Prima delusione, poi frustrazione, e poi…

Grillini e populisti hanno sempre avuto problemi con la logica e la dialettica, e questo è probabilmente uno dei motivi del loro successo elettorale. Non avendo avuto bisogno di affrontare i fatti e la realtà, essendo all’opposizione, si sono abituati a dire qualunque cosa, anche la più stupida, respingendo ogni critica dall’alto di una superiorità morale ed intellettuale ancora tutta da dimostrare.

Adesso che sono al governo ne hanno l’occasione, ma l’inizio dell’era del populismo di governo sembra la prosecuzione della campagna elettorale, e questo rischia di essere un grosso male per tutti quanti.

Non mi ha stupito che, stando a quanto scritto da vari giornali esteri (paywall), il Prestanome del Consiglio (( Non è una mia idea, ma non ricordo dove l’ho letta per prima. )) Giuseppe Conte abbia propinato ai suoi colleghi europei una fallacia logica grande quanto un continente.

“Io sono un professore di diritto”, avrebbe detto per convincere i suoi colleghi, facendo appello all’autorità: sé stesso, per giunta.

Ora, anche a voler tenere buona l’attenuante dell’inesperienza, il vertice non aveva niente di legale: era un vertice politico. Per capirci, è come quando discuti con il vicino del colore con cui ridipingere il cancello una settimana prima della riunione di condominio in cui verrà deciso il colore (quella sì che ha valore legale).

Non stupisce quindi che i colleghi di Conte gli abbiano risposto a modo. Primo, perché per arrivare ai vertici devi avere un ego smisurato, per cui di quei 27 leader di Paesi UE, almeno 20 pensavano di essere mille volte meglio di tutti gli altri. Secondo, perché tu sei l’ultimo arrivato, e non puoi logicamente pensare che i rappresentanti di 500 milioni di persone stessero aspettando la tua discesa dal cielo.

Il cancello rosa shocking sta benissimo. Fidatevi, sono un tergicristallo.

Per questo l’appello all’autorità (che, non riesco a capacitarmene, era sempre sé stesso) è probabilmente fra le ultime fallacie logiche che vuoi commettere in una situazione del genere.

Se i populisti insisteranno con le fallacie logiche siamo nei casini, e forse ne è consapevole pure quel furbone lì, che già sta dirigendo la “dialettica” politica sul suo campo (( Le fogne. )) , invece di rimanere nel pantano delle riforme economiche.

Meglio i pogrom mediatici contro i rom e i negri che continuare a promettere cose che mi faranno saltare la poltrona.

Prendersela con i deboli è facile. Riformare il sistema fiscale richiede uno sforzo sovrumano e un sacrificio in termini di consenso che ha del sanguinoso.

Sarà un argomento da riprendere semmai i populisti dovessero diventare partito di maggioranza assoluta o quasi.

Le grandi riforme, infatti, richiedono sempre una transizione, un periodo che le forze che hanno fatto campagna elettorale in questo Paese hanno costantemente dimenticato. Hanno promesso un futuro migliore e subito, ma si sono dimenticati di dire che la scorciatoia verso la terra promessa passa sempre attraverso un enorme deserto.

E io non voglio che i miei elettori muoiano durante la traversata, perché se no il capo della terra promessa sarà qualcun altro. Sono un mostro coprofago, io, mica un cretino.

E quindi a un certo punto arriverà la delusione, perché il futuro promesso non sembra arrivare. Poi arriverà la frustrazione, perché la realtà non si lascia piegare. E ci saranno mulini a vento da sconfiggere, miliardari ungheresi da bandire, eserciti di pecore da sbaragliare e speculatori alieni contro di noi a tramare.

A furia di alzare le aspettative, alla fine non resterà che il salto nel vuoto, perché sono trent’anni che prendiamo scorciatoie per allungare la nostra agonia. La pacchia è finita da un pezzo, ma loro continuano a ballare prendendo a prestito linfa vitale dal futuro.

Ci diranno che la terra promessa è in fondo a quel buco nel sabbia e ci convinceranno a saltare per raggiungerla. Non sarà così ovviamente, ma salteremo lo stesso. E quando riemergeremo state sicuri che li ritroveremo lì, gli stessi populisti oppure diversi, ad aspettarci e a dirci che il deserto in cui ci hanno portati è la terra promessa.

E noi saremo ancora più disperati e propensi a credere a tutte le loro fallacie logiche.

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