Aggiornamento: L’articolo è stato corretto. Non posso che ringraziare kolui che ha segnalato a chi di dovere. 🙂
Oggi in RCD – Corriere della Sera, sarà che è domenica, ma stanno dando veramente i numeri. A parte vari typo veramente evitabili nei titoli (alcuni li trovate in fondo all’articolo, se siete curiosi – ma come si fa a scambiare la t con la p che sta da tutt’altra parte nella tastiera?), lo strafalcione del giorno titola: «Torino: primo trapianto di organo da paziente deceduto». Giusto per essere chiari, i trapianti esistono da almeno un secolo e, di solito, avvengono da donatore morto a ricevente vivo. Quindi un trapianto di organo prelevato da un morto non fa notizia.
Andiamo a leggere l’articolo, ma il mistero rimane: qual è la notizia? Stanno trapiantando un cuore di maiale? Un polmone alieno? Nel corpo dell’articolo infatti rileggiamo la stessa cosa: «trapianto da paziente deceduto». Ma allora quale ca**o è la notizia?
Solo dopo due righe viene il sospetto (ma non la certezza), poiché si legge “Influenza A”: c’entrerà la moda dell’influenza suina in questo capolavoro del giornalismo? E una breve ricerca su Google mi porta sul sito de La Stampa, dove il titolista fa il suo lavoro: «Influenza A: primo trapianto da bimbo morto per il virus».
Finalmente, è questa la notizia: si tratta del primo trapianto da paziente deceduto per influenza A. Allora io mi chiedo: non si poteva inserire nel titolo o quanto meno nella prima riga del corpo? Troppo lungo? “Torino” e “di organo” non servono a nulla, si possono togliere.
Dovere aspettare un titolo e due righe per sapere qual è la notizia è un pessimo esempio di giornalismo. Una delle prime lezioni che ti danno è che un articolo deve dare già nelle prime battute tutta la notizia, per poi approfondirla nel seguito. Il lettore non deve fare una caccia al tesoro per tutta la rete per capire che succede nel mondo.
Evidentemente il caso umano che ha scritto il lancio deve avere bigiato le prime lezioni della scuola di giornalismo… E non me la prendo con lui, ma con l’imbecille che gli ha dato il tesserino.