe al congelamento del diritto di voto, scombinando i piani della conquista di BPM.
Per arrivare alla conclusione favorevole a Geronzi e compagni di merende serve dunque la benedizione di Roma, ovvero del governo. Ma anche questa non mancherà di arrivare: Tremonti ha già dato l’approvazione per Ponzellini il 3 aprile scorso, ed è interesse del governo che l’Expo vada a gonfie vele, almeno dal lato affaristico.
Mazzotta, che ha fatto sinora un buon lavoro, rischia tuttavia di andare a casa per speculazioni che interessano politica, affari e sindacati, in un miscuglio che rappresenta la parte peggiore dell’economia parassita italiana (quella di CAI, insomma, che sono gli stessi furbetti del quartierino che stanno tessendo questo affare tutto italiano).