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[Economics for Dummies] La leggenda dei derivati mannari

Come spesso accade, quando c’è una qualche crisi, è gioco facile sfruttare l’ignoranza della gente per distrarre l’attenzione dai problemi su un qualche capro espiatorio. Una volta erano i comunisti, ancora prima erano le streghe, prima ancora i cartaginesi, eccetera eccetera. Oggi si chiamano derivati.

Anche qui ci sono miti da sfatare: non è vero che i derivati assommano a miliardi di volte il PIL mondiale, non è vero che sono la causa della crisi attuale, non è vero che MPS è finita in crisi per colpa dei derivati.

Dicono che i derivati assommano a diverse volte il PIL mondiale. Come spesso succede, la matematica non è un’opinione, ma il modo in cui interpreti i risultati lo è spesso.

I derivati, per loro natura, sono contratti a somma zero: se una persona punta sul rialzo di qualche cosa, dall’altro lato c’è una persona che ha una posizione uguale e contraria. Per esempio un CFD sul DAX costa al momento 7850 euro: se io compro un CFD adesso, dall’altro lato c’è qualcuno che lo vende a 7850. Qui casca l’asino: il valore lordo è 15700 euro, ma quello netto è solo 7850.

Potremmo già dire che il valore reale dei derivati è metà di quanto stimato. Ma in realtà è molto meno. I derivati, infatti, anche se usati a fini speculativi, sono comunque collegati a qualche cosa di concreto. L’esempio che si fa in questi casi è quello dei CDS. Poniamo che io mi assicuri contro il rischio Italia per un milione di euro (in altre parole è come se volessi assicurare un milione di euro di BTP, che però non ho); poniamo poi che l’Italia ristrutturi il proprio debito (= fallisca, faccia default), dicendomi che mi restituirà solo il 50% del valore. Il CDS scatta, ma, essendo un’assicurazione, copre solo il danno che ho subito. Questo significa che il CDS del valore di un milione di euro, in realtà, ne vale solo 500mila.

Sia ben chiaro: le somme fantasmagoriche che spesso si citano a proposito dei derivati sono aria fritta, ma i rischi sistemici ci sono. Dice bene Warren Buffet: i derivati sono un’arma finanziaria di distruzione di massa. Ed è vero. Lo sono quanto l’uranio o il plutonio. Tuttavia l’uranio non si trova al mercato, le bombe atomiche (almeno per ora) non si comprano da Wal-Mart e anche costruirsele in casa è un attimino complicato. Come l’uranio, anche i derivati possono essere usati bene o male: il problema è sempre chi li usa e come.

Dicono che la crisi è colpa dei derivati. È come incolpare le motoseghe della deforestazione in Amazzonia. Le cose stanno altrimenti.

Un giorno, un brutto giorno, i matematici scoprirono che in economia si usano i numeri, e che potevano costruire bellissimi modelli finanziari. Un altro giorno, un pessimo giorno, banchieri e gestori di portafogli scoprirono questi matematici che giocavano con strumenti di cui capivano le implicazioni matematiche, ma non quelle economiche, e cominciarono ad applicare i loro modelli. Inutile dirlo, alla ***** di cane.

Ora, già non abbiamo conoscenze perfette su come funzionino i contratti derivati un po’ più complicati rispetto ai vanilla, quelli più semplici: il primo esempio di opzione finanziaria risale a Talete di Mileto (2600 anni fa), ma abbiamo cominciato a capire come funzionino solo a partire dalla fine dell’800, e solo nel 1973 (con la formula di Black-Scholes) abbiamo avuto fra le mani un modello decente di come funzioni questo strumento.

Permettetemi di esagerare un po’ per fare il punto.

Ora i matematici non solo hanno inserito nei modelli strumenti finanziari di cui non conosciamo con esattezza le implicazioni, ma li hanno pure combinati tra di loro, generando elegantissimi portafogli privi di qualsivoglia logica. Così cominciarono a vendere call e comprare put sul naira nigeriano, impacchettandole con interest rate swap all’australiana, prendendo in prestito rupie nepalesi per comprare Bund tedeschi, obbligazioni tripla A e mutui subprime in Burundi, dopodiché spacchettarono il tutto e cominciarono a venderli in giro per il globo chiamandoli con un nome figo, tipo German National Nairan Australian Rate Option, per gli amici Ge.N.N.A.R.O..

Ora, mentre i matematici andavano in giro per convegni mostrando ai colleghi quanto fosse bello Gennaro, i gestori di portafogli chiesero alle agenzie di rating di dare un giudizio su questi titoli. Un po’ perché pagati per farlo, un po’ perché chiesero l’opinione ai matematici appena usciti dal convegno di cui sopra, ancora estasiati dalla bellezza di Gennaro, fu inevitabile dar loro la tripla A.

Poi è successo quel che è successo. La colpa è dei derivati? No: la colpa è delle teste di rapa, di chi ha assunto quelle teste di rapa, di chi ha approvato quelle teste di rapa e di chi non ha controllato le teste di rapa.

È ciò che è successo con MPS: la Fondazione (ovvero la politica) ha dato la banca in gestione a un avvocato che evidentemente si intendeva di finanza quanto un falegname dei motori di una Soyuz. Questo qui, insieme ai suoi sottoposti, mentre la Banca d’Italia (che controlla le banche), la Consob (che controlla le aziende quotate) e il ministero dell’Economia (che controlla le fondazioni) dormivano della grossa, probabilmente con la complicità (o almeno il beneplacito) della Fondazione stessa, compiva operazioni spericolate degne di un giocatore d’azzardo, che invece di accettare la perdita e alzarsi dal tavolo, continua a giocare finché la moglie non scopre che il marito ha venduto la figlia a trafficanti d’organi messicani.

Riassumendo. I derivati non sono così tanti, ma ciò non vuol dire che non vi siano rischi nel loro utilizzo. Il problema è sempre chi li utilizza e per fare cosa, e se non si capisce cosa si sta facendo semplicemente non si dovrebbe fare nulla. Se un tizio si rifà da solo l’impianto elettrico di casa, non c’è da stupirsi se la trasforma in una sedia elettrica gigante. Se voglio rifare l’impianto elettrico chiamo l’elettricista, se voglio gestire una banca chiamo un banchiere, se voglio costruire un portafogli chiamo un consulente cui magari affianco un matematico.

È inutile dare di matto sui derivati: gli scandali finanziari ci sono stati anche prima dei derivati stessi. Il problema è uno solo: ci sono troppe teste di rapa prive di buonsenso e formazione finanziaria ai posti di comando. Per questo, se si vogliono impedire maggiori guai, è inutile prendere decisioni emotive come, ad esempio, abolire i derivati: le teste di rapa faranno danni lo stesso, perché è nella loro natura.

Invece no: la propaganda preferisce attaccare i derivati per distrarre l’attenzione dal problema reale, e fregarvi per l’ennesima volta. Il caso MPS è esemplare: prendersela con i derivati e dimenticare che il problema vero è la commistione fra politica, finanza e incapacità. Voi avete un capro da sgozzare e loro continuano a macinare quattrini. E siamo tutti contenti.

O no?

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