Site icon Tooby

Capire l’emergenza rifiuti in Campania

Ercolano rubbish
L'edificio dietro alla spazzatura è una scuola elementare di Ercolano (Napoli)
Da qualche giorno stavo preparando un articolo richiesto da Simone sull’emergenza rifiuti in Campania. Stamattina però Marco Esposito pubblica un articolo su NoisefromAmerika che non può essere più esaustivo. Lo trovate qui e io lo riassumo di seguito, visto che fra lunghezza e gergo può risultare un po’ ostico, e ci aggiungo esperienze e considerazioni personali, visto che io in Campania ci sono nato, vi ho vissuto la mia Terzigno e visto che la gestione dei rifiuti è un importante problema economico, prima che ambientale.

L’emergenza rifiuti in Campania dura da quasi vent’anni, e quando lo Stato centrale decise di metterci mano, nel 1994, fece di tutto per favorire non la fine dell’emergenza, quanto l’arricchimento privato.

Grazie ad alcune norme assurde, richieste dalle banche e dalle imprese vincitrici dell’appalto, nessuno dei soggetti coinvolti (esclusi quelli che subiscono l’emergenza, a cominciare dai cittadini) ha incentivi a che l’emergenza rifiuti finisca, né esistono meccanismi punitivi che colpiscano tali soggetti quando non fanno l’interesse della procedura. Riassumendone alcuni:

  1. gli inceneritori campani non sono in grado di tenere il volume di rifiuti che viene stoccato per diventare combustibile, non è possibile girarlo ad altri inceneritori fuori regione per via di una norma pro-FiBe (che ci guadagna solo quando li brucia in Campania) e dunque i rifiuti vengono ad accumularsi, rendendo necessaria l’apertura di discariche sempre nuove, sempre più grandi e sempre più pericolose (già, perché per fare un favore alla camorra, il governo Berlusconi nel 2008 ha deciso che è possibile buttare in discarica e addirittura bruciare anche i rifiuti pericolosi);
  2. il fatto che il CIP6 venga girato integralmente anche per i rifiuti inceneriti non spinge la FiBe a fare la raccolta differenziata: le conviene bruciare pure il differenziato, mentre invece potrebbe essere dato ad imprese che lo riciclino, e che invece oggi sono costrette ad acquistare le materie prime (sempre i rifiuti) da altre regioni;
  3. il fatto che la TARSU sia dovuta non sul conferito (ciò che va in discarica o incenerito), bensì sul prodotto (compreso il differenziato) non spinge i comuni a far massivamente la raccolta differenziata: in una situazione virtuosa, più un comune produce differenziata, e minore sarà la tassa sui rifiuti (si veda più sotto per un esempio pratico). Visto che invece la TARSU resta identica in ogni caso, non vale la pena di differenziare (e lo scarso senso civico di molti napoletani e vicini di casa – e non lo dico perché sono leghista, ma perché io sono di quelle parti – fa il resto);
  4. (questo mi pare non ci sia nell’articolo di Esposito) le leggi sulla gestione dei rifiuti ignorano le più importanti teorie del networking istituzionale: tale gestione non va affidata ex lege alle province o a enti provinciali, bensì va demandata a enti in grado di sostenerla in modo economico, efficiente, efficace, equo ed etico (singoli comuni, raggruppamenti di comuni, province, raggruppamenti di province, eccetera: fate un po’ come vi pare, basta che gestiate per bene i rifiuti), perché esistono province che contano milioni di abitanti, altre che ne contano a stento qualche centinaio di migliaia, ergo non è possibile che una gestione virtuosa possa essere fatta a livello provinciale, proprio perché si tratta di province diversissime tra loro. Lo Stato deve limitarsi a fissare i limiti che indicano virtù nella gestione dei rifiuti (parametri che dovrebbero essere già fissati a livello europeo, tra l’altro) e lasciare libertà ai comuni su come organizzare la raccolta e la gestione dei rifiuti, salvo poi intervenire solo per correggere le storture e per punire i comuni che non fanno il proprio dovere (con multe, aumenti delle tasse sui rifiuti e commissariamenti). Questo si chiama federalismo, tra l’altro, ma visto che non porta soldi nelle tasche di Bossi, temo che da quell’orecchio non ci sentirà.

