Termometro Finanziario: la Spagna mostra crepe e torna la paura

Disturbios en Barcelona tras la manifestación de la huelga general del 29M _IMG_2132Per Termometro Politico

Piazza Affari archivia il primo trimestre dell’anno con una performance positiva di circa 5 punti percentuali, mentre lo spread fra il BTP italiano e il Bund tedesco fa segnare un calo rispetto al 30 dicembre scorso di quasi 200 punti base, a 332. Si potrebbe pensare che le cose stiano andando tutto sommato bene, ma l’ultima settimana ha segnalato che molte ombre ancora incombono sulla ripresa.

L’osservato speciale si chiama Spagna: dopo la ristrutturazione del debito greco, anche il Portogallo sembra bene avviato verso la medesima soluzione, e il primo colpo di questo scenario raggiungerebbe Madrid, con conseguenze non da poco. Se Grecia e Portogallo sono infatti economie piccole, la Spagna è invece decisamente più grossa: il debito pubblico del grande Paese iberico, infatti, è molto diffuso fra le banche dell’Eurozona, e i contraccolpi di una sua crisi sarebbero ben più potenti rispetto a quella degli altri due Paesi, come si è ben visto nella giornata di giovedì, quando è ritornata la paura sui mercati trascinati appunto dal calo dei bancari.

La differenza, però, è un’altra: la Spagna non è stata, come la Grecia, un Paese su una zattera di carta, anzi, fino a non molti anni fa la sua economia era in espansione, l’allora capo del governo Zapatero ne approfittò per tagliare il debito pubblico, utilizzando gli avanzi di bilancio in modo virtuoso. Poi lo scoppio della bolla immobiliare fermò tutto, lasciando nel pantano la comunque frizzante economia spagnola; caso ben diverso dalla Grecia, rivelatasi terra di bilanci corrotti e di parassiti, eppure la Germania e gli altri primi (o meglio, secondi) della classe hanno imposto al Paese la stessa ricetta anticrisi, ovvero l’austerity: il governo Rajoy, infatti, ha dovuto varare una manovra da 20 miliardi per rientrare nei parametri imposti da Bruxelles, ma non si capisce come questa manovra (decisamente prociclica) possa portare alla crescita economica, mancando un qualche tipo di stimolo vero all’economia (ogni riferimento alla politica monetaria è assolutamente voluto).

Si preannuncia dunque una nuova puntata dell’eurocrisi, e stavolta rischia di essere davvero più distruttiva, anche considerando che gli indici dell’attività economica sembrano puntare verso una svolta al ribasso, con l’economia europea in primis (ma non sola) avviata verso la recessione.

Per quanto riguarda l’agenda macroeconomica della prossima settimana, per lunedì da segnalare innanzitutto la pubblicazione del tasso di disoccupazione in Italia relativo sia all’ultimo mese che all’ultimo trimestre (stesso dato, un’ora dopo, verrà rilasciato anche da Eurostat, relativo a quella della UE) e la solita raffica di indici PMI sui direttori degli acquisti. Nel pomeriggio, invece, occhio all’indice ISM manifatturiero USA, il dato più importante della giornata, che dovrebbe stampare una lettura ancora superiore ai 50 punti, segnalando che la maggiore economia del mondo dovrebbe essere ancora in espansione.

Martedì la giornata sarà relativamente più povera di dati: da segnalare solo il PIL dell’Eurozona al mattino, ma soprattutto la pubblicazione delle minute dell’ultimo meeting del FOMC, il comitato della Federal Reserve che decide sui tassi d’interesse, tenutosi due settimane fa. Queste minute sono un dettagliato riassunto del meeting, che permettono di farsi un’idea di quali siano gli orientamenti dei membri del comitato circa le prospettive dell’economia e quindi circa le prossime decisioni sui tassi di interesse.

Mercoledì si comincia con una nuova raffica di risultati dei sondaggi dei direttori degli acquisti (PMI) per diversi Paesi dell’Eurozona, i quali dovrebbero confermare, ancora, che l’economia del Vecchio Continente sta rallentando. La Germania rilascerà anche i dati sugli ordini all’industria, che dovrebbero far segnare un ritorno al segno più dopo il -2,7% della rilevazione precedente. A Francoforte si riuniranno i sei membri del Comitato Esecutivo della BCE insieme ai sedici governatori delle banche centrali dell’Eurozona per discutere circa i tassi d’interesse: si suppone che resteranno fissi all’1%, ma sarà interessante conoscere le posizioni dell’Eurotower circa le previsioni di crescita economica dell’area, a cominciare dalla conferenza stampa di Mario Draghi che si terrà alle 14:30. Intanto, dall’altro lato dell’Atlantico, verrà resa nota la statistica sul lavoro ADP, che dovrebbe segnalare un aumento di 200mila posti di lavoro nei settori non agricoli, mentre alle 16 verrà reso noto il dato ISM del settore non manifatturiero, che dovrebbe anch’esso segnare una lettura superiore ai 50 punti.

Giovedì conosceremo come sta andando l’industria tedesca che traina (o almeno dovrebbe trainare) l’Europa: secondo gli analisti, il dato della produzione industriale dovrebbe essere negativo, segnalando che anche in Germania le cose non vanno poi troppo bene. In mattinata, occhi puntati sulla Banca d’Inghilterra, che renderà nota la sua decisione circa i tassi d’interesse, mentre nel pomeriggio sarà importante vedere come andranno le domande di nuovi sussidi di disoccupazione in vista della giornata di venerdì, quando, nel pomeriggio di un giorno festivo per diverse borse mondiali, verrà rilasciato il report governativo sul mercato del lavoro statunitense che, a fronte di un tasso di disoccupazione fermo all’8,3%, dovrebbe segnalare che i nuovi posti di lavoro non agricoli creati nell’ultimo mese dovrebbero attestarsi sulle 200mila unità, in calo rispetto alla rilevazione precedente.

Photo credits | Sergio Uceda

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2 Comments

    1. Gran bella domanda: convincere l’opinione pubblica, specie quella tedesca, che l’austerity non può bastare sarebbe la via più facile, ma la vedo durissima.

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