Prima del referendum: l’acqua è pubblica (come da legge Galli del 1994).
Vince il sì (la legge è abrogata): pure.
Vince il no: pure.
Prima del referendum: i comuni possono fare dei servizi pubblici (fra cui l’acqua ma non solo) ciò che vogliono (entro pochi limiti).
Vince il no: pure, ma con qualche limite in più.
Vince il sì (la legge è abrogata): pure (il far west che oggi regna continuerà a regnare e i privati scelti ad capocchiam che già oggi prendono soldi continueranno a farlo – aretini, siete in ascolto?).
Il punto precedente può essere meglio spiegato nel seguente modo:
Prima del referendum: i comuni possono affidare la gestione dei servizi pubblici (fra cui l’acqua ma non solo) a privati, a società pubbliche o gestirla da soli. La scelta può essere fatta per bene oppure alla caxxo di cane, dipende dalla qualità dei vostri amministratori locali.
Vince il no: i comuni potranno affidare etc etc a privati, a società pubbliche o gestirla da soli (in quest’ultimo caso motivando la scelta, negli altri seguendo una gara pubblica secondo le regole europee).
Vince il sì: le cose restano come prima del referendum. I comuni potranno dare l’acqua (ma non solo) ai privati,e se lo desiderano, farlo alla caxxo di cane, come si fa oggi.
Chicca: nel centro Italia, patria del comunismo italiano, l’acqua è per gran parte affidata a privati scelti ad capocchiam e costa il quadruplo che a Milano, patria del capitalismo italiano, dove l’acqua è affidata a una SpA di proprietà del comune di Milano.
Se vince il sì, i privati potranno continuare ad essere ad capocchiam.
Se vince il no, non mi illudo, sarà solo più difficile per i privati essere scelti ad capocchiam.
Ma converrete che è già qualcosa.
Adesso bisognerebbe spiegarlo ai tribuni della plebe che si divertono a fare disinformazione come se fossero dei Feltri e Belpietro qualsiasi.