Ho peccato di ottimismo. Ho creduto che nonostante la manovra fosse brutta, non fosse pessima e che quindi i mercati l’avrebbero accettata con favore. Non è avvenuto: il meglio è stato tolto, il peggio è stato peggiorato, e i mercati se ne sono accorti, visto che lo spread fra BTP e Bund non è sceso sotto i 250, almeno (no, non c’è bisogno di attendere lunedì, i mercati erano aperti ieri e sono aperti oggi, e non ci saranno modifiche alla manovra nel mentre). Tolto il buonino, resta solo il cattivone.
La manovra prima di ieri attaccava i privilegi delle corporazioni che zavorrano la crescita del Paese. Oggi la manovra prevede che il governo chieda alle corporazioni “volete una riforma che vi tolga rendite e privilegi?” e le corporazioni ovviamente risponderanno di sì (AHAHAHAHAHAH!)
Le privatizzazioni scatteranno dal 2014. In fondo c’è un sacco di tempo, e noi abbiamo un sacco di parenti da sistemare.
C’erano dei tagli alla politica nella manovra di ieri. Oggi non ci sono più.
La manovra è fortemente regressiva, ovvero colpisce i poveri e salva i ricchi. I tagli alle detrazioni saranno uguali per tutti, quindi per i poveri, i non ancora poveri e i giovani saranno più pesanti; l’imposta di bollo è di per sé regressiva, oltre ad essere una patrimoniale detta con un altro nome; i ticket sanitari, che colpiscono in misura maggiore i più poveri e i più giovani (attraverso i loro figli come magistralmente illustrato da Makkox), non scatteranno dopo aver consultato i malati (non siete mica una corporazione, siete plebei), e scatteranno non nel 2014, non nel 2013, non nel 2012, ma da lunedì.
Detto in altri termini, chi possiede rendite e privilegi rimarrà com’è adesso. Non ci saranno tagli agli sprechi, ma si aumenteranno le tasse comportando un aumento del 2% della pressione fiscale (escludendo i ticket e le tasse locali, sicché l’aumento reale sarà ben superiore al 2%), e tale aumento ricadrà sulle fasce più povere e su quelle medie, poiché la riforma fiscale è regressiva. Chi vive nel lusso continuerà a farlo, perché a pagare sarà il resto del Paese.
Il tutto condito dai seguenti fatti:
- le corporazioni e le caste continueranno ad essere un cancro per il Paese, sottraendo risorse per la crescita;
- l’aumento delle tasse deprimerà un’economia già depressa, attaccando consumi e investimenti, già oggi praticamente fermi (infatti la nostra crescita economica è dovuta solo all’intervento statale, o meglio a quello che ne rimane dopo aver sottratto il deficit fra import ed export).
In altre parole, anche se i conti dovessero rimanere clamorosamente in ordine fino al 2014, comunque non ci sarà crescita economica, necessaria per pagare il debito pubblico, sicché nel 2014 dovremmo fare un’altra manovra, quindi accettare altre tasse per essere punto e a capo nel 2018. Ma ciò non succederà, come vedremo fra un attimo.
I mercati hanno capito che una manovra così non può funzionare e la stanno ignorando.
E arriviamo all’apocalisse, cui mancano probabilmente tre settimane: il 5 agosto, infatti, verrà rilasciato il dato sul PIL dell’Italia relativo al secondo trimestre. Nel primo trimestre la crescita è stata di uno stratosferico 0,1% (zerovirgolaunopercento). Gli altri dati macroeconomici rilasciati fra maggio e oggi non lasciano prospettare nulla di buono, e il Paese dovrebbe praticamente ricadere in recessione.
Un dato del PIL negativo il 5 agosto scatenerebbe l’inferno: i mercati già sanno che la manovra non sistemerà nessuno dei problemi dell’Italia, anzi deprimerà ancora di più la crescita; il 5 agosto tantissimi investitori saranno in vacanza, sicché basterà davvero poco per far esplodere definitivamente lo spread. Quel poco sarà il dato sul PIL. Questo significa che a settembre potremmo essere come la Grecia un anno fa e costretti a misure di gravità inaudita, e i primi ad essere colpiti, dato che l’ovvia patrimoniale notturna che preleverà dai nostri conti correnti non basterà a rimetterci in equilibrio, saranno colpiti i pensionati (assegno tagliato) e chi sta per andare in pensione (verrà aumentata l’età per ritirarsi dal lavoro), saranno colpiti i lavoratori pubblici (il cui stipendio non verrà congelato, verrà proprio tagliato), la conseguente crisi dei consumi costringerà le aziende a licenziamenti e tagli ai salari, e non ci sarà la cassa integrazione a tenerli in piedi. E mentre il Paese protesterà a oltranza (ma troppo tardi, come ho già detto qui), chi oggi ci governa sarà ad Hammamet, pardon, ad Antigua a godersi il sole, il megavillone con vista sull’oceano e un esercito di zoccoloni, magari minorenni e vergini.
Intanto godiamoci queste belle diatribe estive con Bossi che vuole il crocifisso in Parlamento e Vendola che vuole sostituire “compagni” con “amici”. E perché non “fratres”? Russell Crowe direbbe che «a tre settimane da oggi [censura] sarete già morti».
Ormai il più è fatto, non ci resta che attendere. E poi piangere sangue.