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Essere liberali non significa non avere cervello

Esistono liberali (nel senso italiano del termine) che quando sentono parlare di nazionalizzazioni cominciano a sparare alzo zero col mitra, urlandoti “muori merda comunista!”. Il maccartismo ha creato gravi danni cerebrali, in certa gente e ai loro discendenti.

Paul Krugman, ad esempio, sostiene con forza l’idea delle nazionalizzazioni. I soliti decerebrati, come fatto con Barack Obama, lo hanno prontamente accusato di voler nazionalizzare il sistema bancario USA, tacciandolo di socialismo.

Peccato, però, che la reaganomics, lo Stato minimo, sia stato sepolto da George W. bush, il quale ha nazionalizzato diversi colossi finanziari, così come le idee di Friedman sono state demolite dagli ultimi anni dell’economia giapponese.

Krugman, ovviamente, non ha lasciato intendere nulla del genere: le nazionalizzazioni non riguardano banche che sono sottocapitalizzate, ovvero sono in “semplice” difficoltà. Le banche che DEVONO essere nazionalizzate sono quelle che hanno un buco nero al posto dello stato patrimoniale, che non hanno praticamente capitale, eroso dalle perdite. E questo, scrive Krugman, per due motivi:

Più una banca è senza speranza, insomma, peggio utilizzerà i fondi pubblici. Nazionalizzare consente sia un ritorno sia un controllo diretto sulle attività della banca. Senza dimenticare che il FDIC è agli sgoccioli.

Da noi, ad esempio, il ministVo Giulio Tremonti ha stabilito che il nostro sistema bancario è più stabile, quindi possiamo dar loro soldi, sottoponendole semplicemente al controllo del prefetto (ovvero del ministero dell’Interno). Se la premessa è giusta, la cosa può anche funzionare. Ma l’opzione nazionalizzazione non deve essere esclusa per quelle banche che potrebbero risultare “essenzialmente insolventi”.

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