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La crisi dell’intrattenimento italiano, altro esempio del declino del Belpaese

Esempio di doppiaggio venuto male: a sinistra l'edizione originale, a destra la versione italiana (ok, non è vero, ma rende visivamente l'idea)

Tempo fa rivedevo una serie tv americana che avrò visto centinaia di volte in lingua originale (( Ringrazio la tv della Svizzera italiana per il privilegio. )) . Stavolta però ho deciso di guardarla in italiano. In un impeto di masochismo suppongo.

Non riesco a capire perché i doppiatori italiani si ostinino a stravolgere l’originale. Passino i giochi di parole che non possono avere corrispondenza in italiano (( Tentare dei fare un ovvissimo (in inglese) gioco di parole con il nome della band Who è un suicidio. )) , ma, ad esempio: in una puntata i protagonisti si trovano in ristrettezze economiche e uno di loro chiede alla governante di rinunciare allo stipendio per un po’ «perché è l’unica in quella casa che ne prende uno». La governante risponde che lei è anche l’unica a essere costretta a lavare le mutande del figlio del protagonista con uno spazzolino da denti, al che lui risponde: «Per la cronaca, non usi il mio spazzolino, vero?». Nell’originale la governante afferma: «No, ma tagliami lo stipendio e comincerò a farlo», mentre nella versione in italiano diventa: «Beh, toglimelo dallo stipendio». Di conseguenza la reazione successiva dell’uomo non è coerente (la governante nell’originale lo minaccia, in italiano no), e la scena è depotenziata.

Ancora: una battuta nell’originale dice «Quel film non solo faceva schifo, faceva vomitare, ti svuotava lo stomaco, poi tornava all’attacco e ti faceva vomitare di nuovo». In italiano diventa: «In quel film la gente vomitava, moriva, ritornava in vita e vomitava di nuovo». Non fosse per la faccia schifata del protagonista, non sarebbe evidente che il ragazzo non ha gradito la proiezione.

Altri errori sembrano più “politici”. Uno, ad esempio, afferma nell’originale: «Le compagnie farmaceutiche non vogliono farlo sapere in giro perché è gratis»; in italiano le compagnie farmaceutiche diventano “il dipartimento sanitario”. Ma l’originale parla esattamente di “drug companies”, non certo della FDA. (( Mi verrebbe da ricordare che il marito di un pezzo grosso di Federfarma è un pezzo grosso nel governo. )) .

Oppure una signora, nell’originale, si lamenta che sul suo volo vi fosse di un pilota di colore, che in italiano diventa pilota omosessuale.

In un’altra il ragazzo, dopo avere incassato un divieto dal padre, lo paragona a un noto dittatore (vabbé, mezza sega di dittatore) europeo: Benito Mussolini. Nella versione italiana diventa Gengis Khan.

Per la cronaca, in America la serie (che è Two and a Half Men) è un successo (( Gli indici di ascolto sono alle stelle e i protagonisti strapagati: Charlie Sheen guadagna la bellezza di un milione e mezzo di dollari per episodio, il suo collega Jon Cryer mezzo milione; per avere un termine di paragone Hugh Laurie, per interpretare il dottor House, ne guadagna “appena” 400 mila. )) : in Italia è stato un enorme flop. Lo stesso destino è capitato ad altre serie, relegate, in prima visione, alle 11 del mattino.

