Visto il risultato del “sondaggio” di qualche giorno fa, diamo il via a questa rubrica sulla storia italiana dal dopoguerra ad oggi (più o meno). Non so al momento quanti appuntamenti ci saranno, visto che non ho preparato un piano e probabilmente andrò a braccio, ma state certi che tenterò di essere esaustivo, ma non prolisso, e cercherò di essere semplice e chiaro. Renderò disponibili, qualora il lettore lo desiderasse, eventuali approfondimenti su Wikipedia. Vi posso anticipare che, salvo richieste, l’arco temporale di cui mi occuperò andrà dal maggio 1945 (credo che la seconda guerra mondiale la conoscano tutti, almeno per grandi linee) al maggio 2001 (il perché vi sarà chiaro alla fine della storia 😉 ). Dopo questa breve premessa, direi che si può cominciare.
La II Guerra mondiale ha fine. La nostra storia inizia il 2 maggio 1945, quando i sovietici conquistano Berlino, capitale del Terzo Reich nazista, mentre i tedeschi in Italia si arrendono e i partigiani cessano di combattere e consegnano le armi agli americani, offrendosi di continuare la normalizzazione dell’Italia entrando nelle forze dell’ordine. Va detto, comunque, che non tutti i partigiani consegnarono le armi: alcuni di essi le nascosero. In futuro questo particolare ci sarà utile. In ogni caso la seconda guerra mondiale, almeno in Europa, era finita.
La situazione economica italiana. L’Italia usciva dal conflitto praticamente distrutta, in parte dai bombardamenti alleati, in parte dai tedeschi in ritirata: agricoltura e industria producevano poco, c’erano quindi molti licenziamenti e la disoccupazione era altissima, il debito pubblico era ugualmente grande e l’inflazione, nel 1945, raggiungeva il 97% annuo. Quanto ai morti, per l’Italia vengono stimati intorno ai cinquecentomila. Insomma, come ci si potrebbe aspettare dal più terribile conflitto conosciuto dall’Europa, l’Italia era davvero a terra.
La situazione politica italiana. Sfaldatosi l’ultimo residuo di regime nazifascista in Italia, il potere viene assunto dal Comitato di Liberazione Nazionale, una coalizione formata dai partiti antifascisti come il Partito Comunista Italiano (PCI), il Partito Socialista Italiano (PSI), la Democrazia Cristiana (DC), il Partito d’Azione (PdA) e il Partito Liberale Italiano (PLI). L’Italia è ancora una monarchia, e il re era Vittorio Emanuele III, ma già da tempo le sue funzioni erano esercitate da suo figlio, il luogotenente Umberto. Intanto andava delineandosi una questione che avrebbe impegnato l’Italia nei decenni successivi, ovvero la questione triestina. La Venezia Giulia e Trieste erano state liberate dai partigiani di Tito, che governava la Jugoslavia, e che quindi ne chiedeva l’annessione. Nei convulsi giorni che seguirono la fine della guerra (dal primo maggio, insomma), i partigiani di Tito internarono o uccisero gli italiani che vedevano come pericolosi nell’ottica dell’annessione delle due regioni (massacri delle foibe). Tali massacri perdurarono fino all’arrivo degli alleati il 12 giugno. Questo portò a un esodo degli italiani, che abbandonarono quelle regioni per rientrare nel territorio sotto il controllo del Governo italiano, esodo che sarebbe durato diversi anni. Ma torneremo ad occuparcene.
Il Governo Parri. Il primo governo nato nell’Italia liberata fu quello di Ferruccio Parri, membro del Partito d’Azione, che entrò in carica il 21 giugno 1945. Due i punti fondamentali del suo programma di Governo: riforme economiche, comprendenti la riforma agraria e la nazionalizzazione delle grandi industrie, e l’epurazione dei funzionari statali più compromessi con il fascismo. Il governo Parri fu però osteggiato sia dalle forze conservatrici, sia dagli americani, che vedevano il Partito di Parri come un partito di sinistra, e quindi un nemico, al pari degli altri partiti di sinistra (PCI e PSI). Il governo Parri istituì la Consulta Nazionale, una sorta di Parlamento non elettivo, avviò la ricostruzione delle infrastrutture, ma non riuscì a portare l’Italia al tavolo della conferenza di pace. Nel novembre 1945, tuttavia, i ministri liberali uscirono dal governo e Parri fu costretto a rassegnare le dimissioni.
