Per Diritto di Critica (specifico che il titolo è stato assegnato dalla redazione, in realtà Grecia e Portogallo sono già falliti)
Questa strategia sconnessa, in realtà, ha una spiegazione molto semplice, ovvero che l’Unione Europea sa sempre meno che pesci pigliare nei confronti di Paesi che non attuano correttamente le riforme promesse e che sono ormai falliti o si avviano al fallimento (e qui non possiamo che guardare all’Italia). La più sciocca delle soluzioni, e forse anche la più demagogica, è la creazione di un’agenzia di rating europea sotto il controllo degli stati, al fine, dicono, di sottrarsi allo strapotere delle americane. La tesi, secondo i promotori di questa agenzia, sarebbe che l’aggravarsi della situazione dei conti pubblici dei celebri PIIGS è causata dai giudizi sbagliati rilasciati dalle agenzie di rating, invertendo dunque la relazione causa-effetto, ovvero che i declassamenti da parte delle agenzie di rating sono causati dal progressivo deterioramento dei conti pubblici dei PIIGS.
Le agenzie di rating sono aziende il cui compito è studiare la situazione economico-finanziaria di varie istituzioni (come stati e enti privati) e valutare il grado di rischio dei titoli emessi da loro. Tre sono le agenzie più celebri poiché per circa un decennio, fino al 2003, sono state le uniche sul mercato: Standard & Poor’s (di proprietà dell’editore McGraw-Hill), Moody’s (i cui maggiori azionisti sono la holding Berkshire Hathaway di Warren Buffett e il gestore di fondi Davis Selected Advisers) seguite dalla più piccola Fitch, al 60% della francese Fimalac e al 40% degli editori americani Hearst. Oltre alle big three esistono altre sette agenzie riconosciute come NRSRO dalle autorità americane.
Il grado di affidabilità delle agenzie varia da strumento a strumento: escludendo i casi di rilevanza penale (ovvero rating assegnati in modo fraudolento o corrotto), l’affidabilità della classificazione varia a seconda del tipo di titolo e dalla trasparenza dell’emittente. Nel caso di strumenti molto opachi (e di cui ancora oggi non si conosce completamente il funzionamento) come gli ormai celebri CDO che hanno scatenato la crisi finanziaria, il giudizio delle agenzie di rating può non essere corretto. Al contrario, per i paesi avanzati, l’affidabilità è superiore poiché essi devono rilasciare determinati dati macroeconomici ad intervalli regolari, e i loro atti (cioè le leggi) sono soggetti a forte pubblicità. Le agenzie di rating studiano queste informazioni e formulano il proprio giudizio, in modo che gli investitori possano farsi un’idea di un titolo senza dovere studiare pagine e pagine di informazioni. Per ovvie ragioni, tuttavia, il giudizio delle agenzie rispecchia la realtà con un certo ritardo (a differenza dei semplici warning, come quello lanciato contro l’Italia nelle ultime settimane, che rispecchia il fatto che le agenzie di rating si sono messe a studiare gli ultimi avvenimenti).
E veniamo infine all’attualità. I declassamenti di Grecia e Portogallo non sono una condanna decisa dagli americani cattivi in modo arbitrario o per crudeltà. Sono bensì lo specchio di un fatto che l’Unione Europea continua a nascondere, e cioè che Grecia e Portogallo sono falliti (e da almeno un anno). Ciò che le agenzie certificano sono 1) il fatto che i bailout europei non stanno funzionando; 2) i piani di rilancio di Grecia e Portogallo vengono sistematicamente ammorbiditi e disattesi. Solo per parlare dell’ultimo affondato, il Portogallo, ci ricorda Phastidio:
Un deficit di bilancio che non si schioda dall’8 per cento, malgrado ricorrenti psicodrammi politici nazionali sempre più sinistramente simili a quelli che hanno fin qui punteggiato la discesa agli inferi della Grecia; una competitività inesistente che mantiene un deficit delle partite correnti al 9 per cento del Pil (a proposito, di quanto dovrebbero crollare prezzi e salari portoghesi per riequilibrare la barca?); ma soprattutto un dato molto italiano, la crescita media reale del paese nell’ultimo decennio: lo 0,5 per cento annuo.
In altre parole, Moody’s non ha fatto altro che certificare il disastro del Portogallo e dell’Europa intera.
E veniamo infine all’agenzia di rating pubblica europea. I casi sono due: o questa nuova agenzia dirà la verità, e quindi darà giudizi che non si discosteranno troppo dalle big three, oppure darà giudizi diversi (stando alla tesi dei promotori, migliori, a causa delle pressioni degli Stati nazionali che la controlleranno), sicché i suoi rating saranno sistematicamente ignorati dal mercato, rivelandosi solo uno spreco di fondi europei. In ogni caso, la sua istituzione non risolverà i gravissimi (e in larga parte ancora nascosti all’opinione pubblica) problemi che stanno devastando l’Europa, e si tratterà, in definitiva, di una ciliegina posta sopra una montagna di titoli pubblici in putrefazione.
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