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Il rifiuto sostenibile

Oggi, durante qualche telegiornale, c’era una signora di Napoli che vaneggiava. Protestava perché nella sua città si sarebbe dovuta aprire una discarica. Il suo commento era stato: “Questi rifiuti devono essere divisi, devono essere smaltiti anche in altre parti”.

Insomma, questa qui vorrebbe che i rifiuti di Napoli, città dove la raccolta differenziata è meno che un miraggio, debbano essere smaltiti un po’ a Napoli e un po’ nel resto d’Italia. A sentire gente del genere, quasi mi auguro che Napoli venga sommersa dai rifiuti e che giunga il colera. Purtroppo mio padre lavora lì, e non posso sperarlo.

Nel corso dello stesso telegiornale si diceva che parte dei rifiuti sarebbero stati consegnati, insieme a un bel pacco di soldi, alla Germania.

La Germania (almeno gran parte) è un Paese virtuoso per quanto riguarda i rifiuti. Hanno capito tutto. La raccolta differenziata viene insegnata ai bambini già in tenerissima età: bambini che a quattro anni sanno che devono mettere la plastica nel sacco giallo. Qui da noi coglioni ben più vecchi i rifiuti li danno alle fiamme e ne sono pure orgogliosi (fino a quando non prendono il cancro e si lamentano, ma vabé…)

In Germania, dicevo, la raccolta avviene in casa: contenitori di colori diversi, posti nei mobili in modo adeguato, sono preposti a raccogliere, con sacchi, la carta, la plastica, il vetro, i vuoti a rendere, i rifiuti organici, la frazione secca, le batterie e via dicendo. Questi sacchi (con alcune eccezioni di cui diremo) vengono poi inseriti negli appositi contenitori colorati per l’azienda comunale che li raccoglierà. Il sistema ha diverse particolarità: se commetti un errore (come buttare del vetro nel sacco della plastica), i netturbini non raccolgono, e devi tenerti l’immondizia in casa fino al turno successivo. Poi, il contenitore della frazione secca è molto più piccolo, poiché quello che si butta costituisce una parte molto piccola del totale. E questo conviene perché, accanto a una quota fissa, parte della tassa sui rifiuti viene calcolata in base alla quantità di frazione secca buttata: quindi, più ricicli, meno butti e meno paghi.

Uno dei capolavori avviene con il vetro: innanzitutto, bisogna distinguere fra vetro da buttare e vuoti a rendere. Il primo viene raccolto e portato a buttare in vicini contenitori speciali, in modo da evitare che qualcuno possa ferirsi. La raccolta avviene per colori (!): le bottiglie verdi hanno un contenitore, quelle marroni un altro e così via.

Il secondo è il vuoto a rendere. Che cosa succede: quando si va al supermercato e si compra (poniamo) il latte, esso è contenuto in bottiglie di vetro (primo risparmio: niente tetrapack, che non può essere facilmente riciclato). Si torna a casa, si beve il latte e si conserva la bottiglia, quindi si va al supermercato. Lì si trovano dei particolari “distributori”: per ogni bottiglia inserita, si ha diritto a uno scontrino, che costituisce una sorta di sconto da presentare alla cassa. Le bottiglie così raccolte vengono accuratamente lavate e riutilizzate per contenere il latte (o altro), che viene rimesso in vendita e così via, si ricomincia. In questo modo, in sostanza, si paga solo il contenuto e non il contenitore, e si risparmia anche sullo smaltimento (in quanto non c’è niente da smaltire).

Da sottolineare che questo in Italia può avvenire solo per iniziativa privata: in Germania ci sono leggi federali che obbligano a fare questo tipo di raccolta, in Italia NO.

E non finisce qui: quando si sostituisce qualcosa (poniamo, un materasso), invece di buttarlo, esso viene raccolto in speciali aree e capannoni, dove rimangono a disposizione di chiunque. Insomma, quel che viene buttato (sedie, reti da materasso, vestiti, eccetera) diviene patrimonio della comunità, e ogni membro può appropriarsene gratuitamente o a prezzi bassissimi. Alla faccia dell’IKEA, insomma.

L’immondizia non riciclata viene poi trattata per ottenere energia.

E la Germania ci guadagna in ogni caso: quando esportiamo immondizia, paghiamo la Germania per ottenere materie prime.

Rendiamoci conto: è come pagare il benzinaio per prendersi la benzina nel nostro serbatoio. Un’assurdità, ma anche la realtà. E poi c’è gente che si lamenta che non ci sono soldi neanche per mangiare. In realtà c’è gente che mangia e si arricchisce con i soldi che noi paghiamo di tasse (come i contributi per l’energia alternativa che finisce in mano ai petrolieri, mentre ci sono aziende pronte a fornire energia solare, cui l’Enel non fornisce l’allaccio – ma questa è un’altra storia…)

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