La scorsa settimana ci siamo fermati un attimo prima delle elezioni del 1953. Oggi andremo avanti sino alle successive elezioni del 1958, passando per anni caratterizzati da una forte instabilità politica. Per chi si fosse perso le puntate precedenti, può ricominciare da capo seguendo l’indice degli argomenti.
La “legge-truffa” e la fine di De Gasperi. Come abbiamo avuto modo di vedere la settimana scorsa, la politica economica del governo De Gasperi, che si muoveva secondo direttive incerte, non aveva portato a un miglioramento delle condizioni economiche degli italiani e si era alienato l’appoggio di parte della popolazione italiana. Questo aveva portato ad una erosione del consenso nei confronti dei partiti al governo, che quindi decisero di approvare una nuova legge elettorale per assicurare la stabilità dei governi nel corso delle elezioni del 1953. La legge che ne risultò fu fortemente maggioritaria, poiché prevedeva un premio di maggioranza per il partito o la coalizione di partiti che avessero superato il 50% + 1 dei voti, che avrebbe ricevuto il 65% dei seggi. Questa legge, bollata dalle opposizioni “legge-truffa“, fu al centro della campagna elettorale, e riuscì a premiare le opposizioni. L’elettorato punì la Democrazia Cristiana (DC) e gli altri partiti della coalizione di governo, che non riuscirono a raggiungere la metà dei voti per una manciata di preferenze. Al contrario le opposizioni riuscirono ad imporsi, con il Partito Comunista Italiano (PCI) che raggiunse il 22,6% dei voti. Questa sconfitta segnò la fine di De Gasperi che si ritirò dalla vita politica (morirà nel 1954). La politica italiana doveva ora ritrovare un nuovo equilibrio, ma la ricerca non sarà facile: le acque della politica italiana erano fortemente agitate, considerando ad esempio il caso dell’omicidio di Wilma Montesi, che coinvolse vari esponenti della politica italiana, in particolare la DC, che vide uno dei possibili candidati alla successione alla segreteria, Attilio Piccioni, decisamente compromesso, aprendo la strada alla segreteria per un esponente della sinistra DC, Amintore Fanfani, amico di Giuseppe Dossetti, di cui avrebbe raccolto l’eredità quando nel 1956 questi si sarebbe fatto monaco.
Il governo tecnico di Pella. Dopo una breve parentesi di governo, infatti, De Gasperi lascia. Il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, incarica nell’agosto 1953 un suo ex allievo, Giuseppe Pella, di formare un nuovo governo, che però sarebbe dovuto essere tecnico, ovvero valido solo per l’approvazione della legge di bilancio. Pella, però, dovette affrontare anche una crisi sul lato orientale: il dittatore iugoslavo Tito, infatti, minacciava di impedire il ritorno di Trieste in Italia, e per questo Pella decise di inviare l’esercito. La crisi però si risolse pacificamente, grazie a forti sforzi diplomatici e nel 1954, quando Tito perderà l’appoggio dell’Unione Sovietica, la questione triestina potrà dirsi quasi conclusa (la fine definitiva arriverà nel 1975).
I governi Fanfani I e Scelba. Terminato il suo compito, Pella si dimette, e l’incarico di formare un nuovo governo viene affidato a Fanfani. La maggioranza, però, è ancora troppo debole, e anche Fanfani cade dopo 21 giorni. L’incarico di formare il governo viene quindi affidato a Mario Scelba, grazie all’appoggio della corrente vicina alla CISL. L’equilibrio, però, era ancora lontano dall’essere trovato: nel 1955, infatti, il gruppo parlamentare della DC si ribella al suo segretario Fanfani, eleggendo come presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, con una certa sorpresa (essendo presidente della Camera diresse lo scrutinio che lo avrebbe poi visto eletto). L’instabilità politica fece cadere anche Scelba, che fu sostituito come capo del governo da Antonio Segni, esponente dell’ala DC (chiamata “Concertazione”), che si era ribellato a Fanfani: con Segni vi furono alcune riforme sociali e l’ingresso dell’Italia nella Comunità Economica Europea (CEE), ma la situazione politica non si sbloccò. Concertazione si sciolse, nel 1956 il congresso DC ridiede vigore a Fanfani e anche Segni deve dimettersi nel 1957. Gronchi assegnò quindi l’incarico di formare un governo ad Adone Zoli, costretto a far entrare nella coalizione di governo anche il Movimento Sociale Italiano (gli eredi dei fascisti), vista la riluttanza, della Chiesa in particolare, di trattare con le sinistre. Il governo Zoli rimase in carica, come governo tecnico, fino alle elezioni del 1958.
Le elezioni del 1958: la DC non può governare da sola. Le elezioni politiche del 1958 furono sostanzialmente la fotocopia del 1953. Si rischiava, insomma, di rivedere lo scenario degli ultimi cinque anni, ovvero un sostanziale blocco della politica italiana dovuta all’instabilità dei governi, dovuta, a sua volta, dalle spaccature interne della DC. Era quindi inevitabile per la DC cercare degli alleati. L’attenzione si spostò inevitabilmente verso l’ala moderata della sinistra, grazie soprattutto a due fatti che sparigliarono le carte in tavola: la sanguinosa repressione della rivoluzione ungherese del 1956 da parte dell’Unione Sovietica (affrontata in modo diverso dalle sinistre) e la morte di papa Pio XII, feroce oppositore di ogni rapporto con le sinistre. Ma l’apertura a sinistra non sarà facile, e ancora una volta l’Italia dovrà vivere pericolosi momenti di instabilità, non solo politica, ma anche sociale, prima di aprire una nuova stagione politica.
Ma di questo (e del miracolo economico) parleremo sabato prossimo. 😀