È notizia di oggi che la Grecia è a un passo dal baratro. Inutile dire che è dove D’Alema va in vacanza. (Crozza)
Ricapitolando: la Grecia è stata colpita dalla crisi come il resto del mondo, ma ha avuto (grazie al precedente governo di centrodestra) la geniale idea di truccare i propri conti, sicché, qualche mese dopo, quando la magagna è stata scoperta, in molti han cominciato a non fidarsi più del governo di Atene, nonostante nel frattempo sia passato al potere il centrosinistra. La Grecia, quindi, è sprofondata nella crisi più profondamente degli altri Paesi poiché ne è crollata la credibilità, e la fiducia è via via calata, tanto che oggi i titoli di Stato greci sono stati classificati come spazzatura, ovvero l’ultimo passo prima della fine dei giochi.
Per evitare il baratro (e quindi la possibilità che la crisi greca travolga le banche tedesche e gli altri Paesi deboli, in primis il Portogallo, anch’esso declassato oggi) ci sono due cartucce che il governo può sparare. Da un lato la svalutazione monetaria, dall’altro la svalutazione interna.
La prima è inattuabile, per il semplice motivo che la moneta (l’euro) non è controllata dal Governo, ma dalla Banca Centrale Europea. Resta quindi la svalutazione interna, ovvero tagli degli stipendi, razionalizzazione del welfare, aumento delle tasse, una formula che ha già salvato l’Irlanda.
Prima che queste riforme vengano attuate, però, la Grecia dovrà comunque pagare i suoi debiti, e visto che di soldi non ce ne sono, la Grecia dovrà contrarre nuovi debiti per pagare i precedenti. Il problema è che sono i pochi a voler comprare il debito greco a prezzi sostenibili per la Grecia, visto che il rischio di default (fallimento) è molto alto. Per questo saranno i Paesi europei a prestare alla Grecia quanto le serve per rimanere a galla in attesa che le riforme entrino a regime.
Sorvoliamo sul fatto che i partner europei esigono che la Grecia faccia i compiti a casa (in sostanza, rinunci ad un pezzo di sovranità, e faccia ciò che i suoi partner le chiedono di fare). La cosa divertente è che i greci non comprendono che non c’è grossa scelta: devono accettare sia il prestito che le riforme di lacrime e sangue.
Invece no, i greci non vogliono né l’uno né le altre. Un recente sondaggio ha dimostrato che la maggioranza della popolazione non vuole gli aiuti dell’Europa o del Fondo Monetario Internazionale, mentre ormai da mesi si va avanti con proteste e scioperi contro le riforme portate avanti dal governo di Papandreu, fra le quali la versione ellenica delle lenzuolate, le liberalizzazioni.
Papandreu, invece, sa bene che servono tutte e due le misure o semplicemente la nave affonda, cosa che l’Unione Europea non può accettare, e anche la Germania dovrà farsene una ragione, anche se a caro prezzo: il prestito ponte avrà un interesse di oltre la metà inferiore a quello richiesto dal mercato (per l’FMI, per quello europeo un po’ più alto, ma ancora inferiore al mercato), ma in cambio la Grecia dovrà accettare di essere controllata speciale dal FMI, ovvero dovrà mettere in atto tutte le misure necessarie per calmare l’esplosione del debito e del deficit. Il prezzo di un eventuale rinvio sarebbe il default e quindi la rovina: il declassamento di oggi ci dice, semplicemente, che siamo alla frutta. Al contrario, con gli interventi richiesti le lacrime e il sangue che i greci dovranno versare saranno relativamente poco rispetto alla rovina totale, e anche per l’Unione Europea il salvataggio avverrebbe a costi accettabili.
Il problema è che, nel breve periodo, questo potrebbe portare ad una rapida erosione del consenso, sia fra la popolazione che fra i “poteri forti”. Tre sono le piaghe principali che affliggono il sistema politico greco, ovvero l’evasione, la corruzione e le raccomandazioni. Il governo sta attuando misure per arginarle, ma per un Paese dove queste piaghe sono praticamente la regola, esse difficilmente verranno accettate.
Papandreu gode ancora della fiducia della maggioranza dei greci, ma uno si chiede fino a quando resisterà. E se Papandreu dovesse cadere, l’alternativa finirebbe per essere il centrodestra, ovvero la parte politica che ha truccato i conti e ha assunto eserciti di persone a fini clientelari, ovvero la quintessenza delle piaghe greche. Alla meglio, le necessarie riforme verrebbero diluite fino a risultare inutili.
Invece servono riforme forti e impopolari per riportare a galla la Grecia. Di spazio per le chiacchiere ce n’è ben poco.
Un eventuale paragone con l’Italia fatelo voi. La differenza principale è che Berlusconi non è Papandreu.