Torna il segno meno sulle principali borse mondiali nella settimana conclusasi venerdì: gli indici sono ritornati sui minimi di aprile, e sembrano bene impostati a scendere al di sotto di tale livello, anche se molte sono le notizie da digerire, specialmente per quanto riguarda il weekend.
Tre elezioni hanno infatti segnato il panorama europeo, lasciando intuire che nei prossimi mesi parecchie cose sono destinate a cambiare: la vittoria di Hollande in Francia e la sconfitta della Merkel nello Schleswig-Holstein indeboliscono fortemente il legame fra Parigi e Berlino che aveva dominato la politica europea fino a ieri. L’esito di questo mutamento di equilibri sarà fondamentale per i destini dell’Europa: ormai da molto tempo gli analisti non fanno che far notare che l’attuale politica economica europea, imposta dalla coppia Merkozy, non ha risolto nulla né potrà risolvere nulla, poiché si basa su politiche estremamente procicliche, ovvero che aggiungono recessione a recessione.
La terza elezione è stata quella greca, (per ora) ultimo Paese ad essere stato “salvato” dall’Europa: il risultato di questa elezione è stato quello tipico di un Paese sull’orlo del collasso, ovvero elevata frammentazione. I due partiti maggiori, ovvero quelli che hanno “firmato” l’austerity che ha permesso lo stacco degli assegni che hanno tenuto a galla Atene, infatti, si ritroveranno costretti a basare il proprio governo di grande coalizione su una maggioranza risicatissima, ed esposta alle spinte centrifughe di partiti che invece hanno avversato le misure proposte dall’Unione Europea per salvare il Paese. Se il governo di coalizione dovesse fallire, la situazione sembra essere destinata ad aggravarsi, e in quel caso l’uscita dall’euro della Grecia non sarà più così improbabile, con conseguenze (per la Grecia e per l’Eurozona) gravi per non dire catastrofiche.
Dall’altro lato dell’Atlantico, il dato più interessante è stato quello del mercato del lavoro statunitense, che segnala, ancora una volta, che per molti americani l’economia non si sta riprendendo, a prescindere dalle statistiche: se infatti il tasso di disoccupazione è calato, è grazie all’aumentato numero di scoraggiati, ovvero di coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano neanche più, e che dunque non rientrano più nelle statistiche. Non si crea molto lavoro negli USA, e senza lavoro non può esserci che una ripresa economica molto fragile.
La prossima settimana, a parte l’indigestione di risultati elettorali appena citati, dovrebbe risultare abbastanza tranquilla dal punto di vista dei dati macroeconomici. Il lunedì va segnalato soltanto il dato sugli ordini agli industria in Germania, che per gli analisti dovrebbe segnalare un lieve miglioramento. Discorso simile per martedì, quando verrà rilasciato anche il dato tedesco sulla produzione industriale, che dovrebbe tornare in positivo rispetto all’ultimo rilevamento, mentre mercoledì conosceremo lo stato della bilancia commerciale di alcuni Paesi europei, fra cui Germania e Francia.
Maggiore movimento a partire da giovedì: in mattinata conosceremo la produzione industriale italiana, prevista ancora negativa, e quelle francesi e inglesi. Rimanendo oltre Manica, giovedì la Banca d’Inghilterra renderà note le proprie decisioni circa i tassi di interesse. Nel pomeriggio gli USA rilasceranno i consueti jobless claims (previsti sui medesimi livelli della settimana passata, a 366mila unità di nuovi richiedenti un sussidio), e il dato sulla bilancia commerciale.
Venerdì sarà importantissimo guardare verso Pechino, visti i molti dati che verranno rilasciati nella notte europea, ovvero i prezzi al consumo e alla produzione, le vendite al dettaglio e alla produzione industriale. Negli USA, invece, conosceremo il livello dei prezzi alla produzione e quello della fiducia dei consumatori.