Settimo appuntamento con le pillole. Le altre sei le trovate qui.
Moro Presidente del Consiglio. Nel dicembre 1963 Aldo Moro forma il suo primo governo, che ricomprende, oltre alla Democrazia Cristiana (DC), il Partito Socialista Italiano (PSI), il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) e il Partito Repubblicano Italiano (PRI). La formazione del quadripartito non è però indolore, e frange sia della DC che del PSI si dichiarano, in vari modi, contrari. In particolare emergono all’interno della DC varie correnti, fra le quali emerge quella che fa capo a Giulio Andreotti, che come ministro o premier, comincia ad essere sempre presente nella politica italiana, e ci rimarrà per diversi decenni.
Il 1964, la fine del boom. Il 1964 si preannuncia come un anno difficile: il boom economico è ormai un ricordo, e si avvertono i primi segni della crisi, e il quadripartito ha bisogno di essere compatto per affrontarla. La DC emargina Scelba, che come abbiamo detto la settimana scorsa, sparirà dalla faccia politica italiana. Il PSI espelle i senatori che non hanno votato la fiducia a Moro, e lo stesso farà anche il PRI. L’economia italiana vive però un momento di profonda mancanza di liquidità, il costo del denaro schizza alle stelle e gli investimenti ne risentono. Alcune manovre prese dal governo, poi, si riveleranno dei veri e propri suicidi, visto che molti capitali prenderanno la strada di Paesi stranieri. La linea dell’austerità viene però appoggiata dagli organismi internazionali, che prestano altro denaro all’Italia; fra gli organismi internazionali c’è anche la giovanissima Comunità Europea che, allora come oggi, incoraggerà l’Italia a contenere la spesa. Verrebbe da dire che certe cose non cambiano mai.
Dipendenti dall’estero (per sempre?). Ma la parte più vulnerabile era senza dubbio il lato della domanda interna. Le imprese italiane, infatti, come abbiamo visto una decina di anni fa, avevano approfittato del basso costo del lavoro per produrre per l’estero, ma non per gli italiani. Tuttavia il boom economico aveva messo nelle mani della gente un mucchio di denaro, e questo attirò gli investitori esteri: anche in Italia c’era stato un certo sviluppo della televisione, e con esso della pubblicità. Avete presente l’americanissimo detersivo per lavatrici Dash? Viene introdotto in Italia in questi anni, poiché di prodotti analoghi made in Italy non ce ne sono (pensate, abbiamo le lavatrici ma non i detersivi!). Dopo il Dash, toccherà al tedesco Dixan. E sono solo degli esempi. Ma mentre gli stranieri entravano in Italia, le imprese italiane entrarono in sofferenza a causa della crisi e non poterono riversare i propri prodotti sul mercato interno, che ormai era dominato dalle imprese straniere. Economisti e politici sembravano non essersi accorti di questa colonizzazione economica. La necessità, però, aguzzerà l’ingegno e inizia a diventare fertile il terreno per le piccole e medie imprese, che rimarranno fino ai giorni nostri un’importante porzione dell’economia italiana, ma sempre con un forte handicap: la dipendenza dall’estero.
