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In questi giorni si parla tanto di spread fra BTP e Bund (che sono, rispettivamente, i titoli di stato poliennali – in questo caso a 10 anni – di Italia e Germania). Spiegare cos’è lo spread è molto semplice, un po’ meno intuitivo è forse capirne l’importanza.
In inglese spread significa diverse cose, ma in questo caso significa differenza: infatti lo spread BTP/Bund altro non è che la differenza fra i loro rendimenti. Se il rendimento del BTP è del 5% e quello del Bund è del 2%, lo spread è di 300 punti (ovvero del 5-2=3%). Facile, no?
Lo spread può aumentare principalmente per due motivi. Il primo caso, più raro, avviene quando il rendimento del BTP resta fermo e quello del Bund scende. Ad esempio, il BTP resta fermo al 5%, mentre il Bund scende all’1,5%, quindi lo spread è salito a 350 punti. Questo caso non è, in sé, pericoloso per il Paese: infatti non implica maggiori oneri sul debito pubblico (ne parliamo fra poco).
L’altro caso è l’inverso, ovvero quando il BTP sale e il Bund resta fermo: è il caso più frequente visto che i titoli di Stato tedeschi sono i più sicuri dell’area euro, e quindi il loro rendimento si muove poco. Se quindi lo spread sale, molto probabilmente è il nostro BTP ad avere aumentato il rendimento (ad esempio al 5,5%), mentre il Bund resta al 2%. Ciò significa che dovremo pagare più interessi sul debito pubblico.
Ovviamente è possibile una combinazione dei due casi, ovvero il BTP sale e il Bund scende.
Ora, i più attenti avranno notato una cosa strana: il BTP che ho a casa mi dà il 4% e mi darà sempre il 4%. Che significa che questo stesso BTP ora rende il 5%? Che c’entra lo spread in tutto questo?
Per capirlo seguiamo (ovviamente semplificando e usando numeri di fantasia) la vita del BTP fin dalla nascita. Un BTP, come tutti gli altri titoli di Stato, è assegnato tramite un’asta di solito mensile presso il ministero del Tesoro. Il ministero (per facilitare le cose lo chiameremo Tremonti) un certo giorno del mese dice: «Questo mese ho bisogno di 100 miliaVdi: chi me li dà?» (( In verità Tremonti potrebbe anche non dichiarare la quantità e dichiarare solo l’interesse che è disposto a pagare, oppure nessuno, oppure entrambi. )).
Gli investitori fanno le loro proposte: c’è chi offre 50 miliardi ma chiede in cambio un interesse del 5%, chi ne offre 30 con un interesse del 4,5, chi ne offre 70 con un interesse 5,5%, eccetera (( Un passo in più: per essere precisi – ma comunque non esatti, sto sempre semplificando -, il primo investitore offre 90 per un titolo che varrà 100 alla scadenza, il secondo offre 91, il terzo 88 – infatti l’interesse viene corrisposto ogni sei mesi. )) . La domanda è quindi di 100 e l’offerta è di 150. Le varie offerte vengono messe in classifica: le migliori sono quelle che chiedono l’interesse più basso, per questo Tremonti potrebbe scegliere quella da 30 miliardi al 4,5%, quella da 50 al 5% e 20 miliardi al 5,5%. Essendo un’asta marginale (che si usa anche per CCT e CTZ), tutti i BTP verranno assegnati al prezzo marginale, ovvero con interesse al 5,5% (( Ovvero al prezzo di 89. )) : questo sarà il rendimento di quei BTP per i prossimi 10 anni (( Fossero stati BOT si sarebbe tenuta un’asta competitiva, che è la stessa cosa, tranne che i BOT verrebbero collocati al prezzo richiesto e non allo stesso prezzo per tutti. )) .
Tremonti però potrebbe dire: no, il 5,5% è tVoppo, sono disposto ad accettare solo un tasso del 5%. Se però fa così potrà collocare solo 80 miliardi (30+50 del terzo investitore) e i restanti 20 miliardi che gli servono dovrà trovarli da qualche altra parte.