La cosa non mi stupisce: gli autori originali faticano per riuscire a creare un microcosmo coerente dove la continuity resta in piedi. Quando si stravolge il tutto in fase di doppiaggio, la continuity traballa e certe battute che richiamano episodi precedenti perdono enormemente vigore (ad esempio quella del pilota di colore/omosessuale, ripresa in episodi successivi, che però non vengono riadattati nell’edizione italiana). Se poi tali serie si basano proprio sulla continuity, un doppiaggio infedele combina un disastro: è il caso di un’altra serie di successo, How I Met Your Mother, la cui distruzione è aggravata dal fatto che i doppiatori italiani non sono stati in grado di rendere un umorismo troppo raffinato per la tv spazzatura italiana. Colpa nostra, però: How I Met Your Mother è una specie di Friends, serie che fu un successo anche in Italia, ma l’invasione del trash degli ultimi dieci anni ci ha atrofizzato il cervello. Parlare poi di una serie geniale colpita dalla bomba atomica del doppiaggio come The Big Bang Theory (( Che come Two and a Half Men è frutto di Chuck Lorre. )) è troppo degradante anche per un rompiballe quale il sottoscritto. Gli esempi per le serie tv importate si sprecano.

Simili concetti valgono anche per i cartoni animati, specialmente giapponesi. Due esempi sono Family Guy (i Griffin – roba americana, chiaramente, è per ribadire che la cosa è più generale) e Naruto che nei rispettivi Paesi vanno in onda di sera poiché sono destinati a un pubblico adulto o, al meno, adolescente. In Italia, invece, vengono serviti all’ora di pranzo ai bambini appena usciti da scuola, perché in questo Paese bigotto “cartone animato = fumetto = roba da bambini”, anche se in quel cartone scorre sangue a fiumi (( Spiegala a dei bambini la parodia di Dieci piccoli indiani fatta da Seth MacFarlane (i Griffin); non parliamo di quel che è successo con Saint Seiya. )) . Di conseguenza la traduzione dell’opera in italiano deve ricorrere a cose che non esito a definire stupro artistico, con perdite che diventano ingestibili anche per gli stessi doppiatori.

Nel caso di un altro anime, One Piece, i doppiatori ridoppiarono l’opera molto liberamente, arrivando, ad esempio, a cambiare il nome del protagonista da Monkey D. Rufy a Rubber. La cosa, per quanto inspiegabile, poteva essere innocua, ma purtroppo per loro sia il cognome Monkey che la D. diventeranno concetti fondamentali nella (complessissima) continuity dell’opera, e li costringeranno a salti mortali per spiegarla in futuro. E che accadrà quando in Italia arriveranno episodi molto più maturi (perché i protagonisti crescono, gli spettatori, almeno in Italia, no)? Ma in fondo l’obiettivo è vendere zainetti ed astucci, non certo creare un minimo di coerenza per dei bambini che, comunque, saranno troppo rincoglioniti per apprezzarla.

Purtroppo però una cultura del genere ha effetti semplicemente devastanti sull’industria dell’intrattenimento italiana, non solo con riferimento a televisione e fumetti, ma anche al cinema e ai libri e tanto altro. Tant’è che ogni tanto scoppia una protesta perché si tagliano fondi pubblici in settori che non riescono a campare sulle proprie gambe o perché scoppia una guerra intestina in un settore strutturalmente povero (conseguenza di una cultura strutturalmente – ma non artisticamente, a tratti – povera – si veda quella del fumetto). È l’industria (oserei dire l’economia) italiana tutta ad essere strutturalmente, economicamente e culturalmente povera.

Di conseguenza l’Italia viene tagliata fuori da una torta di dimensioni colossali, pur essendo il Belpaese un mercato che le industrie di settore possono mungere che è una bellezza (siamo andati al cinema a vedere in massa, che so, Spiderman? Abbiamo letto i libri di Harry Potter?). Anche i successi made in Italy finiscono per essere piccolissimi in un mondo di cifre da capogiro.

L’Italia è in declino, anche nell’industria dell’intrattenimento. E nessuno riesce a trovare una via d’uscita (anche se ce l’abbiamo davanti al naso).

(Ci tornerò in futuro: stavo scrivendo un articolo a riguardo, ma è venuto fuori un saggio.)

L’immagine è un collage tratto da ONE PIECE di Eiichirō Oda (Shueisha). Il personaggio ritratto è questo qui. (( Abbiate pietà di me: fate finta che non abbia fatto niente del genere. 🙂 ))

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