Cade Moro, si sfiora il caos. La situazione è molto tesa, non solo in economia, ma pure in politica: a giugno il governo Moro viene sfiduciato per soli sette voti, e il presidente si dimette. Comincia a prendere forma uno dei misteri della Prima Repubblica. Nel giugno 1964 Roma assisteva ad uno strano spiegamento di forze, ufficialmente per ragioni logistiche (il 2 giugno, festa della Repubblica, si teneva la parata militare), ma anche nelle altre città i militari si stavano muovendo (la cittadinanza, tuttavia, era distratta dai campionati europei di calcio). Che stava succedendo? Nel Paese stava diffondendosi un certo malcontento, specialmente in riferimento alla presenza dei socialisti nel governo, che stavano proponendo riforme un po’ troppo radicali. È una cosa che non va giù a molti, a cominciare dal presidente della Repubblica Antonio Segni (eletto con i voti della destra). E infatti, verso la fine del mese, Moro viene sfiduciato, mentre i centristi intimavano ai socialisti di uscire dalle giunte delle città che governavano insieme al PCI. Intanto ricominciano le consultazioni per la formazione di un nuovo governo, e fra le persone che Segni decide di consultare vi è anche Giovanni de Lorenzo, all’epoca Comandante dei Carabinieri, per sapere se delle elezioni anticipate avrebbero potuto turbare l’ordine pubblico.La decisione di Segni di interpellare i vertici militari non fu ritenuta all’interno della prassi, e si credeva che ci fosse qualcosa sotto.
Il Piano Solo, i poteri occulti entrano nella politica italiana. Nel 1967 L’Espresso svelerà l’esistenza del Piano Solo, ovvero un colpo di Stato che avrebbe portato al Governo dei tecnici sostenuti dai militari, in particolare dai Carabinieri, con l’appoggio del Presidente della Repubblica. Questo piano (come altri che verranno alla luce in futuro) prendevano le mosse dalla paura che in Italia potesse esservi una rivoluzione comunista, e cominciarono a proliferare delle organizzazioni segrete che si sarebbero dovute attivare nei momenti in cui il pericolo “rosso” fosse divenuto allarmante. Queste organizzazioni aumenteranno gradualmente il proprio potere, grazie a questa “scusa”, e, come si vedrà, un ruolo fondamentale comincerà ad averlo la Massoneria (anche De Lorenzo era un massone).
La stabilità richiede passi indietro: il mistero dell’ictus di Segni. Il golpe De Lorenzo, tuttavia, non fu mai attuato: nelle forze armate, infatti, vi erano anche ex partigiani (e anche comunisti), e ogni tentativo di prendere il potere con la forza, specialmente se a scapito delle sinistre, avrebbe rischiato di scatenare una guerra civile. Pietro Nenni, segretario del PSI, decise di raffreddare le proprie pretese, favorendo il ritorno di Moro a Palazzo Chigi con la stessa maggioranza che lo aveva supportato nei mesi precedenti. Nel successivo mese di agosto, durante un’animata discussione con Moro e Saragat (i cui contenuti non sono chiari), il presidente Segni ebbe un ictus((Giusto per la cronaca, pochi giorni dopo anche il segretario PCI Palmiro Togliatti verrà colpito da ictus, ma non sopravviverà)), e si decise di passare le funzioni di Capo dello Stato al Presidente del Senato Cesare Merzagora, in attesa di novità sul suo stato di salute.
Il Moro II, più centro che sinistra. Aldo Moro, intanto, è ritornato al governo: tutti gli estremisti, sia nella DC che nel PSI, vengono tenuti ben lontani dal governo, per evitare derive definite “bolsceviche”. E infatti a settembre il programma riformista del centrosinistra viene bloccato dalla DC: niente riforma urbanistica, niente attuazione delle Regioni, niente nazionalizzazioni. E questo, se soddisfa gran parte della DC, crea grossi malumori sia in casa socialista che in casa democristiana.
Segni si dimette, nella confusione totale emerge Saragat. A dicembre Segni decide di dimettersi e le Camere vengono chiamate ad esprimere un nuovo presidente della Repubblica. Fra i papabili c’è Amintore Fanfani, ma Moro decide di tenerlo lontano dall’incarico per non rischiare di perdere nuovamente il controllo della situazione come nell’estate precedente. Alla fine Fanfani decise di ritirarsi. Il 29 dicembre 1964, al ventunesimo scrutinio, venne eletto Giuseppe Saragat, del PSDI, con i voti decisivi di socialisti e comunisti. Fu un’elezione molto travagliata, segno che per l’Italia si apre una stagione molto delicata.