Qualcuno ha proposto il first-past-the-post, all’inglese, dove quello che prende un voto in più del secondo in classifica vince il posto, fosse pure il 2% (e gli altri 50 candidati si spartiscono l’inutile 98% dei voti). È un sistema odioso (come vedrete nel video fra poco) e che non va bene nella realtà italiana, dove i partiti sono molto lontani tra loro.
Il mio preferito è il voto alternativo. Si tratta di un uninominale (ovvero un sistema in cui da ogni collegio elettorale esce un solo deputato) che però permette ai piccoli partiti di emergere.
Il voto si esprime dando un ordine di preferenza: si scrive 1 per il candidato preferito, 2 per quello un po’ meno preferito e 3 per quello successivo. Finite le votazioni si mettono in classifica tutti i candidati in base agli 1 presi. Se nessuno prende più del 50% si elimina l’ultimo in classifica e si distribuiscono i suoi voti a chi viene dopo di lui (ovvero le schede in cui l’eliminato è il candidato preferito vengono assegnate al candidato indicato come 2 su tali schede). Si continua così finché ne rimane uno solo, il vincitore, con più del 50%.
La conseguenza di questo sistema di voto è importantissima: nel first-past-the-post un elettore, infatti, fra due o più partiti di una certa area (per esempio PD, IdV e SeL) potrebbe essere portato a votare per il PD poiché potrebbe ritenere che se votasse gli altri due partiti il suo voto andrebbe disperso, visto che gli altri due partiti sono più piccoli. Se però votasse uno degli altri due avrebbe timore che vinca il candidato del PdL magari per un solo voto, e pertanto si morderebbe le mani due volte. Qualcosa di simile potrebbe accadere con il maggioritario a doppio turno: non votando PD, l’elettore IdV o SeL potrebbe far andare al ballottaggio i candidati di PdL e Lega Nord.
Con il voto alternativo, invece, l’elettore può mettere 1 al candidato IdV, 2 al candidato SeL e 3 al candidato PD: se il candidato IdV viene eliminato, il suo voto viene trasferito al candidato SeL; se anche questo viene eliminato il voto passa al candidato PD (e se non vince manco lui, pazienza).
Ovviamente i partiti potrebbero aggregarsi in coalizioni (questo sistema incoraggia i partiti a farlo senza punire chi non vuole come accade nel first-past-the-post o nel proporzionale con sbarramento), per cui, ad esempio, un elettore potrebbe votare in primo luogo per Rifondazione Comunista e, se il candidato di RC viene eliminato, trasferire il suo voto alla coalizione PD-IdV-SeL (non è obbligatorio dare tutti e tre i voti, e si può anche decidere per votare un solo candidato con una X, salvo che il legislatore non decida il contrario, cosa che non mi piacerebbe).
Con questo sistema elettorale il candidato diventa molto importante: se candidi un impresentabile o una signorina che la sera ti fa massaggi speciali, è molto probabile che non prenda tante prime o seconde preferenze. Se invece un piccolo partito candida una persona molto popolare in quel collegio, è molto probabile che riesca a catalizzare su di sé molte prime e seconde preferenze: ad esempio un candidato centrista che per la sua storia personale piace anche a destra e/o a sinistra potrebbe pescare molte prime preferenze nelle altre aree partitiche e vincere, nonostante il suo partito abbia, che so, il 4% a livello nazionale e magari nessuna speranza di passare lo sbarramento.
Con questo sistema il maggioritario è salvo (poiché è richiesta la maggioranza dei voti per vincere), i piccoli partiti sono padroni del proprio destino, visto che non esiste sbarramento e tutto dipende dalla bontà dei loro candidati e, soprattutto, l’elettore sa chi sarà il suo rappresentante e quindi il responsabile da premiare o punire la volta successiva.
Penso di avere detto tutto, per cui vi lascio al video (in inglese e senza sottotitoli, ma molto chiaro anche solo guardando le immagini – e poi ve l’ho già spiegato io 😛 )