Il Governo De Gasperi I. Nuovo Presidente del Consiglio fu Alcide De Gasperi (DC), a capo ancora di un governo di unità nazionale. Spiccava al ministero della Giustizia Palmiro Togliatti (PCI), che continuava l’epurazione iniziata da Parri. Togliatti, nel tentativo di pacificare definitivamente l’Italia, chiese e ottenne un’amnistia per tutti i reati commessi fino al 31 luglio 1945, sia da parte dei fascisti che dagli antifascisti. Il governo De Gasperi non fu più “calmo” del governo Parri: questa volta, però, non erano i liberali a muovere le acque, bensì le sinistre, poiché ritenevano il programma troppo moderato. Tuttavia nessuno uscì dal governo, poiché tutti riconoscevano che la democrazia italiana era troppo debole per sostenere una lacerazione e inoltre la questione istituzionale era ancora aperta.
Il referendum istituzionale. Nel 1944, infatti, il governo presieduto da Ivanoe Bonomi, a seguito della svolta di Salerno, quando Togliatti propose di accantonare la questione istituzionale, aveva stabilito che, alla fine della guerra, il popolo italiano venisse chiamato a scegliere fra monarchia e repubblica. E il 1° marzo 1946 il governo De Gasperi avviò la procedura, indicendo il referendum. Nel tentativo di salvare la monarchia, Vittorio Emanuele III, considerato uno dei responsabili dell’ascesa di Mussolini e della conseguente rovina d’Italia nella seconda guerra mondiale, annunciò di voler abdicare e il 10 maggio 1946 lasciò l’Italia e la corona al suo figlio luogotenente, divenuto re Umberto II. Il 2 giugno 1946 gli italiani e, per la prima volta, le italiane, furono chiamati a scegliere fra monarchia e repubblica. Al termine dello spoglio (e dopo l’esame di vari ricorsi dei monarchici, che denunciavano brogli) la Corte di Cassazione approvò definitivamente il risultato del referendum. Il 54,3% degli italiani voleva la repubblica, anche se l’Italia appariva spaccata soprattutto geograficamente: mentre al nord e al centro oltre il 60% voleva la repubblica, al sud e nelle isole oltre il 60% voleva la monarchia. Tuttavia non vi fu la pur temuta spaccatura politica.
L’Assemblea Costituente e il primo governo repubblicano: il governo De Gasperi II. Insieme al referendum, infatti, gli italiani furono chiamati per scegliere il Parlamento che avrebbe scritto la Costituzione, ovvero l’Assemblea Costituente. Era ovvio che una forte presenza di monarchici quanto di repubblicani avrebbe potuto bloccare i lavori, a prescindere dalla scelta referendaria. Le sinistre (repubblicane) raccolsero un grandissimo consenso (il PCI ebbe il 19%, il PSI il 20,7%), mentre i Partiti d’élite (PLI e il Partito Repubblicano Italiano, fuoriusciti da destra al PdA, anch’essi tutti repubblicani) non superarono il 7%. Il PdA crollò, mentre un discreto successo ebbero i monarchici e il Fronte dell’Uomo Qualunque, un partito ispirato dalla contestazione dei partiti antifascisti (e dei comunisti in particolare) e dello Stato in generale, che però erano in netta minoranza e incapaci di far valere il 46% dei voti a favore della monarchia. Il partito di maggioranza relativa fu di gran lunga la Democrazia Cristiana (che fu neutrale fra monarchia e repubblica, preferendo richiamarsi semplicemente ai valori cattolici, richiamando quindi l’attenzione anche dei monarchici meridionali), che chiese e ottenne la presidenza del Consiglio, anche grazie all’affidabilità e alla competenza sia all’interno che all’estero che ispirava il suo leader, Alcide De Gasperi, che nel luglio 1946 creò il suo secondo governo (per la prima volta senza il PdA). Intanto Enrico De Nicola, meridionale e monarchico, viene eletto Presidente della neonata Repubblica italiana.
Finiamo qui il nostro primo appuntamento con questa rubrica, spero che vi sia piaciuta. Se volete, lasciate un feedback nei commenti, qualche critica, insulti e complimenti. Ritenete che abbia raccontato il minimo indispensabile oppure ho dimenticato qualche avvenimento fondamentale? Il modo di esporre è semplice, ma non semplicistico? Se mi aiutate, potrò migliorare questo articolo e anche i successivi. Intanto vi aspetto sabato prossimo: dovremmo trattare i governi De Gasperi fino al quarto (con la rottura dell’unità nazionale) e la Costituzione. Non sono sicuro di arrivare fino alle elezioni del 1948, vedremo, anche in base ai commenti che rilascerete.