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Un piccolo esempio di un Paese che funziona male

Giulio Tremonti oggi ha fatto notare che l’eccesso di burocrazia ruba 100 miliardi di euro l’anno.

Racconto una storia di vita vissuta, che mi è capitata negli ultimi giorni.

Il 23 febbraio noto che due buoni postali sono scaduti, e mi sono recato all’ufficio postale della città dove abito per farmeli cambiare in denaro contante.

I buoni postali erano stati emessi dall’ufficio postale della città d’origine, dove risiedo, dunque era necessario ottenere la conferma di tale ufficio perché potessero essere cambiati (sul buono era scritto che la procedura doveva impiegare tre giorni).

L’impiegata effettua la richiesta e prima di andar via le dico che sarei passato sette giorni dopo, ricevendo un sorridente «non c’è problema, quando arriva la conferma la mettiamo nella cartellina, non la perderemo».

Ritorno otto giorni dopo (il 3 marzo), ma l’impiegata mi fa presente che hanno ricevuto “l’ok ma non la conferma” dell’altro ufficio postale, e che quindi bisognava reiterare la richiesta. «Passi domani».

Il giorno dopo ovviamente c’è il diluvio universale, per recarmi all’ufficio devo attraversare la città e sono a piedi. Vi giungo inzuppato dalla testa ai piedi, aspetto il mio turno, il tutto per sentirmi dire che c’è un errore, e che devo passare domani (cioè oggi).

Siccome comincio un po’ a stancarmi, chiamo i miei parenti perché mandino un parente (impiegato postale in pensione) all’ufficio postale per avere “una spintarella alla mia pratica”.

Oggi diluvia ancora, rifaccio il mio solito tragitto a piedi, nuovamente inzuppato arrivo all’ufficio postale: «Sì, ieri abbiamo ricevuto la richiesta corretta». Alleluja, penso, ma la tragedia non è finita. Mi vengono richiesti i documenti, si cominciano a svolgere le pratiche, a chiedere i recapiti attuali, compilare moduli (tutto ovviamente in duplice copia) e come se non bastasse il sistema rileva che i buoni non sono miei (in effetti sono cointestati a mia madre, ma è irrilevante). Altri controlli, la stampante/scanner del codice a barre non legge il buono e altri problemi che a un certo punto ho smesso di voler capire.

Dopo un’ora finalmente sembra tutto ok e ricevo il denaro che io (o meglio, i miei nonni e i miei genitori) avevano prestato gentilmente allo Stato.

Quel giorno è arrivato, ma riaverli indietro è stata un’avventura.

Il problema, ovviamente, è la burocrazia: insomma, io non sto ritirando milioni di euro, ma poche centinaia. Una volta portato il buono postale, buonsenso vorrebbe che l’impiegato controllasse l’autenticità dello stesso, verificasse i miei documenti, mi chiedesse una firma e mi desse il mio denaro. Nient’altro.

Il problema è che la burocrazia è una delle leve del potere: avete notato che, a un certo punto, ho dovuto chiedere una spintarella? Ebbene, immaginate di doverla chiedere per ogni pratica, per ogni cosa che dovrebbe essere mio diritto, per ogni questione da risolvere entro tot giorni improvvisamente diventati il triplo. Alla fine ci ritroviamo addirittura con un favore da ripagare con qualcuno (solitamente un politico che chiederà un voto). Tutto per un sacrosanto diritto pagato con le tasse dei contribuenti.

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