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Lo chiamavano sciacallaggio

Ormai Silvio Berlusconi va tutti i giorni  L’Aquila. Non si sa bene perché.

Qualcuno sostiene che vada lì a far campagna elettorale e a farsi fotografare mentre piange lacrime finte. Altri che va lì per stare vicino alle popolazioni vittime del terremoto.

Sia l’una, sia l’altra, la presenza di Silvio Berlusconi ogni santo giorno crea problemi. Non per le sue gaffe, ma perché essendo presidente del consiglio e uomo più amato/più odiato d’Italia, dove c’è lui si creano problemi di sicurezza, sia perché c’è l’esercito di guardie del corpo che lo attornia, sia perché ci sono i giornalisti cagnolini che lo accompagnano, sia perché c’è la solita folla di curiosi. In mezzo a tutto questo, possono tranquillamente esserci dei mitomani che vorrebbero tirargli qualche maceria in testa, e quindi le forze dell’ordine devono badare a lui e a chi vorrebbe avvicinarsi troppo a lui.

Io non credo che in questo momento serva un tizio che, ovunque passa, crea confusione. Stiamo parlando di una popolazione disastrata e dispersa che ha bisogno d’ordine e di normalità, non di un tizio che sconvolge la quotidianità. Senza contare che Silvio avrebbe il suo lavoro da svolgere: perché è vero che l’emergenza è L’Aquila, ma anche il resto d’Italia non scherza mica, la nostra crisi quindicennale è ancora qui che aspetta d’essere risolta.

Le altre cariche dello Stato sono passate di lì una volta sola (oltre i funerali di Stato), ed è lecito ritenere che l’abbiano fatto per non creare ulteriori casini (oltre al fatto che hanno del lavoro da fare).

Delle due l’una: o Silvio se ne frega della confusione che crea e va lì per farsi fotografare (e allora è uno sciacallo), oppure non ne è conscio, e allora è semplicemente un idiota (e idioti sono i suoi consiglieri che non glielo fanno notare).

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