All’asta successiva (che chiameremo seconda asta) qualcosa è cambiato. Tremonti chiede sempre 100 miliardi, ma stavolta gli stessi investitori, per riprestare la stessa quantità di denaro (30, 50 e 70 miliardi) chiedono, rispettivamente, il 7%, il 7,5% e l’8%. Tremonti stavolta non può andare oltre il 5,5%, anche se accettasse solo l’offerta migliore (30 miliardi al 7%) coprirebbe meno di un terzo della domanda a un tasso di interesse altissimo. Tremonti deve fare come la Grecia, chiedere aiuto all’Europa, che ci presterà 100 miliardi al 5,5%: siamo praticamente in default (in verità non è così semplice: l’Italia non potrà essere salvata perché è troppo grande, in gergo “too big to bail”).
Cos’è successo nel frattempo? Perché stavolta gli investitori hanno chiesto rendimenti così alti? La risposta è nel mercato. Dovete sapere che, anche se i BTP hanno una cedola (cioè un interesse) fissa, essi vengono scambiati sul mercato. Se gli investitori iniziano a credere che l’Italia non riuscirà a pagare i suoi debiti, essi inizieranno a vendere i BTP, il loro (dei BTP) prezzo scenderà e quindi il rendimento salirà (potrebbe essere controintuitivo, ma non lo è affatto: se volete posso scrivere una breve appendice a riguardo). Ad esempio i BTP emessi nella prima asta non rendono più il 5,5%, bensì il 7% (( Ovvero il loro prezzo non è più 89 bensì 86, dunque c’è una perdita di 3. )) (e chi ha comprato i BTP della prima asta con cedola al 5,5% potrebbe anche disperarsi). Lo spread (se il Bund rende sempre il 2%) schizza dai 300 punti iniziali (cioè prima della prima asta) a ben 500. In altre parole i BTP emessi nel corso della prima asta rendono troppo poco rispetto al rischio che l’Italia possa fallire.
Siamo arrivati alla vigilia della seconda asta.
Grazie al mercato, gli investitori si sono fatti un’idea su quanto dovrebbero richiedere all’Italia: visto che lo spread è aumentato a causa dell’aumento del rendimento del BTP, mentre il Bund è rimasto fermo, gli investitori capiscono che non si tratta di un problema generale, bensì proprio dell’Italia, dunque percepiscono che il rischio Italia è aumentato e pertanto richiedono una ricompensa più alta per prestare soldi all’Italia. L’Italia però non può pagare interessi così alti: l’asta va deserta e chi ha BTP della prima asta cerca di venderli, il loro prezzo crolla, vola il rendimento e quindi vola pure lo spread, fino a dove non si sa.
Questo è il significato dello spread: serve a indicare la rischiosità dell’investimento in titoli italiani rispetto a quelli tedeschi giudicati sicuri al 99,99999…%, e quindi aiuta a formulare il prezzo dei BTP di nuova emissione e quindi l’interesse che l’Italia dovrà pagare sul suo debito pubblico. Ricordo che l’aumento di un punto percentuale nel rendimento sui titoli del debito pubblico implica il pagamento di maggiori interessi per quasi 20 miliardi di euro oltre già quelli pagati oggi.
Come se ne esce? Facendo riforme vere come quelle di cui ho parlato qui e che non sono state fatte nella manovra. Facendo riforme vere si dice al mercato: «siamo un’economia solida» per cui gli investitori faranno a gara per prestarci quei 100 miliardi e noi potremo spuntare interessi più bassi. Per questo io continuo a dire che il mercato non ha creduto alla manovra: se così fosse stato lo spread sarebbe sceso.
Ma non è accaduto. Non siamo un’economia solida e, se questa manovra non verrà corretta con riforme vere, non lo saremo a lungo: il limite è un rendimento sui BTP del 7%, ovvero uno spread non superiore a 400.
Se saliamo sopra questa soglia senza poi scendere subito, benvenuti in Grecia.