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Che significa essere patrioti

GaribaldilaspeziaChi non ha visto Roberto Benigni a Sanremo ieri sera dovrebbe farlo. Oppure no.

Su Twitter (dove Sanremo diventava trending topic in tutto il mondo grazie a Benigni) c’era anche gente che non apprezzava Benigni, che diceva di essersi addormentata. Il più delle volte si trattava di gente che comunque seguiva con (per me incomprensibile) interesse una manifestazione canora che da decenni si ostina a dimenticare che i Led Zeppelin (tra gli altri) hanno camminato su questo pianeta. Un po’ meno roba commerciale e più poesia, mi verrebbe da dire. Ma in fondo uno è libero di leggere e scrivere tutti i Tex che vuole. In fondo io leggo Topolino e cerco di scrivere cose sensate.

Di Benigni ho apprezzato sia la parte quasi satirica, che la parte poetica, seria, ma popolare, ovvero l’esegesi di un canto, appunto, popolare, il Canto degli italiani, l’inno d’Italia di Mameli (e Novaro). A parte qualche sbavatura (andare indietro fino a Roma è esagerato, dal 1400 in poi già ha qualche senso) e imprecisione lessicale, ha raccontato cose che non conoscevo.

Ma soprattutto ha ricordato perché un italiano dovrebbe amare l’Italia. E non solo per i motivi che tutto il mondo conosce tranne noi (molti italiani neppure sanno quanti e quali doni all’umanità vengono da chi è nato su questo stivale: la pizza, sì, ma pure i calzini e il telescopio (( Galilei non inventò il cannocchiale, ma fu il primo a puntarlo verso le stelle. )) , lo sfigmomanometro – quello pratico – e il telefono, la bussola nautica e le scienze politiche, posso continuare per settimane con roba che neanche immaginate, ma in fondo chissenefrega, sono doni all’umanità, sono di tutti).

C’è un’obiezione che si fa sempre in questi casi: non ho scelto dove nascere, perché dovrei essere obbligato ad amare il mio Paese?

Non sei obbligato. E uno. Fondamentale.

Due. Io amo tante cose. Amo la Rivoluzione francese. Quella americana. Quella tunisina, quella egiziana. Amo Roma, ma amo Spartaco. Amo i cittadini del Bahrein, i monaci della Birmania, eccetera. Perché li amo? Perché condividono l’amore per la libertà, e sono disposti a morire per essa. Sicché io mi sento cittadino di ogni Paese libero e di ogni Paese in cui si lotta per la libertà, che poi praticamente significa essere cittadino del mondo.

Ma l’Italia occupa un posto speciale. I francesi, gli americani, i tunisini, gli egiziani, Spartaco, eccetera eccetera, hanno combattuto e hanno versato sangue in primo luogo per la propria libertà e quella dei loro discendenti.

Gli italiani, invece, hanno combattuto, versato sangue, gettato via una vita a soli vent’anni (lo stesso Mameli morì a 22 anni, e non dimentichiamo i partigiani) direttamente per la MIA libertà. Sono patriota perché io ho la diretta responsabilità di difendere ciò per cui essi si sono sacrificati: essi non hanno potuto godere il frutto bagnato del loro sangue, ne godo io che nulla ho fatto per meritarmelo. Il minimo che io possa fare è raccogliere quell’eredità e farla rivivere ogni giorno. Questo significa amare il proprio Paese.

Non significa essere razzisti: non vedo né posso vedere etnie o addirittura razze inferiori. Non significa essere nazionalisti: non vedo perché un Paese possa essere oggettivamente superiore o inferiore a un altro (al massimo soggettivamente migliore o peggiore). Amare il proprio Paese significa amare la propria libertà, e nient’altro.

Un vero patriota non vede alcuna superiorità della propria patria. Chi ritiene la propria patria superiore non è un vero patriota. Il vero patriota ha come patria il mondo intero, e il più importante esempio di ciò fu Garibaldi, che si prodigò per placare la sete di libertà di popoli di mezzo mondo, non solo dell’Italia (e infatti la barba di Garibaldi la trovate sui francobolli di mezzo mondo. Oltre che su qualche centinaio di statue). Quella dell’Italia era un po’ più importante solo perché era la SUA sete di libertà.

Questo significa essere patrioti: amare la libertà che ci è stata lasciata in eredità perché le generazioni successive, non solo quelle italiane, ma quelle del mondo intero, possano goderne. Mio fratello è chiunque apprezzi e difenda la libertà degli altri (( Il “degli altri” è fondamentale: chi non difende la libertà degli altri, bensì la propria, è un reazionario, un fascista. E attenzione pure a chi difende a parole la libertà degli altri mentre in realtà vuole difendere la propria – tipo quando dicono la cazzata delle intercettazioni che spiano trenta milioni di persone per avere la libertà di parlare con poco di buono e criminali veri e propri. ))

Ci sarà chi non riuscirà ad apprezzarla perché non ha mai conosciuto l’oppressione. Ci sarà chi non amerà il proprio Paese perché lo trova privo di senso. Ma al patriota ciò non importa: ha combattuto anche per la libertà di non amare il posto dove si è nati, e dunque la sua Storia, e chi l’ha scritta col proprio sangue.

È una quisquilia, l’importante è che si continui a custodire la libertà: e sono certo che anche molti di coloro i quali ritengono irrazionale amare il proprio Paese si prodigano per custodirla dalle grinfie dei reazionari, sempre presenti in ogni epoca. Anche questi “razionali” sono patrioti.

Solo che non lo sanno. 😉

(Non è l’Italia, è la vittoria che è schiava di Roma, Umberto)

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