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Berlusconiani in deterioramento cognitivo [effetto Monti, riassunto]

Di nuovo sull’effetto Monti, perché, nonostante lo scriva da mesi, qualcuno, specie fra i troll berlusconiani, finge di non capire oppure non capisce proprio, la differenza fra effetto Monti e tutto il resto.

L’effetto Monti è semplicemente un effetto di credibilità, un calo stabile (ma non definitivo) degli spread che lo tiene lontano dai massimi berlusconiani, pari a 580 (552 in chiusura). La sola presenza di Monti, tuttavia, non basta a riportare lo spread a 30, come quando c’era Prodi: servono pure riforme. Che non stanno arrivando.

Non si può dire che io stia mettendo le mani avanti: il 7 novembre, ben prima delle dimissioni di Berlusconi, scrivevo che se questi si fosse dimesso e avesse appoggiato il governo successivo, lo spread (e i rendimenti) sarebbe calato di 100 punti base al massimo, ovvero che, senza manovre e senza riforme, nel breve periodo Monti avrebbe portato lo spread a fluttuare fra i 530-500 e i 480-450 (ovvero fra i -50 e i -100 rispetto al massimo assoluto e alla massima chiusura). Il grafico a destra mostra evidenziati i livelli di 530 e 450, ma non si può non notare che, a parte l’escursione del 15 e 16 novembre (ricordate? Quando le trattative fra premier e partiti si dilungarono, i mercati ne hanno temuto il fallimento; il governo sarebbe stato presentato la sera del 16), da quando il governo Monti è in carica lo spread non ha mai chiuso sopra i 500. L’effetto Monti può essere ignorato solo da asini e troll, scegliete voi, anche entrambe.

Lo spread è poi sceso ben sotto la soglia di 450 in concomitanza dell’arrivo della manovra: questo non è effetto Monti, ma effetto Manovra. Poi il Parlamento ha annacquato, le caste barricato, i fessi bipartisan ragliato, e siamo tornati nella fascia “effetto Monti”. Non solo, ma più passeranno le settimane senza vere riforme, e più l’effetto Monti verrà eroso, perché man mano che passa il tempo le aspettative del miracolo salva-Italia svaniranno. E non lo dico da ieri: il 10 novembre c’è un articolo intitolato “Non dire gatto…”, mentre il 17 ricordavo che eravamo e siamo ancora nel bel mezzo della burrasca e il 30 aggiungevo che i miracoli potrebbe farli il Dalai Lama, mica Mario Monti.

C’è di nuovo che sono meno ottimista di prima, come avrete capito dagli articoli degli ultimi giorni, specie questo. Le brutte sorprese di cui parlavo in chiusura dell’articolo del 17 novembre sono arrivate: è necessario riformare le pensioni? Barricate. È necessario liberalizzare per eliminare rendite ingiuste? Barricate. È necessario riformare il mercato del lavoro per cancellare la schifezza Maroni e fare un ringiovanimento allo Statuto dei Lavoratori, assolutamente inadeguato al mondo moderno, ben diverso da quello degli anni Settanta? Barricate. Ad libitum, gattopardianamente.

Magari Monti vuole pure farle ‘ste cose, ma poi c’è un Parlamento non tecnico che deve votarle, ‘ste nuove leggi. E sono leggi impopolari nel breve periodo, ma che creeranno posti di lavoro, cali nei prezzi e maggiore ricchezza da distribuire.

Ma ci sono le elezioni nel breve periodo (siamo in eterna campagna elettorale dal 1993, dopotutto), per cui saluti e baci alla “Fase 2”, perché (l’ho già detto più volte, un governo politico non potrà fare tutto quello che serve, ma solo una parte, e solo se tutto va bene, cosa di cui dubito).

Intanto nel 2012 dovremo rimborsare una quantità monstre di debito pubblico a rendimenti che restano altissimi (al momento il 2 anni è al 5%, il 5 anni al 6%, il 10 anni a 6,66%, spread a 472), l’Europa continua la sua strada verso il 1929, mentre l’Italia si incammina sempre più verso la Grecia: i più forse non ricorderanno, ma stiamo seguendo quel copione. Ne riparleremo.

Per questa ragione, questa sarà l’ultima volta che torno sull’effetto Monti. La sua esistenza è più che dimostrata, e qui ci sono cose più importanti da analizzare. Chi ancora nega, si trovi un medico bravo.

Tutti gli articoli sull’effetto Monti, se volete, li trovate qui.

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