Detto questo va ricordato che la gestione dei rifiuti è un lavoro profittevole: il punto è che può esserlo sia con una gestione virtuosa sia con una gestione criminale. Nel primo caso i profitti delle imprese sono inferiori, ma ci sono: è il caso della Svizzera, ma pure di certe regioni del centro Italia, che guadagnano con i rifiuti; i profitti che mancano, invece, finiscono ai cittadini, sotto forma di costi inferiori e una maggiore salute del territorio. Inoltre l’indotto dà lavoro a centinaia di migliaia di persone (si veda il caso della Germania).

Nel secondo caso, tutti i profitti finiscono alle imprese (spesso e volentieri legate alla camorra) che vincono gli appalti, mentre tutti i costi sono a carico dei cittadini: tasse sui rifiuti più alte, danni alla salute e al territorio, con altrettante ricadute sulla ricchezza attuale e potenziale della Campania (la popolazione se ne va, il terreno si impoverisce per via degli sversamenti illegali concessi in deroga, eccetera).

Ci vorrà tempo e buona volontà per risolvere questa situazione, a cominciare dall’istituzione di meccanismi incentivanti e punitivi che obblighino imprese, comuni e cittadini a fare la differenziata e a favorire in ogni modo una gestione vera dei rifiuti. E non lo dico perché sono un hippy: non è solo una questione di aria pulita, di senso civico e cagatelle varie. Facciamo che è una questione di soldi? Non siamo più nell’Ottocento, quando si producevano rifiuti in un anno quanto se ne producono oggi in un giorno, per cui bastava una buca in mezzo ai campi e hai fatto tutto senza spendere una lira: oggi più si fa la differenziata, più si gestiscono virtuosamente i rifiuti e più si risparmia. E non serve parlare di teorie economiche: ne parlai oltre due anni fa, quando rivelavo ai miei lettori che la tariffa (non la tassa) che pago qui a Milano è ridicolmente bassa rispetto alla tassa (non la tariffa) che si paga in Campania. Riporto le cifre (al 2008): una famiglia di tre componenti con una casa di 100 metri quadrati a Milano paga 147 euro, a Napoli 283, a Caserta 393. E non è che a Milano le cose siano tutte rose e fiori!

Questa è la strada da seguire: quando Berlusconi dice che risolverà tutto in dieci o tre giorni, in realtà, sta usando i cittadini come zerbino. Tutto ciò che puoi fare in pochi giorni è prendere quei rifiuti e ammassarli dentro qualche discarica, ovvero non fa altro che mettere la polvere sotto il tappeto. È ciò che è avvenuto a Terzigno e che è avvenuto anche nella mia città d’origine anni addietro (regnante Prodi): io ho partecipato ai blocchi stradali contro una mega discarica che si voleva aprire nel mio comune (per rendere l’idea, la discarica avrebbe dovuto contenere in pochi mesi una quantità di rifiuti che l’intera provincia avrebbe prodotto in molti anni: erano rifiuti di Napoli messi sotto i tappeti di altre province, chiaramente). E prima o poi i blocchi cominceranno a non bastare, perché lo Stato sarà talmente alla disperazione che manderà i carri armati per sedare le giuste rivolte delle prossime Terzigno.

E tutto questo non per risolvere l’emergenza, bensì per mantenere le rendite di posizione delle imprese di cui sopra, rendite che, va ripetuto, spesso finiscono nelle tasche della camorra (e qui va ricordato che su Nicola Cosentino, già sottosegretario all’Economia ed esponente di spicco del PdL campano, pende un mandato di cattura ordinato dalla Cassazione – mica da Woodcock, dalla Cassazione – per camorra).

Stampiamocelo bene in mente: coloro i quali sono al governo centrale in questo momento non solo sono incapaci (come molti di quelli che c’erano prima e che oggi stanno all’opposizione), ma sono pure “signori” che hanno in testa solo l’arricchimento personale. Occorre un grande sforzo civico prima per mandare a casa questa gentaglia, poi per creare un sistema dei rifiuti degno di un Paese civile. E per fare tutto questo non bastano tre giorni.

Exit mobile version